tia
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mercoledì 17 settembre 2008
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bello...e noioso!
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Tralasciando la parte colta e tecnica che vedo che è già stata ampiamente discussa nei commenti, mi permetto di fare un commento ignorante ma secondo me essenziale: il film è terribilmente noioso.
Mi ha lasciato la stessa sensazione che si prova quando in un'aula universitaria o a un convegno chi sta parlando alla platea usa un tono smorto e spazia di due secondi una parola dall'altra: noia. Potrebbe anche fare un discorso interessantissimo, ma sarebbe doloroso seguirlo.
E' davvero necessario che un film per essere considerato colto e prendersi un 3/5 dai dizionari faccia addormentare chi non si è bevuto due caffè prima? Senza togliere nulla a tanti aspetti positivi che mi sono piaciuti, ma che come ho detto ho visto già abbastanza discussi.
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Tralasciando la parte colta e tecnica che vedo che è già stata ampiamente discussa nei commenti, mi permetto di fare un commento ignorante ma secondo me essenziale: il film è terribilmente noioso.
Mi ha lasciato la stessa sensazione che si prova quando in un'aula universitaria o a un convegno chi sta parlando alla platea usa un tono smorto e spazia di due secondi una parola dall'altra: noia. Potrebbe anche fare un discorso interessantissimo, ma sarebbe doloroso seguirlo.
E' davvero necessario che un film per essere considerato colto e prendersi un 3/5 dai dizionari faccia addormentare chi non si è bevuto due caffè prima? Senza togliere nulla a tanti aspetti positivi che mi sono piaciuti, ma che come ho detto ho visto già abbastanza discussi.
Io credo che sarebbe stato possibile fare un film che passasse gli stessi messaggi ma che una persona potesse anche consigliare ai suoi amici, senza aspettarsi una telefonata di insulti la mattina dopo.
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(di moro15)
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brigante
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domenica 24 agosto 2008
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un cortometraggio al rallentatore
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L'indubbio talento di Van Sant non e' un buon motivo per incensare qualsiasi cosa proponga: il tema e' poco originale,il cast tremendo;musiche e ralenti a go-go per ottenere una durata accettabile.Sbadiglio assicurato.
Raccogliticcio.
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zigiglio
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giovedì 21 agosto 2008
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mediocre
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Non ho mai visto un film così lento e povero di contenuti, una delusione incredibile. Consigliato solo ed esclusivamente agli amanti del genere...chissà poi di che genere si tratta.
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readcarpet
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martedì 19 agosto 2008
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paranoid park
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Alex è uno skater di Portland: ha sedici anni, si nutre ai fast food, e le sue amiche sono tutte truccate come Avril Lavigne. Un giorno, a Paranoid Park, uccide per sbaglio una guardia notturna della stazione nei pressi.
La prima volta che avevo visto questo film ero rimasto affascinato e sconvolto da questa riproduzione così esasperata eppure così fedele dell’apatia degli adolescenti.
Poveri adolescenti! Si sentono soli, incompresi, è per questo che diventano delinquenti, cominciano a rubare, si drogano, bestemmiano e picchiano i bambini! Dove andremo a finire?!
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare così un qualsiasi psicologo o presunto tale, che teorizza ogni possibile causa di questo cancro della società che sono le insofferenze adolescenziali.
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Alex è uno skater di Portland: ha sedici anni, si nutre ai fast food, e le sue amiche sono tutte truccate come Avril Lavigne. Un giorno, a Paranoid Park, uccide per sbaglio una guardia notturna della stazione nei pressi.
La prima volta che avevo visto questo film ero rimasto affascinato e sconvolto da questa riproduzione così esasperata eppure così fedele dell’apatia degli adolescenti.
Poveri adolescenti! Si sentono soli, incompresi, è per questo che diventano delinquenti, cominciano a rubare, si drogano, bestemmiano e picchiano i bambini! Dove andremo a finire?!
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare così un qualsiasi psicologo o presunto tale, che teorizza ogni possibile causa di questo cancro della società che sono le insofferenze adolescenziali. Problemi che tutti denunciano ma che nessuno ha veramente voglia di affrontare.
Allora il caro vecchio Gus, ci dà una lezione di pedinamento del sedicenne. Alex sembra tonto, a volte, tanto è il suo disinteresse per tutto ciò che lo circonda. Ma non è stupidità, è distacco; il che rende la storia ancora più agghiacciante.
Agghiacciante perché è una storia di omicidi, di indagini, e allo stesso tempo di amore tra ragazzi, di odio tra persone che si amavano e così via. In pratica tutti gli ingredienti per una storia che come minimo dovrebbe emozionare! Ma il primo a non mostrare alcun segno di emozione è proprio lui, Alex.
