taxidriver
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giovedì 3 novembre 2011
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la legge del mare è la legge degli uomini
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I soliti maligni diranno che è un film buonista, un film retoricamente sinistroide, persino ruffiano. E già, quando si mettono in scena i sentimenti verso il "diverso", lo "straniero", finisce sempre così. E' giusto bollare Terraferma in questi termini? secondo il sottoscritto, si tratta di uno stupido quanto madornale errore. Eppoi tutto questo buonismo cattocomunista manco c'è, a guardar bene. Sfumature, personaggi cattivi ce ne sono, e non parlo solo del cattivissimo finanziere (uno straordinario Santamaria, sguardo gelido da ufficiale nazista), ma anche del bunga-bunghiano Beppe Fiorello, così stronzo, così dannatamente berlusconiano.
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I soliti maligni diranno che è un film buonista, un film retoricamente sinistroide, persino ruffiano. E già, quando si mettono in scena i sentimenti verso il "diverso", lo "straniero", finisce sempre così. E' giusto bollare Terraferma in questi termini? secondo il sottoscritto, si tratta di uno stupido quanto madornale errore. Eppoi tutto questo buonismo cattocomunista manco c'è, a guardar bene. Sfumature, personaggi cattivi ce ne sono, e non parlo solo del cattivissimo finanziere (uno straordinario Santamaria, sguardo gelido da ufficiale nazista), ma anche del bunga-bunghiano Beppe Fiorello, così stronzo, così dannatamente berlusconiano. E qualcuno magari dirà che ha ragione lui, che i clandestini danno fastidio, che bisogna rispettare le regole dello Stato, dei La Russa e dei Bossi. Qualcuno invece starà dalla parte dei vecchi, i pescatori, quelli che rispettano un'altra legge, quella del mare, quella degli uomini che non lasciano a mare chicchessìa, fossero anche clandestini. Qual è la legge giusta allora? forse il punto di vista di Crialese è evidente, però in fondo si tratta di una storia che può offrire diversi spunti di riflessione. Certo, la spontaneità fin troppo spontanea e bambinesca di un Mimmo Cuticchio potrà disturbare gli spettatori più cinici, così come l'iper-umanità della madre nera potrà apparire patetica e pre-confezionata ai nemici del buonismo, ma rappresentano l'antidoto più sano al dilagare appunto del cinismo e dell'anti-buonismo a tutti i costi, come se i buoni siano tutti falsi e i clandestini siano tutti cattivi. No, Crialese non ci sta e fa un gran film, vero, toccante, emozionante. E se non si è più capaci di emozionarsi, di commuoversi davanti ad un dramma del genere, davanti ai sentimenti umani di solidarietà, accoglienza, allora vuol dire che ci stiamo ammalando. Il cinismo porta solo al proprio rendiconto, ai propri interessi personali. Non è il vero sentimento prevalente dell'uomo, ma solo un modo per proteggersi senza curarsi di ciò che ci circonda, senza guardare in faccia la vita. La legge del mare è una legge universale.
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nino quincampoix
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giovedì 22 settembre 2011
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la legge del mare
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"Ma se vedo un uomo in mare, allora lo lascio morire?" - chiede il vecchio pescatore ai suoi colleghi radunati per prendere una decisione. Perchè in un'isola in cui vige la legge del mare (soprattutto per gli anziani) è inaccettabile lasciare un uomo al suo destino per evitare problemi con la giustizia (se di giustizia si può parlare). E allo stesso tempo è difficile accettare la legge del soldo facile che nasce dal turismo, accettata dai più giovani, che vorrebbe demolire le barche in rovina o farne traghetti con tormentoni "da spiaggia" per il divertimento dei villeggianti. Un film toccante, molto attuale, che mette di fronte alla continua domanda se sia più giusto far prevalere l'umanità o l'adempimento alla legge.
