gianmarco.diroma
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mercoledì 16 febbraio 2011
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un film da oscar
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Affermare che l'Oscar non premia di certo il miglior film dell'anno è un'ovvietà: anche se esempi come Il silenzio degli innocenti insegnano come l'Academy abbia saputo in diverse occasioni premiare film capaci di mettere d'accordo critica e pubblico, ricerca di forme e contenuti unite alle esigenze dei produttori. A mio avviso Il discorso del re è a tutti gli effetti un film da Oscar, che non mi permetto di dire sia stato scritto e girato a tavolino, ma che comunque racchiude al suo interno tipiche caratteristiche di un film che potrebbe ambire alla statuetta come miglior film dell'anno. Passiamole velocemente in rassegna: la storia di un'ascesa (di un'ascesa al trono tanto per essere precisi) di un uomo che al trono non avrebbe mai potuto aspirare in un'epoca, come quella degli anni '30, dove la radio iniziava ad essere strumento fondamentale per l'esercizio del potere e dell'autorità monarchica, perché afflitto da una grave forma di balbuzie.
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Affermare che l'Oscar non premia di certo il miglior film dell'anno è un'ovvietà: anche se esempi come Il silenzio degli innocenti insegnano come l'Academy abbia saputo in diverse occasioni premiare film capaci di mettere d'accordo critica e pubblico, ricerca di forme e contenuti unite alle esigenze dei produttori. A mio avviso Il discorso del re è a tutti gli effetti un film da Oscar, che non mi permetto di dire sia stato scritto e girato a tavolino, ma che comunque racchiude al suo interno tipiche caratteristiche di un film che potrebbe ambire alla statuetta come miglior film dell'anno. Passiamole velocemente in rassegna: la storia di un'ascesa (di un'ascesa al trono tanto per essere precisi) di un uomo che al trono non avrebbe mai potuto aspirare in un'epoca, come quella degli anni '30, dove la radio iniziava ad essere strumento fondamentale per l'esercizio del potere e dell'autorità monarchica, perché afflitto da una grave forma di balbuzie. Ma non solo: perché secondogenito, perché profondamente insicuro e pauroso delle proprie posizioni e azioni, perché ancora legato a doppia mandata agli anni delle sofferenze e privazioni infantili (privazioni di carattere affettivo). La storia quindi di un uomo e della sua lotta per il successo all'insegna del "tutti ce la possiamo fare". Una seconda caratteristica che rende questo film perfetto per trionfare alla Notte degli Oscar è sicuramente l'interpretazione dei tre attori principali: Colin Firth (lunga è la serie di premiati per interpretazioni di personaggi portatori di qualche handicap, si vedano, presi in maniera totalmente arbitraria, Jon Voight per Tornando a casa, Al Pacino per Scent of woman, Jack Nicholson per Qualcosa è cambiato, Holly Hunter per Lezioni di piano, Tom Hanks per Philadelphia e Forrest Gump) che attende l'Oscar dopo che nel 2010 (era stato nominato per A single man) gli è stato preferito il Jeff Bridges di Crazy Heart. Geoffrey Rush ottiene la sua quarta nomination per un'interpretazione che anche in questo caso ricalca un classico stereotipo caro all'Academy, quello del maestro fuori dalle regole e dal sistema, capace però, in virtù dei suoi metodi non convenzionali, di arrivare allo scopo (un esempio su tutti il sergente Foley di Ufficiale e gentiluomo interpretato da Louis Gossett Jr.). E poi c'è la tanto dolce e amorevole quanto volitiva e determinata moglie di Bertie, Lady Lyon, resa sullo schermo con grande maestria e professionalità dall'inglese per eccellenza Helena Bonham Carter. Last but not least lo scenario storico politico in cui il film si svolge, quando ormai la Seconda guerra mondiale è alle porte, cosa che rende l'impresa del logopedista Lionel Logue ancora più avvincente, per dare una voce a quel re che riuscirà ad accompagnare la sua Nazione con tenacia lungo tutto il corso del conflitto senza mai abbandonare o fuggire la sua terra.
