Anno | 2009 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia |
Durata | 78 minuti |
Regia di | Gioberto Pignatelli |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 20 maggio 2015
Il sesto capitolo della "Storia" di Elsa Morante ispira la vicenda tragica di Nello e Santina, una storia d'amore incerto e morte sicura.
CONSIGLIATO SÌ
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Nello D'Angelo è il protettore e il carnefice di Santina. L'ha uccisa perché la donna si teneva degli spiccioli per sé, senza capire che di quella brutta vecchia era in verità innamorato. Lei, pur nella sua semplicità, almeno questo lo aveva capito e per lui aveva sempre fatto di tutto: ne aveva fatto un uomo e gli aveva dato una casa, dopo l'orfanotrofio e dopo che la sua famiglia d'origine lo aveva spremuto e rifiutato.
Santina , ispirato al capitolo sesto de "La Storia" di Elsa Morante, racconta dunque due vittime inconsapevoli, dentro una baracca di Roma: un tavolo, una poltrona sdrucita e un letto, d'amore e di morte.
Ci è voluta tutta l'ostinazione del giovane regista Gioberto Pignatelli per far nascere quest'opera di lungo e sperimentale metraggio. Tre settimane di riprese e tre anni di postproduzione, nei ritagli di tempo dei collaboratori volontari. Ne valeva la pena, perché il montaggio di Danilo Torre, il design del suono di Giuseppe D'Amato, l'animazione pittorica e artigianale di Annalisa Corsi sono tutti lavori d'autore, al servizio di un fine comune.
Santina è Monica Perozzi e viene dal teatro italiano indipendente ma al cinema si adegua con innata naturalezza e con forza, ancor più e meglio del protagonista. Forse perché quasi non parla, Santina, e non c'è davvero bisogno della voce degli attori in questo film dove la parola è sovrana, la parola scritta, ovunque: sui corpi, sui muri, sul legno, qua, là, su, giù.
Esordiente che non si è preoccupato di esordire solo per farlo -ammette lui stesso di non avere velleità da regista esecutore ma solo il bisogno di un mezzo con cui esprimersi- si è preso il tempo di mettere per immagini ciò che ha visto ed elaborato, con i pochissimi soldi di una donazione privata, e ha compiuto un lavoro di adattamento paragrafo per paragrafo che ha il pregio impagabile di inventare una soluzione visiva diversa ogni volta, fondendo arte della necessità e necessità dell'arte. Ascoltando i grandissimi (Pasolini, Godard) e i molto meno grandi della settima arte, coraggiosamente non curante dell'accusa lecita di presunzione, ha ascoltato soprattutto la scrittura, le sue richieste interne, e ha risposto per suoni e per visioni.
Per quanto non sempre facilmente fruibile e di certo non proponibile ad un pubblico indifferenziato o ignaro, il film non si ripete, non si vanta oltre misura di sé e, sulla strada di un esplicito esercizio stilistico, non rinuncia comunque mai all'impianto narrativo.