E a sottolineare la mancanza di emozioni, serve l’apparente spreco di sangue e violenza (ai limiti dello splatter) della scena dell’uccisione.
Un lampo, uno sconvolgimento nella vita di un ragazzo che va a rivoluzionare la sua intera esistenza, viene affrontato dal protagonista stesso con un’indifferenza, con un distacco emotivo che fanno piangere. E non ci stupisce, dopo, vedere sempre lo stesso ragazzo inventarsi una storia per dimostrare di non essere mai stato lì.
Quindi il ragazzo è colpevole di cattiveria gratuita, di “insensibilità nei confronti dei parenti della vittima”? Certo che no.
Gli adulti presenti nel film sono volutamente distanti, a partire dal poliziotto che non ascolta, fino ad arrivare ai genitori (che classe, Gus).
La madre, per non essere troppo oppressiva (o per incapacità di esserlo) non indaga su quello che il figlio fa durante la notte: è distante, quindi inquadrature distanti o di schiena.
Il padre fa di tutto per far capire al figlio la sua disponibilità al dialogo, ma è il primo a non aver capito di cosa il figlio ha bisogno: è confuso, quindi per quasi tutta la scena la sua figura non sarà a fuoco, se non alla fine per mettere in mostra una discreta dose di tatuaggi (segno, dico io, di una gran cura per se stessi).
La colpa di questa apatia è quindi della negligenza degli adulti? Sembra di no, chi si diverte a divorziare?! Nessuno!
Gli amici di Alex non fanno altro che incitarlo a scopare, la ragazza qualche secondo dopo aver reso il nobile servizio pensa bene di andare in bagno a comunicarlo all’amica (“E’ stato fantastico!”).
E’ colpa degli amici stupidi se Alex è apatico? No, sono sulla stessa barca anche loro.
Qui sta la grandezza di Van Sant: pone un problema (in maniera anche molto garbata anche se decisa), ma non ha la presunzione di indicare la retta via a nessuno. “Ognuno prenda i provvedimenti che vuole, ma in questa società c’è qualcosa che non va”, sembra dire. E a me piace così.
Resta da lodare la capacità espressiva (già dette le scene dei genitori, da aggiungere la solitudine dei corridoi della scuola) e quella tecnica (ottime le riprese in super8 degli skater).
Lascia un po’ a desiderare la scelta degli attori non professionisti (cercati su Myspace), anche se molto realistici (viene da chiedersi se il protagonista non sia ritardato, in certi momenti).
Bellissima anche la colonna sonora, che riprende anche le melodie di Amarcord.
Si potrebbe dire che non è un film per tutti i gusti, per gli spettatori più impazienti potrebbe risultare tremendamente noioso ma… c’est la vie, ragazzi miei. Avete sbagliato sala.
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paolo
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lunedì 14 luglio 2008
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gus, non van bene!
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ma dai!! secondo me non è affatto bello!!ditemi in quale parte del film si può notare l'introspezione psicologica dei personaggi??? MAI!
Solo skate, sesso (inutile) e musica!! Non si fa un film così! Mi ha ricordato a tratti Havoc!
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giulia
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venerdì 11 luglio 2008
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la lentezza e l'immagine
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La lentezza della vita e del pensiero; di un pensiero, però, che non viene tradotto in espressione, ma che viene celato al pubblico e lasciato all’interpretazione dell’empatico. Il film non è probabilmente un capolavoro, eppure si colloca nel microcosmo dell’arte cinematografica come un esempio di realismo soggettivo, una forma che appartiene alla realtà ma che può essere passata al vaglio solo dalla finzione. In questo senso si leggono i silenzi del protagonista, la storia che si ripete, esattamente come quando si è chiamati a rievocare, accidentalmente e non, a raccontare e riraccontare. La macchina da presa indugia sulle scene della scrittura, quando il ragazzo siede e riflette, scene che, nella realtà, sono appunto l’emblema di quel che resta della lentezza.