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"Ma se vedo un uomo in mare, allora lo lascio morire?" - chiede il vecchio pescatore ai suoi colleghi radunati per prendere una decisione. Perchè in un'isola in cui vige la legge del mare (soprattutto per gli anziani) è inaccettabile lasciare un uomo al suo destino per evitare problemi con la giustizia (se di giustizia si può parlare). E allo stesso tempo è difficile accettare la legge del soldo facile che nasce dal turismo, accettata dai più giovani, che vorrebbe demolire le barche in rovina o farne traghetti con tormentoni "da spiaggia" per il divertimento dei villeggianti. Un film toccante, molto attuale, che mette di fronte alla continua domanda se sia più giusto far prevalere l'umanità o l'adempimento alla legge. Bravi gli attori. Bellissime le scene in mare, complici scorci siciliani mozzafiato. Il tentativo di riscatto finale mi ha fatto uscire dal cinema con la speranza che qualcosa di nuovo e di buono ci possa essere all'orizzonte.
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nigel mansell
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domenica 25 settembre 2011
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storie di mare, storie di gente
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Storie di mare, storie di gente tutta uguale... perchè non è poi che il destino degli isolani protagonisti del film sia poi tanto diverso da quello degli immigranti africani. E' sempre la solita storia in effetti, la lotta tra quelli che appaiono come gli sconfitti del mondo, che vengono messi gli uni contro gli altri: ma non sempre finisce così.
Ottimo davvero il cast, soprattutto la Finocchiaro che appare sempre più come la nuova Magnani e Fiorello, che finalmente libero dai rigidi e innaturali schemi della fiction, si rivela quel grande attore che è.
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rita branca
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lunedì 9 settembre 2013
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a pesca di umanità
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Terraferma, film (2011) di Emanuele Crialese con Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, Timnit T, Claudio Santamaria, Martina Codecasa
Bellissimo film ambientato in un’isola sperduta del Mediterraneo, al largo della Sicilia, dove si svolge una vita tranquilla anche se molto povera per gli stenti che la popolazione dedita alla pesca, in un mare ormai avaro, deve affrontare.
L’attenzione si concentra su una famigliola, già privata del padre morto precedentemente, costituita da una giovane madre, il figlio diciottenne che aiuta l’anziano nonno paterno nella pesca a traino con un vecchio peschereccio che, secondo la mamma, andrebbe venduto per ricavarne qualche soldo, trasferirsi nella terra ferma, cercare lavoro e dare una svolta positiva alla loro misera vita.
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Terraferma, film (2011) di Emanuele Crialese con Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, Timnit T, Claudio Santamaria, Martina Codecasa
Bellissimo film ambientato in un’isola sperduta del Mediterraneo, al largo della Sicilia, dove si svolge una vita tranquilla anche se molto povera per gli stenti che la popolazione dedita alla pesca, in un mare ormai avaro, deve affrontare.
L’attenzione si concentra su una famigliola, già privata del padre morto precedentemente, costituita da una giovane madre, il figlio diciottenne che aiuta l’anziano nonno paterno nella pesca a traino con un vecchio peschereccio che, secondo la mamma, andrebbe venduto per ricavarne qualche soldo, trasferirsi nella terra ferma, cercare lavoro e dare una svolta positiva alla loro misera vita.
Nonno e nipote non condividono tale progetto perché sentimentalmente legati al barcone appartenuto al figlio e padre rispettivamente.
In questa fase di indecisione arriva l’estate e madre e figlio si danno da fare per dare in affitto la loro casa a tre turisti venuti in vacanza dal nord, assicurandosi così un po’ di danaro per sbarcare il lunario, almeno temporaneamente.
C’è un altro componente della famiglia, lo zio paterno, che molto attivamente cerca di offrire un minimo di servizi e di intrattenimento ai turisti sulla spiaggia e offre al nipote anche qualche lavoretto nella sua piccola azienda turistica, mentre rassicura i clienti sull’assenza assoluta di immigranti nell’isola.
Però quando una mattina il giovane Filippo sta navigando col nonno, avvista un barcone di disperati di colore che chiedono aiuto ed alcuni di essi si tuffano in mare cercando di avvicinarsi al peschereccio. Il vecchio non esita ad aiutarli a salire a bordo, forte della consutudine di andare in aiuto di chiunque ne abbia bisogno in mare.
