annalisa.imperiale
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martedì 13 settembre 2011
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un tempo le decisioni si prendevano tutti insieme
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Ciò che più colpisce di questo film è lo spaccato della società contemporanea italiana, tutta avvolta in un individualismo che appanna i valori collettivi. Lo esprime bene la scena in cui i pescatori anziani dell'isola si riuniscono per discutere sul da farsi davanti agli sbarchi. Uno di loro dice "un tempo le decisioni si prendevano tutti insieme". mi sembra di poter indivuare quì la chiave di lettura del film.
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alvise w.
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sabato 17 settembre 2011
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alla deriva
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Diciamolo subito: "Terraferma" è un film sulle opportunità e, più precisamente, sulle oppurtinità che (non) vengono sfruttate. Lo si capisce già dalla sequenza d'apertura. La telecamera è posta sul fondo del mare, sulla superficie dell'acqua vediamo transitare un peschereccio. L'inquadratura è carica di significati, vuole indicarci un senso di prigionia, una voglia di riemergere, di respirare una boccata d'aria libera. Il punto di vista dal basso verso l'alto è un chiaro rimando ad una condizione di sudditanza psicologica e il fondale marino diventa un nascondiglio per ripararsi dagli sguardi della gente, piena di pregiudizi.
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Diciamolo subito: "Terraferma" è un film sulle opportunità e, più precisamente, sulle oppurtinità che (non) vengono sfruttate. Lo si capisce già dalla sequenza d'apertura. La telecamera è posta sul fondo del mare, sulla superficie dell'acqua vediamo transitare un peschereccio. L'inquadratura è carica di significati, vuole indicarci un senso di prigionia, una voglia di riemergere, di respirare una boccata d'aria libera. Il punto di vista dal basso verso l'alto è un chiaro rimando ad una condizione di sudditanza psicologica e il fondale marino diventa un nascondiglio per ripararsi dagli sguardi della gente, piena di pregiudizi. Già da questo incipit si può capire come l'ultimo film di Emanuele Crialese sia dotato di un potenziale immenso che avrebbe potuto dar vita a un'opera di grande valore cinematografico. Eppure "Terraferma" è un film sbagliato proprio perchè non è riuscito a cogliere quest'opportunità, ma ha scelto una strada meno coraggiosa per dire quello che aveva da dire. Il regista di origini sicule decide di interpretare il problema (fin troppo attuale) degli sbarchi clandestini in una chiave quasi favolistica, avulsa dal tempo e da luoghi reali. In un'isola al largo delle coste italiane vive una famiglia di pescatori composta da nonno Ernesto, vecchio uomo fedele alle leggi del mare, dal nipote Filippo, ragazzo di vent'anni, vero protagonista del film, dalla madre Giulietta (Donatella Finocchiaro) molto premurosa nei confronti del figlio e infine dallo zio Nino (Beppe Fiorello) che ha smesso di pescare pesci per catturare i turisti nelle spiaggie che ha preso in gestione. Un giorno il mare sospinge nelle loro vite la giovane clandestina Sara e il suo piccolo bambino alla disperata ricerca di un luogo dove nascondersi. Ernesto li accoglie: è l'antica legge del mare. Ma la nuova legge dell'uomo non lo permette e la famiglia Pucillo sarà destinata ad essere sconvolta e a scegliere una nuova rotta per andare avanti. Se nel film gli isolani sognano di andare via ma non hanno la forza per farlo, gli africani,invece, credono di essere arrivati, ma l'isola sarà solamente una tappa del loro estenuante viaggio verso la libertà. Crialese racconta questi due mondi a confronto ma pretende di narrarci una storia di finzione su argomenti che non potrebbero essere più reali e attuali di questi. I personaggi vengono banalizzati, appiattiti fino a sembrare macchiette grottesche (in particolare la figura del finanziere duro e pieno di astio verso i meridionali perchè viene dal Nord). La stora perde, con il passare dei minuti, la sua vis narrativa fino a presentare episodi che rasentano il ridicolo (come la scena dell'assalto alla barca di Filippo da parte di un'orda di poveri immigrati abbandonati in mare). Proprio quando il film sembra andare alla deriva nell'azzurro Mare Mediterraneo, la scena finale torna a farci riflettere andando a costruire una sorta di opera circolare. Lo stesso peschereccio visto all'inizio ha ripreso a navigare verso lidi ignoti. La telecamera non è più posta sul fondale marino ma è un travelling aereo che conferisce un grande respiro all'inquadratura. Saranno riusciti i personaggi in qualche modo a superare l'originaria oppressione del mare oppure la sua vastità li terrà ancora prigioneri? Vincitore di un discusso Premio della Giuria all'ultimo festival di Venezia, "Terraferma" è stato addirittura paragonato al capolavoro "La terra trema" di Luchino Visconti, anche se quella era tutta un'altra storia....
