angela
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domenica 20 gennaio 2008
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gli occhi tristi di slimane!
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lo sguardo di Slimane: occhi tristi, spenti e quasi indifferenti alla vita...una madre che copre le nefandezze del figlio come se fosse la cosa più normale del mondo...nel film c'è l'insoddisfazione dei nostri giorni e la convinzione che il nostro destino non possiamo cambiarlo...Slimane che rincorre i 3 ragazzi sulla sua moto fino allo sfinimento..fino alla morte!!
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l
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domenica 20 gennaio 2008
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un film lento, inguardabile
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3 ore di inutile angoscia. Un film lento, inguardabile.
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pcat
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domenica 20 gennaio 2008
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che film angosciante e inutilmente lungo
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Film inutilmente lungo, molte scene di vita domestica (la pipì dela bambina, il couscous domestico, la rabbia della moglie tradita, la danza del ventre finale...)potevano essere ben abbreviate!
E poi ho trovato proprio malfatto ed irritante il doppiaggio.
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gero
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domenica 20 gennaio 2008
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uno di qui film che ti rimangono in testa per tutt
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Triste triste triste. Ma uno di qui film che ti rimangono in testa per tutta la settimana. Sicuramente da vedere.
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raimon.dino
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domenica 20 gennaio 2008
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irritante
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un film a momenti irritante, di una lentezza esasperante e privo di contentuti.
Dialoghi ripetitivi assolutamente privi di consistenza e (ripeto) IRRITANTI al punto da far scappare gli spettatori dalle sale di proiezione.
Non si capisce cosa il regista abbia voluto raccontare forse, come si intuisce in questo film, che gli immigrati in francia siano stupidi superficiali e votati alla improvvisazione?
Morale ... il film NON è da vedere.
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mm
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sabato 19 gennaio 2008
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eccellente e basta
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(di ghyuio)
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everyone
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sabato 19 gennaio 2008
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un'occasione mancata
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Ritratto di una famiglia molto allargata in piu' interni e allora ???
Le intenzioni erano buone far capire la crisi di una generazione (quella dei sessantenni a cui anche io appartengo) dovuta lavooro che non c'è piu
ai rapporti famigliari complessi e forse mai del tutto risolti in bilico tra il prima ed il presente e la voglia di farcela anche con l'aiuto degli altri (coetanei o no).
Il problema è come tutto ciò è stato risolto cinematograficamente parlando che provoca nello spettatore medio credo il desiderio dopo una ventina di minuti di alzarsi ed andarsene a passare il tempo altrove.
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f. scaroni
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venerdì 18 gennaio 2008
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devastante
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Uno dei film più brutti che abbia mai visto in vita mia. Avrebbe potuto essere un ottimo corto di non più di un quaro d'ora. Purtroppo il regista non ci ha risparmiato quasi nulla in due ora e mezza di dialoghi ripetitivi fino allo spasimo, scene da mal di testa e trama assolutamente inesistente. Forse il finale improvviso è l'unica grazia che ci ha concesso l'autore. Per favore non andate a vederlo.
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dott.ssa r. langiulli
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giovedì 17 gennaio 2008
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il vero protagonista di una trama inconsistente
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Splendido ritratto della vita di immigrati più o meno integrati in Francia, Cous-cous più che un film drammatico appare agli occhi dello spettatore come un lungo documentario estremamente realistico la cui macchina da presa più che creare il film all’interno della scena, appare come ospite indiscreto tra i discorsi di una famiglia di origini nordafricane che tra invidie, frustrazioni e tentativo di emergere, conduce la sua vita sullo sfondo di una Marsiglia delineata a squallide pennellate.
Il protagonista della vicenda, Slimane Beiji, un sessantenne che vuole intraprendere un’attività commerciale con l’unica risorsa in suo possesso (il cous-cous), è l’unico la cui vicenda tesse le fila di una trama inconsistente, di un copione che pur essendoci (anche se a tratti si ha davvero l’impressione che gli attori stiano improvvisando) sembra annacquato a forza con discorsi interminabili, battute ripetute e fastidiose voci che si sovrappongono, che rendono noioso e a tratti snervante la visione.
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Splendido ritratto della vita di immigrati più o meno integrati in Francia, Cous-cous più che un film drammatico appare agli occhi dello spettatore come un lungo documentario estremamente realistico la cui macchina da presa più che creare il film all’interno della scena, appare come ospite indiscreto tra i discorsi di una famiglia di origini nordafricane che tra invidie, frustrazioni e tentativo di emergere, conduce la sua vita sullo sfondo di una Marsiglia delineata a squallide pennellate.
Il protagonista della vicenda, Slimane Beiji, un sessantenne che vuole intraprendere un’attività commerciale con l’unica risorsa in suo possesso (il cous-cous), è l’unico la cui vicenda tesse le fila di una trama inconsistente, di un copione che pur essendoci (anche se a tratti si ha davvero l’impressione che gli attori stiano improvvisando) sembra annacquato a forza con discorsi interminabili, battute ripetute e fastidiose voci che si sovrappongono, che rendono noioso e a tratti snervante la visione.
Si tratta di un film corale, raccontato a più voci, che nonostante il nobile intento di raccontare il dramma di immigrati sfruttati e alle prese con un sogno imprenditoriale, sarebbe potuto essere rappresentato in modo diverso, lasciando all’immaginazione tanti discorsi oziosi e dispersivi.
Meritevole l’interpretazione degli attori, tuttavia il regista più che far recitare a memoria il copione avrebbe potuto lasciare più campo alle riprese dei volti dei personaggi e far parlare l’espressività dei loro occhi.
Si sarebbe potuto dare un taglio a tante scene che, purtroppo pretendono di rappresentare la drammaticità con il patetico (vedi la scena del furto del motorino, o i pianti disperati della moglie di Magid).
Unico vero momento drammatico ed avvincente è quello della ricerca del cous-cous smarrito, in cui tutta la famiglia fa del suo meglio per intrattenere gli ospiti compresa la compagna del protagonista e sua figlia che, pur presentandosi come elemento di rottura dell’armonia familiare, ne risollevano le sorti imprenditoriali. Stupenda l’interpretazione della danza del ventre della giovanissima attrice Hafsia Herzi, la vera rivelazione del Festival del cinema di Venezia.
Tuttavia, il film merita di essere visto per la pregnanza dei suoi contenuti, nonostante andrebbe rifatto nella sua forma. Il cous-cous resta il vero protagonista della storia, l’unica ricchezza, l’unica risorsa e metafora delle origini, l’unica certezza dei personaggi.
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(di mari)
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enzo
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giovedì 17 gennaio 2008
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kechiche conferma le sue qualità
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Convinto da una critica entusiasta, sono andato al cinema vedere Cous Cous. Avevo già visto La Schivata e Tutta Colpa di Voltaire, e posso dire che con questo film Kechiche si conferma uno dei registi piu' sopravvalutati ed inetti degli ultimi anni. Dopo un'ora in sala ogni gesto, parola, movimento della macchina da presa, risulta insopportabile. Per salvarmi dal suicidio, ho chiuso gli occhi e ho ripensato alle sequenze de "La Promessa dell'assassino", che avevo visto solo due giorni prima. Quello si un grande film, diretto da un vero regista.
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(di ghyuio)
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