Il grosso dei migranti è intercettato dalle forze dell’ordine e una donna, ormai a termine di gravidanza, con un bambino intorno ai dieci anni, sono ospitati per decisione del generoso nonno, con immenso disappunto della nuora, la quale teme rappresaglie che in effetti arrivano subito col sequestro del peschereccio.
L’atteggiamento ostile nei confronti dei migranti da parte dei più giovani è molto bene delineato e fa riflettere. Assai più umana invece la posizione assunta dagli anziani, ai quali sembra inaccettabile l’idea che si debbano respingere dei disperati perché la loro presenza costituirebbe una pessima pubblicità dal punto di vista turistico per l’isola.
Insomma il tema trattato è di grande attualità e presentato attraverso una bella fotografia, dialoghi ben recitati e ottima colonna sonora.
Da non perdere e far circolare nelle scuole.
Rita Branca
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melania
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domenica 11 settembre 2011
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poetico
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Bel film,poetico,splendide immagini di un mare strepitoso,il film ricorda per certi versi"i malavoglia".IL tema dell'immigrazione clandestina è trattato con realismo,molto toccante il sentimento di solidarietà che pian piano sorge nell'animo della famiglia isolana nei confronti della immigrata.Un film ricco di sentimenti,da vedere.
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karlito74
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mercoledì 21 settembre 2011
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solidarietà calpestata dalla becera politica
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Con stile asciutto, essenziale, scevro da facili sentimentalismi e retorica, il film ci sbatte in faccia quella che è l'Italia di oggi, un Paese ha sacrificato il diritto naturale di prestare soccorso in mare, sull'altare del becero scambio tra forze politiche che vogliono far approvare leggi demagogiche (qual è quella sull'immigrazione) in cambio dell'appoggio a leggi che interessano una persona sola. Il problema immigrazione è solo un problema di ordine pubblico, quelli che riescono a sfuggire alla Libia dell' "amico" Gheddaffi, (quando non li ributtava a morire nel deserto o non li affondava in mezzo al mare) si trovano in un Paese incapace di gestire il problema. E così da un lato c'è la faccia feroce dello Stato e dall'altra la solidarietà sofferta del popolo isolano.
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Con stile asciutto, essenziale, scevro da facili sentimentalismi e retorica, il film ci sbatte in faccia quella che è l'Italia di oggi, un Paese ha sacrificato il diritto naturale di prestare soccorso in mare, sull'altare del becero scambio tra forze politiche che vogliono far approvare leggi demagogiche (qual è quella sull'immigrazione) in cambio dell'appoggio a leggi che interessano una persona sola. Il problema immigrazione è solo un problema di ordine pubblico, quelli che riescono a sfuggire alla Libia dell' "amico" Gheddaffi, (quando non li ributtava a morire nel deserto o non li affondava in mezzo al mare) si trovano in un Paese incapace di gestire il problema. E così da un lato c'è la faccia feroce dello Stato e dall'altra la solidarietà sofferta del popolo isolano. L'unica cosa che si può rimproverare è che non si è dato il meritato spazio a quegli uomini dello Stato che rischiano anche le loro vite per prestare soccorso e che magari, da uomini di mare, trovano questa legge indegna. Il peso del sacrificio che sopportano si aggrava della loro mancata considerazione. Questo è un po' fuori dalla realtà. A parte questa ultima osservazione e qualche sbavatura in alcune scene, il film merita sicuramente di essere visto, ha il merito di smuovere le nostre coscienze (tanto quella dei politici è inesistente), ha un finale che non sorprende ma coinvolge, suggellato da una splendida inquadratura e da un brano ("le vent nous portera") azzeccatissimo. DA VEDERE
Carlo
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max ferrarini
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giovedì 12 aprile 2012
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solo l'amore libera.