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concettos
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martedì 1 novembre 2011
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la disperazione non ha luogo
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Visto ieri ( colpevolmente in ritardo) l'ultimo lavoro di Crialese. Un film bello e drammatico che mette a nudo un problema umano e sociale che tutti ( ma proprio tutti) noi conosciamo, ma che frettolosamente dimentichiamo: l’immigrazione. E anche stavolta il regista “del mare” ( Nuovo Mondo) , ripropone, in sostituzione della nave, un (non ) luogo, un Giano bifronte che accoglie uomini e drammi, decisamente polari tra loro ma con un ‘unico scopo: la fuga. Che sia dallo stress quotidiano o dalla povertà poco importa , entrambi vengono descritti come “invasori” e devastatori dell’ abituale vita quotidiana degli abitanti di un’isola ( volontariamente) senza nome.
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Visto ieri ( colpevolmente in ritardo) l'ultimo lavoro di Crialese. Un film bello e drammatico che mette a nudo un problema umano e sociale che tutti ( ma proprio tutti) noi conosciamo, ma che frettolosamente dimentichiamo: l’immigrazione. E anche stavolta il regista “del mare” ( Nuovo Mondo) , ripropone, in sostituzione della nave, un (non ) luogo, un Giano bifronte che accoglie uomini e drammi, decisamente polari tra loro ma con un ‘unico scopo: la fuga. Che sia dallo stress quotidiano o dalla povertà poco importa , entrambi vengono descritti come “invasori” e devastatori dell’ abituale vita quotidiana degli abitanti di un’isola ( volontariamente) senza nome. Spaurita popolazione che si ritrovano costretta a lacerare le proprie tradizioni delle leggi del mare (non salvando dei disperati) o della moralità (per divertire superbi turisti). In questo crogiolo di rabbia e impotenza è difficile capire chi anela di più alla “terraferma”, se gli abitanti che “non sanno nemmeno parlare l’italiano” ma vogliono ugualmente fuggire dalla prigione(sociale) isolana o gli immigrati che hanno venduto tutto con il rischio di non ottenere nulla. Sontuoso il confronto tra il dramma "bianco" e "nero" delle due donne, culturalmente lontane ma "disperatamente" vicine.Ovviamente da vedere.
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gianleo67
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venerdì 13 settembre 2013
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parabola turistico-umanitaria ai tempi della bossi
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Famiglia di pescatori lampedusani riconvertono la loro tradizionale attività marittima nelle più redditizie attività dell'accoglienza turistica ma vengono coinvolti, loro malgrado, nella tragedia degli sbarchi clandestini sull'isola, facendosi carico di dare ospitalità e di nascondere alle autorità una giovane madre che aiutano prima a partorire, poi a fuggire per raggiungere il marito da anni immigrato nel nord dell'Italia. Finale emblematico.
Dire che Crialese sia un cattivo regista sarebbe quanto meno ingeneroso anche per via di una indiscussa abilità tecnica e nella capacita di tradurre in una effica messa in scena le affabulazioni narrative di storie che si dipanano sapientemente tra realismo dei caratteri e universalità delle tematiche (l'insularità, la condizione sociale e umana, l'emigrazione, le radici culturali, etc.
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Famiglia di pescatori lampedusani riconvertono la loro tradizionale attività marittima nelle più redditizie attività dell'accoglienza turistica ma vengono coinvolti, loro malgrado, nella tragedia degli sbarchi clandestini sull'isola, facendosi carico di dare ospitalità e di nascondere alle autorità una giovane madre che aiutano prima a partorire, poi a fuggire per raggiungere il marito da anni immigrato nel nord dell'Italia. Finale emblematico.
