carletta
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lunedì 11 febbraio 2008
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ottimo
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Lo spaccato di una realta' dura e commovente.
Davvero un bel film
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(di anna)
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marina
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giovedì 7 febbraio 2008
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da non perdere
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esilarante, emozionante, vero come la realta' piu' vera!!
ben fatto!!
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la discarica delle storie
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giovedì 7 febbraio 2008
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odore di nafta e pesce
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Cous cous tratta della famiglia. E lo fa con stilemi claustrofobici, toni striduli e gracchianti, e chilometri di pellicola. Si sbadiglia, non tutto è chiaro, in certi momenti si prova fastidio fisico per le voci sempre eccessive, per l'ossessiva musica magrebina, per la fronte imperlata di sudore e le imperfezioni del corpo, per il testardo trascorrere dei minuti, per le torrenziali tirate isteriche delle donne. Poi si intuisce una fine tragica. Buio. Titoli di coda. Tutti a casa. E il giorno dopo ci si accorge che è successo qualcosa. Ci si ricorda del pranzo familiare come se ci fossimo stati anche noi e ci annusiamo le dita per cercarne tracce di pesce o della nafta del porto. Il cinema di Kelchiche apparentemente non fa mediazioni, non toglie nulla, non seleziona.
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Cous cous tratta della famiglia. E lo fa con stilemi claustrofobici, toni striduli e gracchianti, e chilometri di pellicola. Si sbadiglia, non tutto è chiaro, in certi momenti si prova fastidio fisico per le voci sempre eccessive, per l'ossessiva musica magrebina, per la fronte imperlata di sudore e le imperfezioni del corpo, per il testardo trascorrere dei minuti, per le torrenziali tirate isteriche delle donne. Poi si intuisce una fine tragica. Buio. Titoli di coda. Tutti a casa. E il giorno dopo ci si accorge che è successo qualcosa. Ci si ricorda del pranzo familiare come se ci fossimo stati anche noi e ci annusiamo le dita per cercarne tracce di pesce o della nafta del porto. Il cinema di Kelchiche apparentemente non fa mediazioni, non toglie nulla, non seleziona. Filma le cose che paiono accadere. Ci invita a vedere insieme a lui. O almeno così pare. Perché tutto sommato Kelchiche nella puzza di nafta e nell'aroma di cefali ci propone un operazione furbetta, dove a passare sullo schermo non è la realtà, alla quale saremmo dispostissimi a credere. Ma una realtà calcolata e costruita, che ci racconta una storia apparentemente tragica, ma in realtà a lieto fine, dove il successo nasce dal collaborare insieme per il bene comune, superando le liti da cortile e le passioni sanguigne del mediterraneo.
Nella famiglia arabo-francese allargata ci riconosciamo tutti. Con pochi ritocchi il copione poteva trasformarsi in una storia di famiglie molisane o napletane e i moli di Sète, che a me fa venire in mente le fantasie lubriche di Brassens, potrebbero essere a Brindisi o a Taranto. Cous cous tratta della famiglia, e lo fa con sequenze a cui ci pare di avere da sempre assistito, a partire dalle domeniche e dalle feste comandate della prima infanzia. E così, indagando camera a spalla le rughe o la pancetta dei personaggi, i seni debordanti e la pelle arrossata, i denti gialli e i brufoletti, Kechiche ci frega, ci fa credere di guardare il mondo vero, ci seduce con richiami odori e sapori delle nostre stesse latitudini, poi ci porta nel suo mondo, e cerca di dirci qualcosa. Da vedere e rivedere la chiacchierata dei pensionati in veranda e l'interminabile pranzo familiare, che non lesina le mani sudicie di cibo, gli spruzzi e le lische di pesce tra i denti. Andate a vedere questo film, c'è molta più intelligenza di quello che sembra.
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spartacus
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mercoledì 6 febbraio 2008
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abominio
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tramonto_rosso
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mercoledì 6 febbraio 2008
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un bel film che evita la facile retorica
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Concordo pienamente con chi ha apprezzato la capacità del film di descrivere la realtà dei lavoratori immigrati senza scadere nella facile retorica o propaganda da due centesimi. Non mancano del resto chiari riferimenti al pregiudizio che permea i rapporti tra francesi e immigrati (anche se questi ultimi sono a tutti gli effetti cittadini francesi) e alla miseria di certa gente “per bene” (mi riferisco alla biondissima moglie dello zelante funzionario in cerca di trasgressione “esotica” con l’immigrato). Ma il giudizio finale spetta allo spettatore, il regista si limita a "registrare" quanto avviene.
Come più volte notato, il limite principale del film sta nella durata eccessiva di alcuni dialoghi (particolarmente snervante il monologo isterico della moglie di Magid) che appesantisce inutilmente un racconto altrimenti godibilissimo.
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Concordo pienamente con chi ha apprezzato la capacità del film di descrivere la realtà dei lavoratori immigrati senza scadere nella facile retorica o propaganda da due centesimi. Non mancano del resto chiari riferimenti al pregiudizio che permea i rapporti tra francesi e immigrati (anche se questi ultimi sono a tutti gli effetti cittadini francesi) e alla miseria di certa gente “per bene” (mi riferisco alla biondissima moglie dello zelante funzionario in cerca di trasgressione “esotica” con l’immigrato). Ma il giudizio finale spetta allo spettatore, il regista si limita a "registrare" quanto avviene.