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Quest'ultima opera di Crialese è un fulgido esempio bellezza e autenticità. Quando al miglior cinema italiano dei nostri giorni si unisce un potente messaggio di reciproca liberazione nella solidarietà.
Solo l'amore sa far decidere per ciò che è giusto, vero, buono. Solo l'amore esprime senza tante parole la bellezza del compiere scelte autentiche e fuori da ogni schema: non fuori dalla legge ma oltre di essa. Solo l'amore spinge a far più di ciò che è richiesto perché è dell'eccesso che l'amore vive e si nutre, non di tiepidi e accomodanti compromessi.
Nel soccorrere l'altro, lo straniero pericoloso e invadente, possiamo liberare noi stessi dalle paure più recondite che ci opprimono e tarpano le ali che ci permetterebbero di volare veloci oltre quel mare che è fonte di vita ma anche ostacolo insormontabile che fa paura e blocca ogni slancio vitale.
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Quest'ultima opera di Crialese è un fulgido esempio bellezza e autenticità. Quando al miglior cinema italiano dei nostri giorni si unisce un potente messaggio di reciproca liberazione nella solidarietà.
Solo l'amore sa far decidere per ciò che è giusto, vero, buono. Solo l'amore esprime senza tante parole la bellezza del compiere scelte autentiche e fuori da ogni schema: non fuori dalla legge ma oltre di essa. Solo l'amore spinge a far più di ciò che è richiesto perché è dell'eccesso che l'amore vive e si nutre, non di tiepidi e accomodanti compromessi.
Nel soccorrere l'altro, lo straniero pericoloso e invadente, possiamo liberare noi stessi dalle paure più recondite che ci opprimono e tarpano le ali che ci permetterebbero di volare veloci oltre quel mare che è fonte di vita ma anche ostacolo insormontabile che fa paura e blocca ogni slancio vitale. Un messaggio forte, che va dritto al cuore dell'immigrazione, non con il quotidiano cliché di cronaca ma con tutto il drammatico realismo di una storia sulla quale non si può pontificar e che chiede di mettersi all'opera sin da subito dove si può, come si può. Più che si può.
Insomma, mi verrebbe da dire che solo l'amore libera: sempre.
Quest'opera ce l'ha eminentemente riaffermato con grande semplicità e schiettezza, ma anche con gusto e capacità narrative rare. Davvero un film attuale e coinvolgente: consigliatissimo.
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pannone
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mercoledì 21 novembre 2012
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il mare è nero, il mare è rosso, il mare è blu.
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Il mare è nero. Si tinge del colore della pelle inaridita di esuli stremati, viaggiatori che annaspano nel cercare una terraferma cha possa alleviare le loro sofferenze. Questa terra non ha un nome, potrebbe essere una qualsiasi isola del nostro Paese che protende le sue coste verso quelle africane, una di quelle isole che, specie durante la bella stagione, riempiono le cronache per i continui sbarchi di clandestini. E’ un luogo dell’incomunicabilità, una frontiera senza cancelli da scavalcare né muri da oltrepassare, soltanto acqua. Chi abita questi luoghi dal mare ha ricevuto tanto, un lavoro, un forte senso di appartenenza, un’idea di comunità che si fonda su regole antiche, certe ed ineludibili.