Dire che Crialese sia un cattivo regista sarebbe quanto meno ingeneroso anche per via di una indiscussa abilità tecnica e nella capacita di tradurre in una effica messa in scena le affabulazioni narrative di storie che si dipanano sapientemente tra realismo dei caratteri e universalità delle tematiche (l'insularità, la condizione sociale e umana, l'emigrazione, le radici culturali, etc.). Tuttavia, come spesso accade nel cinema 'nostrum', le velleità produttive e artistiche di singoli autori riducono l'originalità di soggetti interessanti ad una modesta elaborazione cinematografica per via di un controverso accentramento di ruoli e professionalità che altre realtà produttive tendono più saggiamente a tenere separate. Anche questa co-produzione italo francese, nata sotto l'egida di un sostanzioso contributo governativo, non fa difetto a questa regola dove soggetto, sceneggiatura e regia sono curate direttamente dall'autore romano (di origini siciliane) e dove si ravvisa un evidente scarto tra le ottime intenzioni di una vicenda esemplare e la sua messa in opera secondo un registro che asseconda furbesche banalità ideologiche, irrilevanza psicologica dei personaggi e una irritante propensione verso un simbolismo d'accatto tra elegia e metafora ad uso e consumo del pubblico festivaliero (migranti spiaggiati come cetacei agonizzanti tra gli ombrelloni e i cocktails dei turisti, il tuffo di gruppo da una imbarcazione stracolma di festanti e spensierati gitanti, la scena della misericordiosa natività di una dolente Madonna nera, poveri migranti boccheggianti battuti come tonni nella disperata mattanza di un soccorso negato). Questa incongruenza formale tra cronaca (e critica) politica e sociale, banalità da fiction televisiva e le velleità di un cinema 'alto' sono il principale difetto di un film che predica bene e razzola malissimo, finendo con l'improbabile e didascalico epilogo di un primitivo e giovane autoctono orfano di padre che non spiccica l'italiano (strano che i suoi parenti lo parlino correntemente) e che fa ammenda della sua crudele disumanità portanto in salvo la giovane madre e i suoi bambini dall'altrettanto disumana empietà della burocratica applicazione di una legge xenofoba; una fuga verso una Terraferma quale insicuro porto da cui salpare o miraggio di salvezza verso cui approdare. Tra attori impresentabili (un Claudio Santamaria fuori ruolo), grossolane promesse (il 'verghiano' personaggio di Filippo Puccillo) e un significativo recupero professionale (Beppe Fiorello torna finalmente a fare l'animatore turistico!) è un film che ha goduto di una scontata quanto immeritata ribalta 'iridata' vincendo il Leone d'argento (Gran premio della giuria) alla 68° edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e due Nastri d'Argento. Bella comunque la fotografia di Fabio Cianchetti. Parabola turistico-umanitaria ai tempi della Bossi-Fini.
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achab50
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giovedì 26 febbraio 2015
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urticante per chi non vuol vedere
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Prima di vedere questo film è d'obbligo ripassare mentalmente qual'era la situazione giuridica dei migranti clandestini in quel preciso momento storico (non che ora le cose siano miracolosamente risolte); le opere che vogliono rappresentare una situazione sono particolarmente difficili ed irti di trappole sia ideologiche che culturali. Diciamo che qui il regista è dotato di buone sospensioni per cui il viaggio attraverso la vicenda avviene senza troppi scossoni. Inizio dalla fine parlando della splendida fotografia, che non di rado raggiunge la magnifica saturazione di un Caravaggio, e la statica e statuaria bellezza della migrante di colore, e la profondità dolorosa del suo sguardo.
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Prima di vedere questo film è d'obbligo ripassare mentalmente qual'era la situazione giuridica dei migranti clandestini in quel preciso momento storico (non che ora le cose siano miracolosamente risolte); le opere che vogliono rappresentare una situazione sono particolarmente difficili ed irti di trappole sia ideologiche che culturali. Diciamo che qui il regista è dotato di buone sospensioni per cui il viaggio attraverso la vicenda avviene senza troppi scossoni. Inizio dalla fine parlando della splendida fotografia, che non di rado raggiunge la magnifica saturazione di un Caravaggio, e la statica e statuaria bellezza della migrante di colore, e la profondità dolorosa del suo sguardo. E' un film che, mutatis mutandis, avrebbe potuto girare Luchino Visconti o (non sembri un contrasto troppo stridente) un grande regista del neorealismo italiano.
