L'anno mille

Un film di Diego Febbraro. Con Giada Desideri, Marco Bonini, Franco Oppini, Edoardo Leo, Guglielmo Carbonaro, Anna Orso Fantastico, durata 97 min. - Italia 2008. - Mediafilm uscita giovedì 24 aprile 2008. MYMONETRO L'anno mille * * 1/2 - - valutazione media: 2,71 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Luci e ombre tornano dal passato

di Lucia Madia I Viaggi di Repubblica

Roma, Piazza Vittorio Emanuele II, per tutti “Piazza Vittorio”, XVII secolo. Qui, prima della ricostruzione di Roma Capitale, c’era un palazzo enorme, un feudo, di proprietà del Marchese di Palombara. Gentiluomo possidente, amava passare il tempo nella sua proprietà, contemplando da una parte la basilica apostolica di San Giovanni in Laterano, e dall’altra quella di Santa Maria Maggiore. Oziando tra il giardino, il boschetto e le sue vigne, era anche appassionato di studi e, cosa pericolosamente eretica per quei tempi, praticante della Grande Arte. Nel suo laboratorio, all’interno del palazzo, al di fuori degli occhi della noiosa moglie, si dilettava di Alchimia. Desiderio del marchese, ma anche della sua amica Caterina Regina di Svezia che amava trascorrere del tempo nella Città Eterna, era quello di trovare il segreto dell’oro. Ma, se per il marchese era una questione di scienza, per la Regina, una soluzione definitiva per i suoi problemi di denaro e potere. Che la Pietra filosofale potesse esistere, al marchese era stato confermato dalla misteriosa visita di un Pellegrino, che, non svelando la sua identità, lasciò sul pavimento della casa del marchese una striscia d’oro purissimo e una carta dove aveva scritto degli enigmi per ottenere la polvere, che il marchese avrebbe dovuto incidere sul marmo.
C’è chi sostiene che il misterioso Pellegrino fosse Giuseppe Burri, una sorta di Cagliostro dell’epoca, chi invece un semplice viaggiatore. Comunque sia, oggi a Roma del Marchese di Palombara e della storia dell’Alchimista viaggiatore, rimane solo la Porta del laboratorio che il marchese fece costruire nel 1655. Intorno a questa, sugli stipiti e il frontone gli enigmi scolpiti dal Marchese dietro suggerimento del Pellegrino: frasi in latino, simboli, motti ermetici. Tra storia e leggenda c’è chi riconduce quelle scritte alla possibilità di un viaggio nel tempo. È da qui, da questa piazza della Città Eterna, ricostruita dall’architetto Gaetano Koch a fine ‘800, con i palazzoni umbertini che la circondano, i lunghi portici, che il regista Diego Febbraro ha immaginato una fantastica storia. Attraverso il giardino di platani, cedri, magnolie e palme e superando lo scoglio del degrado dei vagabondi e nomadi che la abitano, Diego Febbraro ha raggiunto questa grande Porta ora murata: «Ho fatto scoprire un piccolo tesoro, questa Porta che adesso vi mostro al cinema. Una Porta chiusa, che gli architetti che due secoli fa rasero al suolo questa zona di Roma non ebbero il coraggio di toccare. Ultima testimonianza di un Palazzo misterioso, dove accadevano cose magiche. Una Porta murata, al cui interno non c’è nulla ma che non ha assolutamente murato la mia fantasia. Io nel film ho fatto un viaggio nel tempo, dall’anno Mille fino ad oggi, grazie a questa suggestiva Porta, la cui prima ermetica scritta è “ingresso all’orto magico”».
«Ho unito insieme la storia della Porta e la storia vera del ritrovamento di una tomba, durante gli scavi per la bretella dell’autostrada Firenze-Roma», continua Febbraro, «Inizialmente si pensava che questa tomba fosse etrusca. Invece, la sua costruzione risaliva all’anno 1023, e quello che fu trovato all’interno era assolutamente impossibile per l’epoca: a chi potevano infatti appartenere una spada di 80 chili e un’armatura per un colosso di due metri in quegli anni? Era un’epoca in cui gli uomini erano piccoli e tozzi, come dimostrano le armature di quei tempi. Guardando le armature dell’epoca presenti al Castello di Bracciano si nota quanto gli uomini di allora fossero bassi e tozzi. Potevano essere solo di un gigante, che poi ho scoperto chiamarsi Hermuggen. Un condottiero enorme che si costruì una roccaforte per proteggere i conti di Bagnoregio dai briganti che venivano dalla Valle del Tevere e dagli animali selvatici, tra cui anche gli orsi, che popolavano la foresta. Hermuggen, un difensore con un’armatura che neanche le frecce potevano bucare, era il paladino di quella zona. Oggi, un uomo così, se potesse viaggiare nel tempo, attraverso la porta, sarebbe sicuramente un uomo buono, diverso da tutti e fuori dal mondo, che io ho immaginato reincarnarsi in un barbone».
da I Viaggi di Repubblica, 24 aprile 2008


di Lucia Madia, 24 aprile 2008

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