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Il mare è nero. Si tinge del colore della pelle inaridita di esuli stremati, viaggiatori che annaspano nel cercare una terraferma cha possa alleviare le loro sofferenze. Questa terra non ha un nome, potrebbe essere una qualsiasi isola del nostro Paese che protende le sue coste verso quelle africane, una di quelle isole che, specie durante la bella stagione, riempiono le cronache per i continui sbarchi di clandestini. E’ un luogo dell’incomunicabilità, una frontiera senza cancelli da scavalcare né muri da oltrepassare, soltanto acqua. Chi abita questi luoghi dal mare ha ricevuto tanto, un lavoro, un forte senso di appartenenza, un’idea di comunità che si fonda su regole antiche, certe ed ineludibili. Le leggi del mare che il vecchio pescatore Ernesto ha insegnato al giovane nipote Filippo, cresciuto senza padre perché quel mare se l’è portato via troppo presto. Un giorno i due salvano un gruppo di migranti moribondi dalla ferocia delle acque, a dispetto delle autorità e rischiando di perdere il lavoro che li sfama, purché quel mare non diventi, ancora una volta, rosso come il sangue di chi vi si smarrisce. Questo gesto cambierà le loro vite e quella di Giulietta, l’amorevole mamma di Filippo che sogna un futuro diverso per sé e per suo figlio, lontano da quelle acque inquiete che agitano i tormenti interiori e dalla routine dell’isola, scandita dall’apatia invernale e dal via vai estivo di turisti distratti, sprezzanti, che il cognato Nino cerca di imbonire col savoir-faire dell’animatore di villaggi. Il mare di Terraferma è un mare blu, immenso, meraviglioso, straniante. Avvolge i corpi e le imbarcazioni di chi lo attraversa ed ipnotizza lo sguardo dello spettatore, è quel mare che Crialese è ormai solito utilizzare per raccontare magnifiche storie sulla vita e la sofferenza umana, storie che non dimenticano di tracciare anche un cammino di speranza. Che ne sarà delle vite dondolanti degli isolani e dei loro ospiti inattesi? C’è una piccola barca che punta dritto verso la redenzione, tutt’intorno soltanto il mare.
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fabiana dantinelli
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martedì 11 giugno 2013
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così distanti, così vicini
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Che a Crialese sia caro il tema dell’emigrante lo si evince in modo chiarissimo dalle sue splendide pellicole, dal film d’esordio Once we were strangers al bellissimo Nuovomondo, tematica questa che ritorna nell’altrettanto affascinante Terraferma, vero capolavoro d’autore, dove il regista romano ma di formazione statunitense, ritorna con stile poetico e raffinato. Storia semplice e delicata come un racconto di mare, questo mare tremendamente azzurro da cui il ventenne orfano di padre Filippo, trova la sua unica fonte di guadagno: una pesca sempre più magra assieme al nonno Ernesto, un Mimmo Cuticchio irriducibile e spigoloso vecchio alla Hemingway.
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Che a Crialese sia caro il tema dell’emigrante lo si evince in modo chiarissimo dalle sue splendide pellicole, dal film d’esordio Once we were strangers al bellissimo Nuovomondo, tematica questa che ritorna nell’altrettanto affascinante Terraferma, vero capolavoro d’autore, dove il regista romano ma di formazione statunitense, ritorna con stile poetico e raffinato. Storia semplice e delicata come un racconto di mare, questo mare tremendamente azzurro da cui il ventenne orfano di padre Filippo, trova la sua unica fonte di guadagno: una pesca sempre più magra assieme al nonno Ernesto, un Mimmo Cuticchio irriducibile e spigoloso vecchio alla Hemingway. Lungo assolate giornate estive trascorse fra reti e ombrelloni, dando una mano al tamarrissimo zio Nino, un Beppe Fiorello in stato di grazia attoriale, il giovane protagonista interpretato da Filippo Pucillo, già visto in Respiro e Piede di Dio, altri due film decisamente azzeccati, si ritrova a confrontarsi improvvisamente con la dura realtà dei profughi che cominciano a sbarcare sulle coste di Lampedusa. Fra questi una giovane madre, Sara, che nella realtà sono gli occhi inquieti ed onesti di Timnit T, vera rifugiata sopravvissuta ad uno sbarco dalle coste dell’Africa centrale, nascosta in casa da Giulietta, madre di Filippo, un’Angela Finocchiaro al top che prova a risollevare le finanze casalinghe inventandosi alberghiera. È lei il perno su cui trova il suo equilibrio la storia, donna fanciullescamente ostinata, dallo sguardo un po’ distratto, ma in fondo sempre attenta, solidale mai pietosa. E proprio lì, in quella sua casa di mobili antichi e centrini, piombano tre giovani turisti, così invidiabilmente ignari delle sofferenze della vita, nel gruppetto Martina Codecasa, reduce dall’intensissimoSul mare, anche lì in veste di “forestiera”, la cui gioventù diversa e cittadina non riesce però a scalfire la deliziosa ingenuità di Filippo. Eppure qualcosa in lui finisce per smuoversi, anche in senso forte, violento, come l’Arturo della Morante, in una buia notte Conradiana, dove il nostro piccolo eroe, immortalato in quel ritratto di sabbia nera che gli sporca il viso angelico, è costretto a crescere, a superare la sua linea d’ombra. Ottimo film, stregante la colonna sonora di Franco Piersanti, fascinosa la tematica dell’altrove che ci spinge a cambiare, ad andare oltre i nostri stessi limiti, tanto fisici quanto mentali. Unico neo forse il finanziere polentone un po’ troppo macchiettistico, ma in fondo non così fastidioso. Crialese simply the best!