Come più volte notato, il limite principale del film sta nella durata eccessiva di alcuni dialoghi (particolarmente snervante il monologo isterico della moglie di Magid) che appesantisce inutilmente un racconto altrimenti godibilissimo. Ma i meriti del regista prevalgono decisamente rispetto a questo innegabile limite e dunque il giudizio complessivo non può che essere positivo.
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lukas karl
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martedì 5 febbraio 2008
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un cous cous un po' indigesto
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Ci volevano davvero più di due ore per servire al pubblico questo Cous Cous? Questa la prima domanda che è inevitabile porci all'uscita dalla sala dopo essere stati adeguatamente preparati e "dopati" dalle lodi della critica. Il regista tunisino Abdel Kechiche in alcune scene raggiunge infatti il limite di sopportabilità che vanifica quasi subito l'effetto del "doping" succitato.
Nel contesto dell'area portuale marsigliese Slimane Bejii (un Habib Boufares inizialmente efficace, ma alla lunga un po' troppo ingessato) non accetta la riduzione d'orario impostagli dal suo cantiere e in barba a ogni compromissione borghese decide di intraprendere la strada più difficile: la realizzazione di un ristorante di cous cous su di un'imbarcazione da ristrutturare.
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Ci volevano davvero più di due ore per servire al pubblico questo Cous Cous? Questa la prima domanda che è inevitabile porci all'uscita dalla sala dopo essere stati adeguatamente preparati e "dopati" dalle lodi della critica. Il regista tunisino Abdel Kechiche in alcune scene raggiunge infatti il limite di sopportabilità che vanifica quasi subito l'effetto del "doping" succitato.
Nel contesto dell'area portuale marsigliese Slimane Bejii (un Habib Boufares inizialmente efficace, ma alla lunga un po' troppo ingessato) non accetta la riduzione d'orario impostagli dal suo cantiere e in barba a ogni compromissione borghese decide di intraprendere la strada più difficile: la realizzazione di un ristorante di cous cous su di un'imbarcazione da ristrutturare. Tuttavia, si sà, la burocrazia non concede sconti e forse è meglio provare con un'inaugurazione fatta ad arte per convincere chi di dovere a concedere spazi, permessi e prestiti. In men che non si dica l'intera famiglia di Slimane (che poi sono due) si ritrova coinvolta nell'impresa. Ne rimane fuori solo la nuova compagna del protagonista che però alla fine troverà redenzione dal proprio egoismo preparando in fretta e furia proprio quel cous cous venuto clamorosamente a mancare dalla cucina della barca. Saranno Lei e la figlia, la giovane Rym (interpretata molto bene da Hafsia Herzi), a fare la parte del leone quando il sogno del ristorante sembra andare a picco alla sua prima e fondamentale prova. In fondo la migliore sembra essere proprio Rym, che, per stemperare l'attesa snervante del cous cous smarrito, si inventa una danza del ventre da brivido, ahinoi intervallata dalle penose scene di Slimane indaffarato nell'inseguimento di tre monellacci che gli hanno rubato il motorino. Proprio quest'ultimo punto ci ha suscitato un importante quesito: se Slimane è l'indiscusso protagonista della tormentata vicenda, perchè relegarlo a "scemo della compagnia" (sì, "scemo della compagnia") proprio sul finale del film?
Gli argomenti per costruire un capolavoro, come si vede, non mancavano: la dura realtà della popolazione immigrata, il precariato del lavoro, le inezie della burocraia, le complesse dinamiche familiari. Tutto però sembra sciogliersi nei ritmi di quella danza finale che è comunque memorabile e bellissima.
A nulla valgono, in fondo, fatiche e tenacia senza un po' di fortuna e il giusto apporto della creatività e della musica. Era forse questo il messaggio di Kechiche? Troppo bello per essere vero.
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cinemafans
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lunedì 4 febbraio 2008
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un film che non piacerà..ma piace a me.
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bello e diverso dal solito..volutamente lungo e prolisso come certi pranzi domenicali di famiglia...piacerà a pochi ..come la propria vita.
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salsero
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lunedì 4 febbraio 2008
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noioso... e basta
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Ci sono film che sono noiosi ma artisticamente ben fatti, e film noiosi e basta; questo rientra nella seconda categoria. L'unica scena che vale la pena di vedere, per la sua sensualità, è quella della danza del ventre. Per il resto, il soggetto poteva presentare spunti interessanti, quali la voglia di riscatto di una comunità di immigrati-imprenditori; peccato che a certe tematiche il regista non è riuscito a dare una forma espressiva sensata.
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tisone
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domenica 3 febbraio 2008
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questioni interessanti ma non sviluppate in cuscus
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Vi sono delle idee buone alla base del film: ad esempio il sogno di avviare un'attività indipendente dopo una vita di lavoro duro in cantiere, o anche le dinamiche tra le due famiglie tra cui si muove l'uomo... ma non mi sembrano abbastanza sviluppate nonostante la lunghezza del film e la sua mancata conclusione. Certo la tecnica e l'impegno di regista e attori sono di buon livello.
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daniel
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domenica 3 febbraio 2008
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a chi è piaciuto
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appello: a chi è piaciuto, gli dià cinque stelle! segnalatelo, o chi cerca consiglio rimarrà paralizzato dalla media.. d'altronde una valanga di ragazzette da cinque stelle a tre metri sopra il cielo.. penso che anche i detrattori siano d'accordo che questo film è in ogni caso migliore!
[+] no
(di sir ace)
[ - ] no
[+] si
(di reiner werner)
[ - ] si
[+] five stars
(di gaetan 72)
[ - ] five stars
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