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everlong
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mercoledì 16 febbraio 2011
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una storia da ascoltare
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Un bellissimo film di sceneggiatura. Un film che racconta una parte commovente della recente storia britannica sebbene poco conosciuta e quasi dimenticata. Un film la cui regia si presta alla narrazione silenziosamente, senza artifici e senza manierismi, naturale nel suo essere al servizio della vicenda interiore di Re Giorgio VI e dei travagli causati dalla sua balbuzie. Un film semplice, senza costruzioni scenografiche da colossal, che colpisce per l'aspetto umano che viene scandagliato e approfondito in tutte le sue dinamiche, indugiando sui singoli dettagli e sulle conseguenze di un impedimento difficile da accettare e da affrontare. La delicatezza con cui viene descritto lo stato d'animo del re e il dramma umano che consegue dall'essere sovrano ma con la paura di non poter apparire tale agli occhi dei sudditi sono gli elementi che trovano la loro più tenera espressione nel rapporto tra Giorgio VI e Lionel Logue, un logopedista di origine australiana che si occuperà di aiutare il duca di York ad oltrepassare barriere sedimentatesi nel tempo e apparentemente insormontabili.
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Un bellissimo film di sceneggiatura. Un film che racconta una parte commovente della recente storia britannica sebbene poco conosciuta e quasi dimenticata. Un film la cui regia si presta alla narrazione silenziosamente, senza artifici e senza manierismi, naturale nel suo essere al servizio della vicenda interiore di Re Giorgio VI e dei travagli causati dalla sua balbuzie. Un film semplice, senza costruzioni scenografiche da colossal, che colpisce per l'aspetto umano che viene scandagliato e approfondito in tutte le sue dinamiche, indugiando sui singoli dettagli e sulle conseguenze di un impedimento difficile da accettare e da affrontare. La delicatezza con cui viene descritto lo stato d'animo del re e il dramma umano che consegue dall'essere sovrano ma con la paura di non poter apparire tale agli occhi dei sudditi sono gli elementi che trovano la loro più tenera espressione nel rapporto tra Giorgio VI e Lionel Logue, un logopedista di origine australiana che si occuperà di aiutare il duca di York ad oltrepassare barriere sedimentatesi nel tempo e apparentemente insormontabili. In questo rapporto c'è tutto: c'è fiducia, conflitto, orgoglio, timore, il desiderio di comprendere le manifestazioni di traumi familiari profondi, forse lontani ma così semplici e umani nel loro essere frutto di un'educazione di corte severa, rigida e compromessa da rapporti umani duri. Colpiscono le interpretazioni di Geoffrey Rush e di Colin Firth, davvero impeccabili e affiatati; come colpisce la performance della Bonham Carter, sempre all'altezza delle aspettative, versatile ed espressiva. Viene naturale l'attualizzazione di questa vicenda, in un'epoca in cui la funzione mediatrice delle comunicazioni di massa è diventata un più che consolidato strumento di controllo nonché causa prima delle derive populistiche di certa politica. Per questo appare quasi infantile la figura di Giorgio VI, nella sua ingenuità, nel suo timore di entrare in contatto con gli altri, nel suo pudore ad addentrarsi nelle case altrui anche se soltanto attraverso il suono della sua voce. Il microfono diventa una figura incombente, che copre il volto di un sovrano così debole al suo cospetto. Un ribaltamento quasi inverosimile, verrebbe da dire, ma che, essendo accaduto, induce ad una riflessione profonda sull'attualità politica e sociale.
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magnolia75
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martedì 15 febbraio 2011
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delizioso
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quake86.
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martedì 15 febbraio 2011
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cari uomo meraviglia e uomo d'acciaio
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Mi sono preso la briga di controllare se anche in questo ennesimo film avevate messo lo zampino con 30 commenti a testa con una stellina. E così è stato.
Per l'ennesima volta avete dimostrato di non capire una mazza di cinema, se a voi vi tolgono quella porcheria di inception siete finiti, la vostra vita perde il senso di esistere. X di più avete espresso un voto senza nemmeno vederlo, nulla di più stupido e ridicolo. Mi fate ridere quando accusate alcuni di taroccare i voti nei vostri film preferiti, quando voi lo fate in primis, e non venite qui a dire di svegliarci, xchè ve l'ho già detto e ripeto, quelli che dormono siete voi, da quando siete rimasti intrappolati dentro il sogno del film di Nolan.
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Mi sono preso la briga di controllare se anche in questo ennesimo film avevate messo lo zampino con 30 commenti a testa con una stellina. E così è stato.
Per l'ennesima volta avete dimostrato di non capire una mazza di cinema, se a voi vi tolgono quella porcheria di inception siete finiti, la vostra vita perde il senso di esistere. X di più avete espresso un voto senza nemmeno vederlo, nulla di più stupido e ridicolo. Mi fate ridere quando accusate alcuni di taroccare i voti nei vostri film preferiti, quando voi lo fate in primis, e non venite qui a dire di svegliarci, xchè ve l'ho già detto e ripeto, quelli che dormono siete voi, da quando siete rimasti intrappolati dentro il sogno del film di Nolan.
Cmq, io non amo molto i film storici, xò questo è senza dubbio 200 gradini sopra Inception.
