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martedì 27 aprile 2021
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ad occhi chiusi
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Questa recensione a mio avviso è accettabile se il film di Muccino, regista per il quale non mi esalto facilmente, fosse stato visto ad occhi chiusi. Quanto scritto non riuscirei a scriverlo nemmeno immerso nella vasca di ghiaccio come Smith. Bisogna essere ruvidi come il cemento indurito per parlare così di uno dei pochi registi italiani in grado di produrre opere decenti, stando al target del nostro cinema. Probabilmente è mancato un tributo ad un piatto di spaghetti o un sottofondo con Nel blu dipinto di blu per contentare l'animo della Gandolfi ma sono certo che troverà pane per i suoi denti guardando altrove. E molto, molto in basso
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pedropony31
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mercoledì 5 agosto 2020
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8-/10, “un sinonimo di redenzione? 7 anime"
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Il film narra la storia di Tim Thomas, ingegnere aerospaziale, che vede morire sua moglie ed altri sei sconosciuti in un incidente stradale avvenuto da un suo momento di distrazione.
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Il film narra la storia di Tim Thomas, ingegnere aerospaziale, che vede morire sua moglie ed altri sei sconosciuti in un incidente stradale avvenuto da un suo momento di distrazione. La sua esistenza si riduce dunque nel solo ed unico scopo di redimere la propria anima da quanto fatto, aiutando sette persone estremamente bisognose di aiuto, e giudicate da lui meritevoli, in ogni modo possibile. Detto questo non c’è molto da dire se non che la pellicola riesce in ogni caso nell’intento di regalare forti emozioni, riproponendo il duo Smith-Muccino, peccando forse nell’eccessiva aspettativa andata a creare dopo il largo successo commerciale di “Alla ricerca della felicita“.
La regia si sposta armoniosamente tra una scena e l’altra, accompagnata da un’ottima musica di contorno ai vari momenti del film, simbolo di una buona padronanza della camera di Muccino. Tra tutte le scene spiccano sicuramente l’incipit, con Smith che insulta pesantemente il personaggio di Woody Harrelson, e la scena del suicidio finale, risultando molto potenti e incisive all’occhio dello spettatore. Quello che funziona meno nella pellicola di Muccino è però la sceneggiatura, che lascia a fine film molti quesiti e perplessità. Tra una partenza lenta e molto dilatata e continui avvenimenti poco spiegati, molto spesso senza conseguenze per i personaggi, fanno esempio l’identità rubata del fratello di Tim, Ben oppure il significato della medusa velenosa a cui viene data un’apparente importanza ad inizio film ma che poi non porta a nulla. Come detto quindi uno script non perfetto ma che intrattiene. Ciò che più traina la pellicola verso il favore del pubblico ma allo stesso tempo lo condanna gli occhi della critica invece, è sicuramente Will Smith, bravo secondo me a portare su schermo un personaggio senza più voglia di vivere con un solo intento rimasto, la redenzione. Non mi sarei sorpreso quindi di una candidatura agli Oscar di quell’anno, anche se poi non è accaduto. In conclusione un buon film ma nulla di trascendentale.
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marcloud
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venerdì 1 maggio 2020
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muccino di nuovo a hollywood
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Redimersi salvando 7 anime. Il racconto di Muccino si scioglie alla fine, con un epilogo dallo stile molto in voga nella prima decade del 21°secolo.
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nigatto
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domenica 5 marzo 2017
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l'altruismo fino all'estremo
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In 7 giorni Dio creò il mondo, in 7 secondi, io ho distrutto il mio.
Con questo titolo inizia il film, all’insegna del numero 7, come 7 sono le vite spezzate in un incidente stradale, e 7 dovranno essere le vite da salvare a qualunque costo.
E’ questo il sunto di una storia, narrata dal regista Muccino con grande professionalità. Film originale, che emoziona e commuove. Grande l’interpretazione degli attori.
Da premiare la regia, il migliore attore protagonista, la colonna sonora.
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stefano capasso
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venerdì 29 luglio 2016
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si salvi chi può
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Dopo aver procurato un grave incidente d’auto in cui oltre la moglie, diverse persone hanno perso la vita, Ben Thomas passa anni difficili. Il senso di colpa martellante lo spinge a cercare una redenzione aiutando il prossimo. E tra questi incontra e si innamora di una donna affetta da gravi scompensi cardiaci, Emily. La sua necessità di “riparazione” arriva a livelli imprevedibili.