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greatsteven
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domenica 18 marzo 2018
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restare sull'isola o fuggire in cerca di meglio?
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TERRAFERMA (IT/FR, 2011) diretto da EMANUELE CRIALESE. Interpretato da FILIPPO PUCILLO, DONATELLA FINOCCHIARO, GIUSEPPE FIORELLO, MIMMO CUTICCHIO, MARTINA CODECASA, TIZIANA LODATO, CLAUDIO SANTAMARIA, TIMNIT T., FILIPPO SCARAFIA
Due donne adulte, una siciliana che vive in una piccola non segnata sulle mappe geografiche l largo di quella maggiore del Mediterraneo e un’etiope con un bimbo piccolo e una neonata che ha viaggiato dall’Etiopia alla Libia per raggiungere l’Italia: la seconda mette a soqquadro la vita della prima, ma ciò non toglie che entrambe condividano lo stesso sogno, ossia sperare un futuro migliore per i loro figli (e qui si esplicita in tutta la sua spietata e disarmante chiarezza la Terraferma del titolo).
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TERRAFERMA (IT/FR, 2011) diretto da EMANUELE CRIALESE. Interpretato da FILIPPO PUCILLO, DONATELLA FINOCCHIARO, GIUSEPPE FIORELLO, MIMMO CUTICCHIO, MARTINA CODECASA, TIZIANA LODATO, CLAUDIO SANTAMARIA, TIMNIT T., FILIPPO SCARAFIA
Due donne adulte, una siciliana che vive in una piccola non segnata sulle mappe geografiche l largo di quella maggiore del Mediterraneo e un’etiope con un bimbo piccolo e una neonata che ha viaggiato dall’Etiopia alla Libia per raggiungere l’Italia: la seconda mette a soqquadro la vita della prima, ma ciò non toglie che entrambe condividano lo stesso sogno, ossia sperare un futuro migliore per i loro figli (e qui si esplicita in tutta la sua spietata e disarmante chiarezza la Terraferma del titolo). Ernesto è un settantenne ancora restio a far rottamare il peschereccio che gli ha dato da lavorare per una vita intero. Suo nipote Filippo, ventenne, perse il padre in mare e divide il suo tempo fra il nonno e lo zio Nino che, da pescatore, è diventato bagnino e animatore turistico su una spiaggia. Giulietta, madre vedova di Filippo e sorella di Nino, avverte che il tempo immutabile di questa isola li ha resi tutti stranieri e che su quell’atollo non potrà sussistere alcuna speranza di futuro, né per lei né per il giovane figlio. Per cambiare e migliorare il tenore di vita, è necessario prendere il toro per le corna e andarsene via. Un giorno il mare fa sbarcare sulle loro spiagge un’imbarcazione carica di clandestini, fra cui la già citata Sara e la sua prole. Ernesto, uomo saggio e tollerante, li ospita in casa propria, come prevede l’antica legge del mare. Ma la nuova legge dell’uomo, razzista, insicuro e sospettoso, non permette che le cose funzionino così e la famiglia Pucillo è destinata ad essere sconvolta e si ritrova costretta a cambiare rotta in men che non si dica. A cinque anni di distanza da Nuovomondo, per cui la Giuria di Venezia si inventò un Leone d’Argento-rivelazione per premiarlo (questo film, invece, conquistò il Premio Speciale della Giuria al Festival 2011), Crialese torna a parlare del tema che gli è più caro: l’immigrazione. Da terra di migranti, e questo lo afferma inequivocabilmente e incontestabilmente la Storia, l’Italia è diventata un Paese che i migranti li accoglie. Ma volentieri o preferirebbe rimandarli indietro? L’opera si pone molte domande, ma non fornisce risposte definitive o secche, e proprio qui