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(di zapper)
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catia p.
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lunedì 14 febbraio 2011
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il discorso del re – da non perdere
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Affrontando i bio-pic si corrono spesso due rischi: ci si può trovare di fronte o ad un film terribilmente barboso, che ripercorre in modo piatto e senza ingegno la vita del personaggio realmente esistito di turno, o ad una pellicola strappalacrime ed enfatica fino alla nausea, dove il suddetto personaggio è eroico e senza macchia a tal punto da farci dubitare che sia davvero umano.
Con Il Discorso Del Re entrambi questi pericoli sono stati scongiurati nel modo più brillante che abbia mai visto.
Già dalla primissima, originale inquadratura di un microfono radiofonico degli anni '30 (anch'esso in qualche modo tra i protagonisti), la semi-sconosciuta storia di re Giorgio Sesto d'Inghilterra ci conquista in modo definitivo.
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Affrontando i bio-pic si corrono spesso due rischi: ci si può trovare di fronte o ad un film terribilmente barboso, che ripercorre in modo piatto e senza ingegno la vita del personaggio realmente esistito di turno, o ad una pellicola strappalacrime ed enfatica fino alla nausea, dove il suddetto personaggio è eroico e senza macchia a tal punto da farci dubitare che sia davvero umano.
Con Il Discorso Del Re entrambi questi pericoli sono stati scongiurati nel modo più brillante che abbia mai visto.
Già dalla primissima, originale inquadratura di un microfono radiofonico degli anni '30 (anch'esso in qualche modo tra i protagonisti), la semi-sconosciuta storia di re Giorgio Sesto d'Inghilterra ci conquista in modo definitivo.
Incorniciata nello stretto lasso di tempo di pochi, ma cruciali anni (quelli che porteranno all'ascesa al trono e all'ingresso della Gran Bretagna nella Seconda Guerra Mondiale), la vita di un reale di grande dirittura morale e profonda umanità ci viene mostrata nella sua duplice lotta: contro il peso delle responsabilità e contro la propria “inopportuna” balbuzie.
La regia ci aiuta con le sue angolature stravaganti a renderci partecipi della straordinarietà delle situazioni narrate e realmente accadute.
Senza un solo momento di noia o un singolo tempo morto, la sceneggiatura dosa in modo sapiente dramma e humor inglese espresso ai più alti livelli, tratteggiando sia il contesto storico in modo comprensibile, con accenni mirati e mai ridondanti, che la famiglia reale in maniera credibile, seppur “cinematograficamente”.
E “da voce” alla magistrale interpretazione di Colin Firth nel ruolo del giovane re “Bertie” che vincerà il suo blocco psicologico grazie ad un altro incredibile (ma storico) personaggio, l'australiano Lionel Logue, esperto di difetti del parlato. Col volto dell'istrionico Geoffrey Rush, superlativa spalla, troveremo in lui l'amico eccezionale e impagabile che ognuno di noi vorrebbe avere e che toccò in sorte a colui che, per la prima volta nella storia, annunciò alla radio l'inizio della guerra alla sua Nazione e al mondo intero.
Da non perdere. E da rivedere: in lingua originale.
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marvelman
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lunedì 14 febbraio 2011
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orrendo
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[+] che ignoranza
(di lady libro)
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sery91
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lunedì 14 febbraio 2011
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se ancora non l'avete fatto, vedetelo!
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da vedere... assolutamente.. una storia vera, commovente, ma che sa tirarti fuori qualche sorriso vero. nonostante la profondità della trama, il film non risulta in nessun momento pesante, anzi! lo consiglio a tutti!
e, permettetemi di dire che "il discorso del re", mostra nuovamente come dietro un grande uomo, ci sia sempre una grande Donna.
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bordeaux
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domenica 13 febbraio 2011
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il miglior film che ho visto negli ultimi anni
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Certamente è il miglior film che ho visto negli ultimi anni: ottimamente recitato in una perfetta ambientazione, storicamente narrato e non romanzato, uno dei pochissimi films che rivedrei con piacere.
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linodigianni
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sabato 12 febbraio 2011
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il discorso di berty
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In questo magnifico film di impianto tetatrale, recitato da due ottimi attori, il re e il logopedista
La storia dei grandi avvenimenti viene filtrata da una piccola, determinante questione: l’incapacità a parlare,
attraverso una balbuzie paralizzante di origine nervosa.
Come, attraverso quali passaggi narrativi, condurre il re a pronunciare il suo discorso,
insieme allo spettatore è la scommessa del regista.
Pienamente vinta secondo noi, attraverso una testardaggine che vorremmo rivedere.
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