Il senso di colpa è il tema su cui è centrato il di Gabriele Muccino. Il senso di colpa che può assumere connotazioni ossessive nella necessità di sanarlo. Una storia complessa, che a volte eccede nel sentimentalismo e che apre un dibattito importante sulla scelta finale del protagonista.
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Dopo aver procurato un grave incidente d’auto in cui oltre la moglie, diverse persone hanno perso la vita, Ben Thomas passa anni difficili. Il senso di colpa martellante lo spinge a cercare una redenzione aiutando il prossimo. E tra questi incontra e si innamora di una donna affetta da gravi scompensi cardiaci, Emily. La sua necessità di “riparazione” arriva a livelli imprevedibili.
Il senso di colpa è il tema su cui è centrato il di Gabriele Muccino. Il senso di colpa che può assumere connotazioni ossessive nella necessità di sanarlo. Una storia complessa, che a volte eccede nel sentimentalismo e che apre un dibattito importante sulla scelta finale del protagonista. Fino a che punto salvare gli altri salva se stessi?
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v1n97
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martedì 10 maggio 2016
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un peccatore che coltiva la speranza di redenzione
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“Non esiste ascia abbastanza affilata da tagliare l’anima di un peccatore che coltivi la speranza di potersi redimere.” Con questa frase di Nelson Mandela del 1975 che è in perfetta sintonia col film apro questa recensione. Gabriele Muccino ha veramente superato se stesso con una regia impeccabile: ogni elemento è inserito al posto giusto e nel momento giusto, la trama è tanto drammatica quanto coinvolgente, l’interpretazione di Will Smith che inscena Tim Thomas, il protagonista del film, è sublime ed è accompagnata da una recitazione altrettanto ottima di Isabel Rosario Dawson che interpreta Emily Posa. Il magico rapporto che si creerà tra i due è supportato da una serie di elementi esterni molto forti che sicuramente faranno riflettere molto sulla vita e su quanto essa possa essere dura, frastagliata e nel peggiore dei casi distrutta.
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“Non esiste ascia abbastanza affilata da tagliare l’anima di un peccatore che coltivi la speranza di potersi redimere.” Con questa frase di Nelson Mandela del 1975 che è in perfetta sintonia col film apro questa recensione. Gabriele Muccino ha veramente superato se stesso con una regia impeccabile: ogni elemento è inserito al posto giusto e nel momento giusto, la trama è tanto drammatica quanto coinvolgente, l’interpretazione di Will Smith che inscena Tim Thomas, il protagonista del film, è sublime ed è accompagnata da una recitazione altrettanto ottima di Isabel Rosario Dawson che interpreta Emily Posa. Il magico rapporto che si creerà tra i due è supportato da una serie di elementi esterni molto forti che sicuramente faranno riflettere molto sulla vita e su quanto essa possa essere dura, frastagliata e nel peggiore dei casi distrutta. Tutti questi elementi assicurano una continuità al film che ci porta ad essere incollati sullo schermo e a seguirlo attentamente scena dopo scena, scene che poi ci porteranno al grandissimo ma tanto tragico finale che sicuramente strapperà una lacrima ai più sensibili e non.
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rodeo85
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lunedì 18 aprile 2016
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deluso
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Nulla a che vedere con "la ricerca della felicita".. fla trama della storia è carina ma il film non decolla mai e non c'è mai suspense! Il finale della storia è bello ma il film piatto per 100 min non riesce a regalare emozione e riscattarsi con il solo finale!! davvero troppo poco!
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williamd
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sabato 19 settembre 2015
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film intenso ma a tratti noioso
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Will Smith, alla sua seconda collaborazione con Muccino, torna a regalarci un’ottima interpretazione in un film molto emotivo. Il lungometraggio inizia con un drammatico flashforward in cui Ben Thomas (Will Smith) chiama l’ambulanza per annunciare il suo suicidio. Lo sviluppo iniziale del film è abbastanza coinvolgente in quanto non si riesce a capire quale sia la vera storia del protagonista Ben e tutte le azioni che egli svolge paiono sconnesse le une dalle altre. Questo travolgente senso di mistero che genera nel pubblico curiosità svanisce però ben presto: nelle parte centrali il film – che senza dirlo esplicitamente ha fatto intuire allo spettatore più acuto tutta la storia ed il finale – tende a diventare a tratti quasi noioso.