Quello della migrazione è un problema tutt'ora irrisolto e per il quale nonostante la canea di commenti ed alti lai non si stanziano adeguati fondi e nemmeno si impegna l'intelligenza per una strategia politica di lunga gittata. Ed intanto il Mare Nostrum diventa sempre di più un cimitero.
Al limite dell'insopportabile la scena del respingimento a colpi di remo, assolutamente verosimile la compiacenza di alcune forze dell'ordine.
Ecco, "il problema" ci viene sparato in faccia senza infingimenti: stiamo parlando di uomini che sono costretti a respingere altri uomini. Che speranza possiamo avere nel futuro?
E d'altronde non è di un film l'immagine di bagnanti che prendono il sole incuranti degli annegati, a pochi metri, coperti da lenzuola di fortuna, come impietosamente hanno pubblicato tutte le riviste. E allora di cosa ci scandalizziamo?
Ciechi che guidano ciechi.
Attori generalmente nella parte, Beppe Fiorello un po' sopra le righe come gli capita sovente, isola di Linosa affascinante.
Pagheremo, pagheremo cara la nostra ottusità.
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flyanto
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giovedì 8 settembre 2011
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due civiltà a confronto
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Film in cui, attraverso la vita stentata di una famiglia di pescatori isolani, viene descritto il problema degli sbarchi clandestini e delle politiche migratorie. Asciutto, rigoroso e poetico ed ottimamente interpretato. Crialese ancora una volta, non smentisce la propria poetica sensibile.
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bonzus
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giovedì 22 settembre 2011
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la dura legge del mare e delle istituzioni
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Dopo Nuovomondo, Crialese apre una scena di Terraferma con una ricercatezza stilistica raffinata;nel suddetto film, infatti, il ponte della nave si alza e porta via dalla Sicilia i suoi figli in una scena suggestiva.
In quest ultimo invece la ripresa avviene al contrario, il ponte della nave si abbassa e scendono i turisti.
Un ritorno alla terra madre, una parvenza di tranquillità.
un film che da subito lancia frecciatine alle istituzioni come la caserma della finanza invasa dai pesci per la protesta dei pescatori.
uno scontro tra la fame e le esigenze di chi, abituato da sempre all'autoregolamentazione in un regno di favole, si trova a fare i conti con la realtà della lontana società di regole.
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Dopo Nuovomondo, Crialese apre una scena di Terraferma con una ricercatezza stilistica raffinata;nel suddetto film, infatti, il ponte della nave si alza e porta via dalla Sicilia i suoi figli in una scena suggestiva.
In quest ultimo invece la ripresa avviene al contrario, il ponte della nave si abbassa e scendono i turisti.
Un ritorno alla terra madre, una parvenza di tranquillità.
un film che da subito lancia frecciatine alle istituzioni come la caserma della finanza invasa dai pesci per la protesta dei pescatori.
uno scontro tra la fame e le esigenze di chi, abituato da sempre all'autoregolamentazione in un regno di favole, si trova a fare i conti con la realtà della lontana società di regole.
una doppia coppia di persone: lo zio e la madre spinti verso la modernità, il nonno e il nipote radicati alla tradizione e al mare.
questo film è pura poesia.
l'eloquenza di immagini silenziose risponde con grande capacità a chi il problema cerca solo di evitarlo.
Mors tua vita mea sembrano dire gli occhi del giovane filippo ma la scena più bella è forse l'abbraccio strappalacrime dei turisti verso i naufraghi in un gioco di colori e luci che solo un'isola come linosa può offrire.
questo film è un omaggio a chi in passato è stato migrante e ora l'ha dimenticato.
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renato volpone
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sabato 24 settembre 2011
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grande maestria
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Grande maestria del regista, splendide le inquadrature, magnifica la fotografia, bravi gli attori: quasi l'affacciarsi su finestre che dipingono paesaggi. Il film, che racconta del contrasto tra gli zatteroni che portano a spasso i turisti e le zattere, più leggere, che portano la speranza e la disperazione dei profughi africani, lascia il suo messaggio, ne centra il contenuto, anche un po' con ansia. Il tutto però è edulcorato, troppo bello, troppo sani i profughi, troppo eleganti gli attori....solo, bellissimi, i vecchio pescatori. Il tutto è come un dipinto dai forti colori con una cornice sottile.
