Sette anime |
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Un film di Gabriele Muccino.
Con Will Smith, Rosario Dawson, Woody Harrelson, Barry Pepper, Michael Ealy.
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Titolo originale Seven Pounds.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 125 min.
- USA 2008.
- Sony Pictures Italia
uscita venerdì 9 gennaio 2009.
MYMONETRO
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La ricerca della leggerezza
di Giulio BrillarelliFeedback: 0 |
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mercoledì 14 gennaio 2009 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Pesano ben più di “seven pounds”, sette libbre, i giudizi della stampa oltreoceano sul nuovo film di Gabriele Muccino. Da “Variety.com” ai prestigiosi “New York Times” e “Los Angeles Times”, le recensioni hanno rasentato la stroncatura (faceva eccezione Michael O'Sullivan sul “Washington Post”), a volte salvando, se non altro, la prestazione attoriale di Will Smith. Il suo personaggio è stato da molti critici paragonato a Gesù, ma sarebbe meglio chiamare in causa la figura di Giuda: perché Ben Thomas è incapace di perdonare se stesso, tanto per cominciare, e al contrario del Cristo non va affatto alla ricerca dei peccatori smarriti per riportarli sulla retta via. Ben Thomas va a caccia di chi buono e giusto lo è già, di chi può dimostrarsi meritevole del suo aiuto. La sua non è affatto una missione di redenzione, né per sé stesso né per gli altri; e nel mettere alla prova il prossimo, Ben Thomas sa dimostrarsi, a volte, esigente e intransigente fino al cinismo e alla crudeltà (vedi la telefonata all'operatore non vedente del customer service). - - - Il trailer e il titolo sopravvalutano l'importanza della lista di sette bisognosi che Ben vuole aiutare, e la mistica del numero sette in generale. Niente a che vedere con la “Death List Five” di “Kill Bill” o con le vertigini aritmetiche di “The Number 23”: nella storia la lista di Ben Thomas è poco più che accennata, intravista, e alcuni dei “magnifici sette” non fanno la loro comparsa che verso la fine del film, o hanno un ruolo molto marginale. Non che questo sia un male, comunque: mera strategia di marketing. Efficace? Abbastanza da incassare 84 milioni di dollari nelle prime quattro settimane (55 quelli spesi per girarlo). - - - Il titolo originale del film, “Seven Pounds”, richiama quei “21 grammi” di Alejandro González Iñárritu: un tragico incidente stradale gioca in entrambi un ruolo preminente. Ma affiora alla mente anche Crash di Paul Haggis, che nel 2006 valse un Oscar al montatore Hughes Winborne, poi insieme a Muccino ne “La ricerca della felicità” e, ora, film editor per questo Sette anime. Quello che manca rispetto all'exploit di due anni or sono è il ritmo incalzante di una sceneggiatura classica, che se da un lato strizzava troppo l'occhio all' “American dream” e ai suoi corollari, dall'altro avvinceva lo spettatore facendolo immedesimare perfettamente con il protagonista, Chris Gardner, la sua odissea di padre di famiglia ridotto sul lastrico e la sua quasi-benignesca “ricerca della felicità”, alimentata da uno sfacciato ottimismo. - - - Riuscire ad immedesimarsi altrettanto a fondo con il Ben Thomas di questo “Sette anime” sarebbe impossibile: personaggio troppo tormentato e troppo “sporco” per una proiezione spettatoriale. La scommessa del film, piuttosto, è tutta giocata sull'interrogativo: “Che cosa è successo a quest'uomo?”; ma la risposta arriva solo alla fine della storia, forse troppo tardi per riscattare una pellicola appesantita sotto vari punti di vista. Il film è infatti rallentato dalla storia d'amore tra Ben ed Emily (Rosario Dawson): se da un lato numerosi non detti e fuori campo sono perfettamente calibrati (uno su tutti: il fidanzato della madre messicana maltrattata, nominato e temuto, ma mai inquadrato), l'idillio sentimentale avrebbe potuto essere sviluppato molto più economicamente, alleggerendo la struttura narrativa senza per questo impoverirla di una sola “libbra”. Eppure Calvino aveva ammonito, nelle sue “Lezioni americane”: leggerezza...
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