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Will Smith, alla sua seconda collaborazione con Muccino, torna a regalarci un’ottima interpretazione in un film molto emotivo. Il lungometraggio inizia con un drammatico flashforward in cui Ben Thomas (Will Smith) chiama l’ambulanza per annunciare il suo suicidio. Lo sviluppo iniziale del film è abbastanza coinvolgente in quanto non si riesce a capire quale sia la vera storia del protagonista Ben e tutte le azioni che egli svolge paiono sconnesse le une dalle altre. Questo travolgente senso di mistero che genera nel pubblico curiosità svanisce però ben presto: nelle parte centrali il film – che senza dirlo esplicitamente ha fatto intuire allo spettatore più acuto tutta la storia ed il finale – tende a diventare a tratti quasi noioso.
Il finale, anche se ormai scontato, riesce ad avere comunque un forte impatto grazie alla semplicità e alla crudezza delle immagini.
I punti forti del film sono sicuramente le prove degli attori protagonisti Will Smith e Rosario Dawson e la colonna sonora. Non mi ha colpito più di tanto la regia di Muccino (che invece ho veramente apprezzato in “La ricerca della felicità”), ma soprattutto quello che veramente secondo me mancava al film per guadagnare maggior valore era una trama leggermente più articolata. L’idea iniziale di fondo è bellissima, ma non sufficiente a reggere da sola un film di due ore, che avrebbe enormemente giovato di una “storiella” parallela o concomitante a quella originale, che presenta alcune scene di poco pathos tranquillamente omissibili.
Tuttavia mi sento di dare al film la sufficienza piena visto che tratta sentimenti molto profondi che possono scaturire in un uomo quand’egli è in cerca di redenzione.
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peer gynt
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sabato 29 novembre 2014
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tutta colpa della medusa
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Con un simile progetto ambizioso, quello di descrivere un dolore incontenibile e un rimorso devastante, va dato atto a Muccino e a Will Smith di aver provato una strada difficile, raccontare la storia di un uomo che si sacrifica per il suo prossimo. Il rischio del sentimentalismo strappalacrime, in storie simili, è dietro l'angolo.
Purtroppo, il risultato non è dei migliori, e il film risulta parzialmente fallito, malgrado alcune scene di buon impatto narrativo e alcuni personaggi interessanti. Perché, in casi come questo, la verosimiglianza è d'obbligo, e soprattutto se si vuol sottolineare il valore etico di una storia che prevede un suicidio per amore degli altri, bisogna evitare il melodramma e le soluzioni d'effetto.
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Con un simile progetto ambizioso, quello di descrivere un dolore incontenibile e un rimorso devastante, va dato atto a Muccino e a Will Smith di aver provato una strada difficile, raccontare la storia di un uomo che si sacrifica per il suo prossimo. Il rischio del sentimentalismo strappalacrime, in storie simili, è dietro l'angolo.
Purtroppo, il risultato non è dei migliori, e il film risulta parzialmente fallito, malgrado alcune scene di buon impatto narrativo e alcuni personaggi interessanti. Perché, in casi come questo, la verosimiglianza è d'obbligo, e soprattutto se si vuol sottolineare il valore etico di una storia che prevede un suicidio per amore degli altri, bisogna evitare il melodramma e le soluzioni d'effetto. Ma Muccino non ha saputo resistere al fascino di due elementi narrativi che gli sembrava fossero totalmente e genialmente filmici: la forma di suicidio scelta dal protagonista (perché scegliere una banale e più reperibile iniezione di un farmaco letale, quando possiamo scritturare la più pericolosa e fascinosa bestia delle acque, una medusa?) e il colore degli occhi del buon pianista cieco, che da azzurro spento diventano neri come l'abisso del dolore di Tim Thomas=Will Smith.
Ecco come un progetto interessante sulla carta, narrato con una tecnica non malvagia che fa scoprire a poco a poco allo spettatore dettagli sui personaggi e sul terribile progetto del protagonista, si trasforma con un finale totalmente sbagliato in un'operazione costruita a tavolino e un po' falsa.
Che poi il pubblico si sia commosso ed emozionato ugualmente, si deve più al tema, sempre affascinante, di chi trova il coraggio di dare la sua vita per gli altri, che alla capacità del regista di fare del buon cinema.
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luigi chierico
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lunedì 6 ottobre 2014
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mors tua vita mea
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“Dio ci ha messo sette giorni a creare il mondo…io ci ho messo sette secondi a distruggere il mio”,dichiara subito,in apertura del film,Ben Thomas,alias il grande Will Smith il cui volto porta impressa la tristezza ed il dolore,il dramma di una tragedia consumata appunto in sette secondi.
