Tre aggettivi mi vengono a primo acchito per descrivere questa pellicola: interessante,particolare ed introspettivo. Un drammatico-fantascientifico-filosofico: un genere che in assoluto sento particolarmente mio e che capita a fagiolo ad una che come me è sempre alla ricerca come un cane da tartufi per trame diverse e fruibili più psicologicamente possibile. Il debutto alla regia di Mike Cahill si aggiudica il premio del Sundance Festival 2011, portando con sè anche le prime prove recitative di due grandissimi attori esordienti, fra cui Brit Carling, fidanzata nella vita reale del regista.
Una trama che mi aveva colpito da subito, a cui poi la bellissima locandina aveva contribuito a far crescere curiosità. Una giovane liceale interessata all'astrofisica nel giorno in cui alla radio proclamano la scoperta di un pianeta affine morfologicamente alla Terra (tanto da esser soprannominato Terra2) investe la moglie e il bambino di un professore concertista. Due vite spezzate e riunite solo quattro anni dopo, quando Terra2 è vicinissima alla Terra tanto da essere grande il triplo della Luna nel cielo e si professa senza dubbio che quel pianeta sia abitato da un doppio speculare d'ognuno di noi. Comincia così un altrettanto doppio binario di racconto, che segue in primis il cammino d'espiazione della protagonista verso il professore a cui ha rovinato la vita, nonchè unico superstite dell'incidente e quello di un misterioso concorso che premia chi tramite un racconto si dimostrerà più "bisognoso" di andare nello spazio, a vedere chi risieda e cosa realmente nasconda il pianeta affine al nostro. Freno subito coloro che ne vedranno forse una tendenza drammatica ed imitativa del film di Von Trier, ovvero "Melancholia": il film è uscito negli USA nel 2010, un anno prima dell'uscita del film del regista danese. Qui non si tratta di una sfera gigante e luminosa nel cielo che incombe sulla nostre vite portandoci angoscia e sapore di distruzione; qui ci troviamo di fronte ad un pianeta che si avvicina sempre più alla Terra per salvarci, per concederci un'altra occasione, una seconda chance dove incontrare un altro nostro "io" e ricominciare, forse. Una tematica molto fichtiana, dove sono in ballo valori e temi molto forti: il nostro io, un probabile non-io che però è sempre parte di noi. La religione cade e si piega alla fantascienza, dove i peccati si scontano su un altro pianeta analogo, senza bisogno di aspettare la fine dei tempi per scorgere il Paradiso. Siamo vivi e pensanti e da vivi cerchiamo il perdono, la redenzione e la conoscenza. Come diceva Aristotele la vista è il più completa ed indispensabile dei cinque sensi per la conoscenza...ed è proprio la vista di ciò che mai l'uomo comune prima d'ora non aveva mai assaporato (ovvero il luogo dove vive nella sua interezza e magnificenza nel cielo) che desta in lui la meraviglia, la miccia di ogni filosofia, da quella greca a quella contemporanea. La bellissima domanda di fondo che il regista si pone è però la seguente: siamo o saremo mai pronti a tutto ciò? Siamo pronti a riconoscere che non è nella più piccola o grande parte dell'universo che giace il "mistero" ma solo ed esclusivamente dentro di noi? Siamo pronti a fare i conti con noi stessi? Un bellissimo finale aperto e a mio avviso per nulla scontato a a detta di molti "sbrigativo" apre un ulteriore interrogativo filosofico: L'uomo sarà pronto ad uscire dalla caverna di Platone e vedere le cose alla luce del sole o preferirà restarci rinchiuso dentro con le spalle alla verità? Un film da vedere, per(ma non solo) palati sopraffini.
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