Dieci anni, la delusione del fratellino che non arriva
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Il film di Pietro Reggiani, L'estate di mio fratello, ha faticato a trovare un varco di uscita malgrado ottime accoglienze ai festival. E' il delicato ritratto, che induce a evocare Truffaut, di un ragazzino sui dieci anni durante la vacanza estiva con mamma e papà sulle colline venete nell'anno 1970. L'intreccio tra genuina liberalità dei due genitori e condizionamenti di un'educazione un po' bigotta da Veneto bianco, produce un messaggio che investe - contraddittorio e destabilizzante - il loro piccolo. Che già di suo evade dalla realtà nei suoi fantasiosi giochi solitari.
L'annunciata possibilità dell'attesa di un fratellino trasforma i giochi del bambino - nei quali la presenza del fratellino si materializza - in efferate persecuzioni ai danni dell'indesiderato. Ma quando il tenore delle fantasie muta di segno e il piccolo protagonista si accorge che i suoi giochi diventerebbero molto più divertenti se condivisi, arriva il contrordine: il fratellino non c'è più. Senza che il ragazzino si renda conto di che cosa è una gravidanza interrotta, dopo quella vacanza non sarà più lo stesso.
Il film arriva al pubblico grazie a un'idea. Per aggirare le difficoltà che ha una piccola produzione a trovare distribuzione, ci si è inventati la formula di "SelfCinema". Si crea una rete di sottoscrittori cui viene ceduta una quota di titolarità distributiva e si crea una base finanziaria da offrire ai proprietari di sale che così garantiranno un certo numero di giorni di programmazione. Ingegnoso ed efficace.
Da La Repubblica, 11 maggio 2007
di Paolo D'Agostini, 11 maggio 2007
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