Alla velocità di 120 km/h un’auto in un solo secondo compie 33 metri,sufficienti a vederla scontrarsi con un’altra,capovolgersi,stridere sull’asfalto,schiantarsi contro un albero e catapultarsi nel vuoto! La scena dell’incidente sembra presa dal vero,agghiacciante; porta via il fiato e fa chiudere gli occhi a chi ne ha avuto solo una modesta esperienza. Basta un secondo a perdere la vita,un secondo a farla perdere a sette persone!
Ben Thomas responsabile è sopravissuto;qualcuno direbbe per grazia ricevuta.
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“Dio ci ha messo sette giorni a creare il mondo…io ci ho messo sette secondi a distruggere il mio”,dichiara subito,in apertura del film,Ben Thomas,alias il grande Will Smith il cui volto porta impressa la tristezza ed il dolore,il dramma di una tragedia consumata appunto in sette secondi.
Alla velocità di 120 km/h un’auto in un solo secondo compie 33 metri,sufficienti a vederla scontrarsi con un’altra,capovolgersi,stridere sull’asfalto,schiantarsi contro un albero e catapultarsi nel vuoto! La scena dell’incidente sembra presa dal vero,agghiacciante; porta via il fiato e fa chiudere gli occhi a chi ne ha avuto solo una modesta esperienza. Basta un secondo a perdere la vita,un secondo a farla perdere a sette persone!
Ben Thomas responsabile è sopravissuto;qualcuno direbbe per grazia ricevuta. Sopravvivere in questi casi è una disgrazia! Ben si fa carico di una missione,la vita che gli è stata concessa,il corpo sano,uscito quasi incolume dai rottami dell’auto,deve avere uno scopo: salvare sette persone in pericolo di vita.
Inutile raccontare il film che invece va visto e gustato,ascoltato e seguito come una poesia in silenzio. Così Ben decide di donare il suo corpo,in un atto di generosità cristiana,rimanendo un ignoto donatore,è un atto supremo d’Amore anche nei confronti della propria moglie,una delle sette vittime.
Per far dono anche dei suoi occhi e del suo cuore,a chi ne ha subito bisogno, e se lo merita, deve necessariamente ricorrere al suicidio. L’idea avuta dal bravissimo regista romano Gabriele Muccino è unica ed è doveroso,per l’ignaro lettore,entrare in alcuni dettagli. Ad ucciderlo sarà una cubomedusa,ovvero la vespa del mare,la medusa più letale al mondo, capace di uccidere un uomo in 3 minuti con i 5 miliardi di nematocisti distribuiti nei 60 tentacoli,che si allungano sino a tre metri,quando la medusa assale la preda.
Principale interprete insieme a Will Smith è la figura femminile di Rosario Dawson,nella parte di Emily Posa,brava,bravissima. Sul suo volto brillano gli occhi che si aprono disperatamente all’amore mentre la morte l’attende, lasciando il suo segno sul suo bel volto, consunto dalla tristezza e dalla disperazione. I brani musicali sono eccellenti, toccanti, e fanno del film una magnifica colonna sonora,con il contributo di Morricone che fa riascoltare Novecento al pianoforte (La leggenda del pianista sull’oceano). Una sola scena d’amore, tra la vita e la morte,mentre gocce di un’abbondante pioggia scendono giù sui vetri della stanza dove si consuma un momento di estasi,di ringraziamento,tra le lacrime di sangue che scorrono giù per un cuore che muore ed uno che si offre. Solo dopo la morte gli occhi di Ben,donati al cieco, si incontreranno col suo cuore donato ad Emily, che amando Ezra Turner(Woody Harrelson),continuerà ad amare Ben. La fotografia,che riprende i momenti di incontro tra Ben ed Emily,col suo magnifico alano,è veramente bella,la natura nel suo incanto,la tranquillità e la pace oramai sconosciuta nelle città chiassose, di cemento ed auto,dagli abitanti sempre frettolosi verso il nulla. Emily seduta sul prato dice:” Vorrei avere solo il tempo di.. capire chi sono, capire cosa mi piace...Provare cose, cambiarle, lasciarmi andare ogni tanto. Non sai quanto vorrei poi provare a correre.. A volte poi penso a come sarebbe se.. se potessi... CORRERE”.Tutti abbiamo del tempo per capire,per osservare e correre per il mondo, anche stando seduti,quanti invece restano fermi all’ingresso,senza mai entrarci.
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