
Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Australia |
Regia di | Amiel Courtin-Wilson |
Attori | Daniel P. Jones, Leanne Letch, Dario Ettia . |
MYmonetro | 2,09 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 3 settembre 2011
Un amore compulsivo messo in scena da Amiel Courtin-Wilson.
CONSIGLIATO NÌ
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Forse è una storia d'amore. A suo modo. Ed è senz'altro una storia di violenza, persino di una morte preannunciata, quella tra Danny e Leanne. Stessa data di nascita (consacrata nel palindromo 06.11.60). Stessa inclinazione a delinquere. Stesso passato tra le sbarre che, una volta riuniti, Danny e Leanne vogliono lasciarsi alle spalle. In forza di un legame che li rende dipendenti l'uno dall'altra, fino alla prossima lite. Finché il confronto con la dura realtà del difficile reinserimento in società per chi ha la prigione nel curriculum, non li rimette su un percorso di autodistruzione che, dopo la morte di Leanne fa sprofondare in una folle disperazione il suo compagno tenuto in piedi solo da un incontrollabile sete di vendetta.
Ispirato alle vicende personali dei due amici Daniel P. Jones e Leanne Letch, conosciuti durante la lavorazione di un documentario su una compagnia teatrale fondata per riabilitare ex detenuti e chiamati ad interpretare con i loro veri nomi i due protagonisti di Hail, il regista australiano Amiel Courtin-Wilson dirige il suo primo lungometraggio. Attingendo al suo background di documentarista e soprattutto di visual artist che lo ha portato in passato al Sundance e a Cannes. E che adesso lo porta a Venezia, nella sezione Orizzonti, con un film di pura sperimentazione in cui l'aspetto visivo e visionario prevale sul linguaggio cinematografico senza riuscire a contenere gli effetti collaterali della contaminazione espressiva. Perdendosi dietro una ricerca esasperata dell'immagine condotta come un susseguirsi di video installazioni, tenute insieme da un filo narrativo molto sottile e crudo. Tra primissimi piani ossessivi, alla ricerca continua di dettagli, e sfocature che dileguano ogni definizione e contorno, Amiel Courtin-Wilson risucchia lo spettatore in un vortice di degrado di intensità crescente. Con una regia sempre più disturbata e disorientante, preludio sin dall'inizio di un'ineluttabile sventura. Che arriva puntuale, dopo un viaggio estenuante, anche per chi lo osserva. Lento e dilatato, confuso e psicotico come sotto l'effetto delle sostanze stupefacenti di cui fanno uso i protagonisti. Travolti in una finale caccia all'uomo che non risparmia nessuno. Attori e spettatori compresi.