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La lentezza della vita e del pensiero; di un pensiero, però, che non viene tradotto in espressione, ma che viene celato al pubblico e lasciato all’interpretazione dell’empatico. Il film non è probabilmente un capolavoro, eppure si colloca nel microcosmo dell’arte cinematografica come un esempio di realismo soggettivo, una forma che appartiene alla realtà ma che può essere passata al vaglio solo dalla finzione. In questo senso si leggono i silenzi del protagonista, la storia che si ripete, esattamente come quando si è chiamati a rievocare, accidentalmente e non, a raccontare e riraccontare. La macchina da presa indugia sulle scene della scrittura, quando il ragazzo siede e riflette, scene che, nella realtà, sono appunto l’emblema di quel che resta della lentezza. Quel che è dentro, il peso dei fatti, viene sciolto nella parola e poi si perde in un fiamma alimentata da un passato che è messo da parte ormai cosciamente. Tutto il resto è fuori, la ragazza, la madre, la scuola, ma è anche dentro, è dentro il ragazzo, non trapela; forse il volto inespressivo di Alex bambino adolescente nasconde la paura? O forse anche l’omicidio è per lui nulla più se non un evento del passato? E’ un apatico? Non v’è spazio per nessuna lettura univoca. Lo scandaglio del personaggio non esiste, è assente, è lasciato alle coscienze di uomini adulti che possono urlare all’omicidio (come quelli che urlano al capolavoro), che possono sonnecchiare indifferenti (come queli che al cinema s’addormentano), che possono interrogarsi sul senso e sulla responsabilità di questa abulia adolescenziale. Cosa resta a questo spettatore allora? Resta la forma, il movimento cadenzato e spigoloso degli skater, il ritmo lento della culla – tunnel, le prigioni all’aria aperta in cui questo movimento si esplica, resta l’immagine di questo mondo chiuso e lontanissimo che è per il protagonista, invece, un’evasione paranoica da accostarsi all’esperienza della droga. Una droga salubre però, che non lascia dietro di se’ i postumi della crisi d’astinenza. E per questo suo essere una droga leggera che Alex la rifiuta, o meglio la sostituisce, coll’ebbrezza del saltare sui treni merce in corsa, quella sì una droga fatale, consapevolmente o meno.
L’immagine sfocata della vita reale e la nitidezza delle scene più propriamente cinematografiche, come quando il ragazzo cammina lungo il viale alberato, sottolineano il contrasto che c’è tra la percezione e la rappresentazione, l’una vaga, imprecisa, non definita (come quando il ragazzo teme che gli occhi del poliziotto o delle due ragazze lo stiano indagando), l’altra chiara, limpida, perfetta.
Perché dunque, e soprattutto come, il film, che non è un giallo, giacchè la storia è dispiegata nella sua ovvietà sin dall’inizio, riesce a coinvolgere lo spettattore fino alla fine? Vuole questi conoscere l’esito della storia? La colpevolezza palese del ragazzo? L’arresto? La confessione? In questo certamente nasce la delusione di molti, nel fatto che tutto resta in sospeso, non c’è comunicazione tra lo spettatore e il narratore (la macchina da presa). Ed ancora, di nuovo, infine, resta l’immagine, il suono, il desiderio di capire, e la certezza di non sapere.
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sixoclock
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venerdì 11 luglio 2008
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l'attore più inespressivo del mondo
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Tra rimandi indietro e spinte in avanti, il film ci guida nell'universo degli skates con la grazia di un video musicale(che però in un film risulta alquanto noioso), pochi dialoghi, tanti silenzi, la telecamera spesso non segue gli attori, rimane su un punto fisso, o vengono rallentati alcuni momenti in una sorta di estasi mistica con sottofondo musicale felliniano. Nevins totalmente inespressivo, non accenna ne un sorriso ne una lacrima, nemmeno quando fa sesso con la sua ragazza. Ottimo l'incastro di immagini dell'omocidio, bellissime le immagini a rallentatore, sopratutto quella in cui in uno sfondo autunnale Nevins si allontana tra le foglie
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vittorio
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lunedì 7 luglio 2008
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orribile!!
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Mi dite che trovate di bello in questo film?? Patetico, noiosissimo, un finale assurdo e soprattutto nulla di nuovo sotto questo sole...il solito teenager con problemi, un omicidio involontario, tanta falsità per nulla....
Non è che dovete sempre gridare al capolavoro per ogni cagata che fa Gus Van Sant....
Film penoso!!
Da evitare...
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una skater
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venerdì 27 giugno 2008
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se questo è cinema....
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Sinceramente parlando....questo film non ha senso.La trama non ha senso.Non si capisce niente.Si vedono solo tanti tizi che vanno sullo skate...si vabbè,io sn una skater,a me fa piacere vedere qll scene...ma sn messe nel film x quale motivo????Che c'entrano????
Poi la scena più bella il poliziotto mozzato che striscia x terra ancora vivo...cioè...ma qst regista dove l'hanno preso???E quell'idiota apocale del protagonista,Alex...???Bah...se questo è cinema....
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jalieh
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lunedì 16 giugno 2008
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troppo lento
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