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olgadik
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sabato 10 settembre 2011
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tuttomare
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“I Malavoglia” semplificato e aggiornato, il terzo film che completa la trilogia di Crialese (Respiro, Nuovomondo) con al centro il mare. Di questo elemento il regista conosce avvisi e increspature e le rende con una emozione contagiosa. In questo è aiutato senz’altro dalla fotografia di Fabio Cianchetti che dà potenza evocatrice all’immagine, ricordandoci che il cinema nasce da quella. Dentro, accanto, sull’acqua, si muovono barche, pescherecci, gommoni e persone in un affresco corale che, come dicevo all’inizio, ha un sottofondo verghiano. C’è una casa, una famiglia, c’è la barca Santuzza invece de La Provvidenza, ci sono i pescatori, i vecchi e i giovani, la legge della tradizione e quella dei codici.
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“I Malavoglia” semplificato e aggiornato, il terzo film che completa la trilogia di Crialese (Respiro, Nuovomondo) con al centro il mare. Di questo elemento il regista conosce avvisi e increspature e le rende con una emozione contagiosa. In questo è aiutato senz’altro dalla fotografia di Fabio Cianchetti che dà potenza evocatrice all’immagine, ricordandoci che il cinema nasce da quella. Dentro, accanto, sull’acqua, si muovono barche, pescherecci, gommoni e persone in un affresco corale che, come dicevo all’inizio, ha un sottofondo verghiano. C’è una casa, una famiglia, c’è la barca Santuzza invece de La Provvidenza, ci sono i pescatori, i vecchi e i giovani, la legge della tradizione e quella dei codici. I fatti si svolgono nella contemporaneità, ma tutto appare, nei momenti più felici del racconto, arcaico e mitico. Il vecchio nonno pescatore si trasforma in un Vulcano-fabbro che tra scintille raddrizza sull’incudine l’elica del suo natante; i turisti si muovono su ritmi moderni, ma si tuffano in mare con un movimento armonico che ricorda gli atleti greci; le due donne e madri con le loro debolezze e la forza primigenia che ne emana sono due eroine mitologiche, una bianca, l’altra nera; il giovane nipote è un Eurialo siciliano indeciso nella sua età irrisolta tra il richiamo di una nebulosa sessualità e lo strutturarsi di un’etica personale. Come sempre in Crialese i dialoghi (in dialetto perlopiù) sono scarni; spesso il regista li affida a gesti elementari (vedi i bellissimi primi piani di mani che dissetano o detergono nella scena dell’arrivo di migranti sulla spiaggia piena di turisti) o a silenzi densi come la penombra in cui si svolgono (vedi i dialoghi senza parole tra l’isolana e la clandestina). Circa l’interpretazione degli attori, l’unico sottotono perché non ha molte corde al suo arco espressivo mi è parso Giuseppe Fiorello; gli altri, sono bravi e naturali, cosa non facile per gli attori nostrani che spesso mostrano l’accademia sotto pelle. In particolare per la Finocchiaro e gli altri personaggi femminili, il regista conferma di possedere una sensibilità speciale nel crearli e dirigerli. I paesaggi, l’umanità di qualsiasi colore, i sentimenti sono quelli che davvero emozionano in Terraferma; dove prevale l’intento ideologico il racconto perde invece profondità e incanto, diventando semplicistico per forza di cose.
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catarella
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domenica 11 settembre 2011
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mah!
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perchè inserire la parte affidata a fiorello in un film che poteva benissimo concentrarsi in tutto il resto?
così crialese ha dato prova di non ascoltare i linosani ed i lampedusani perchè dalla loro bocca MAI s'è detto che "gli immigrati clandestini rovinano il turismo": questa gente semmai li accoglie nella propria casa e lamenta solo di essere abbandonata nel farlo.
torni in quelle isole ma con gli occhi del viaggiatore non quello del turista e capirà che nel suo film avrebbe fatto meglio a portare avanti il suo tema pensando a come si vede la vita ed il mondo in un'isola lontana dalla terra ferma cento e più miglia
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(di annalisa.imperiale)
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