sta la sua intrinseca bellezza. Dapprima la vita sull’isola è a base di pescatori che pescano ciò che loro occorre per sopravvivere a livello materiale, figliano parecchio per avere braccia che sappiano maneggiare, una volta adulte, le barche, si accontentano di quanto il mare mette loro a disposizione e accettano il turismo come una risorsa fondamentale da affiancare alla pesca come fonte di introiti. Finché non giungono i clandestini. E a tal proposito, sia per la situazione di omeostasi iniziale sia per quella di squassamento successiva, due sequenze si rivelano significative: la riunione dei pescatori che discutono animatamente sulle decisioni assunte da Ernesto in seguito all’arrivo dei poveri uomini e delle povere donne esteri, collegandola a come si svolgeva il mestiere in questione un tempo quando tali problemi sembravano remoti, e la gita notturna in cui Filippo ruba una barca per portare al largo una turista sua coetanea per poi veder affiorare, grazie al chiarore del lumicino, innumerevoli braccia di carnagione scura che annaspano nell’acqua nel tentativo di montare sul mezzo di locomozione marittimo, provocando lo sdegno e una subitanea reazione sprezzante da parte di Filippo che, governando la barca, riporta la ragazza in porto e si allontana rabbioso in motorino. Un’altra importante scena, non a caso scelta per illustrare il manifesto di locandina, è quella in cui, a bordo dell’ennesima barca, i turisti si gettano in mare per una gara di tuffi, con sottofondo musicale caraibico e Fiorello (in una straordinaria interpretazione in cui le sue origini sicule lo aiutano a costruire un personaggio forte e credibile) in costume da bagno che balla agitando il microfono: è l’illusione di una vacanza tranquilla in cui nessuno viene informato della clandestinità che invade le strade del paese, esclusi i Carabinieri, che però se ne infischiano, salvo quando si tratta di far rimontare sugli scafi i viaggiatori africani e costringerli a rimpatriare. I primi venti minuti sono leggermente fiacchi e l’opera fatica un po’ a spiccare il volo, ma nei restanti settanta si riprende alla grande e assolve il suo significato ampio e profondo di apologo sulla condizione umana del bisognoso, sulla necessità di lasciare una terra cui si è affezionati per giungere in un’altra che non ci vuole e sull’indifferenza dilagante di chi dovrebbe ospitare e mostrarsi clemente e invece quasi sempre esplode nella xenofobia più cruda. Nel repertorio maschile, M. Cuticchio e F. Pucillo (già comparso in Nuovomondo nel ruolo del figlio all’apparenza muto che parla solo nel finale rivelatorio) eccellono, il primo per una recitazione elegante e controllata che è quasi un contraltare alla sua folta barba bianca e il secondo per il carattere del suo personaggio, sconsiderato ma pur sempre intraprendente, mentre fra le donne spicca su tutte D. Finocchiaro interpretando uno dei personaggi migliori della sua carriera, la cui dinamicità narrativa ma anche emotiva funge da contrappeso tra l’accettazione del diverso (scelta che fatica a fare, ma per la quale alla fine opta) e il rifiuto dello stesso. Anche C. Santamaria fa una breve apparizione, nei panni di un capitano dei Carabinieri: essenziale ma efficiente. Musiche: Franco Piersanti. Montaggio: Simona Paggi. Co-prodotto da Cattleya e Rai Cinema in collaborazione con la casa cinematografica francese Canal + e altre sue omologhe di medesima nazionalità.
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