The Majestic |
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Un film di Frank Darabont.
Con Jim Carrey, Martin Landau, Laurie Holden, Bruce Campbell, Frank Collison.
continua»
Drammatico,
durata 152 min.
- USA 2001.
MYMONETRO
The Majestic
valutazione media:
3,25
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Tutto giova.di RescartFeedback: 8315 | altri commenti e recensioni di Rescart |
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sabato 14 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Questo film strizza l’occhio a una prassi che è vecchia quanto il mondo, quella di costruire accuse inesistenti o risibili intorno a personaggi più o meno pubblici, attuali o future promesse del mondo dello spettacolo. Forse si doveva bloccare la carriera di qualunque potesse in futuro ambire ad una visibilità politica? Guarda caso quella a cui ambiva Ronald Reagan, che a differenza dello sceneggiatore di bocca buona protagonista del film, poteva vantare una fedeltà inossidabile alla causa capitalistica e neo-liberista. Come poi dimostrò nelle sue scelte politiche. Il pensiero non può fare a meno di andare all’attualità del nostro paese dove si grida alla persecuzione giudiziaria quando un deputato viene accomunato ad altri anonimi 56 cittadini con l’assurda pretesa di trattarlo alla stessa maniera. Mi riferisco alla carcerazione preventiva negata dal Palamento per Cosentino ma automaticamente concessa per coloro che, a parere di chi di competenza, si trovavano nella sua stessa identica situazione, tranne che per lo status sociale di onorevole. A ben vedere l’argomentazione centrale di questo atteggiamento discriminatorio e anacronistico (l’immunità era presente nella Costituzione come ricordo di quanto fatto dal regime fascista nei confronti degli oppositori politici) sta nella persecuzione politica che certa magistratura politicizzata metterebbe in atto nei confronti di una sola parte politica. Argomentazione regolarmente demolita dai casi di “persecuzione politica” di segno opposto di politici “comunisti” (o almeno lo sarebbero stati per Joseph McCarthy), al salvataggio dei quali si prodigano in modo “bipartisan” i loro colleghi. In ultima analisi si può affermare che la libertà di opinione rivendicata nel film da Peter con il suo sfogo davanti alla corte, da noi si è degradata al livello di possibilità di avere rapporti con elementi poco raccomandabili, come dimostrano le intercettazioni. Ma con un vulnus al principio costituzionale sempre valido di uguaglianza fra i cittadini. E con un’aggravante, che tale immunità vale solo per chi ha più potere e quindi con la sua connivenza può fare più danni all’economia e alla società: i parlamentari. Insomma il tema è quello della casta, anche quella degli sceneggiatori, a cui Peter ha rischiato di far parte, con il suo inevitabile grado di accondiscendenza untuosa che mina alla base il principio del merito. Chissà che da manager e bigliettaio di una sala cinematografica di provincia non riesca a sfondare lo stesso come sceneggiatore, evitando la banalità di tanti film solo commerciali. Non si dice forse che il miglior scrittore è colui che ha saputo dimenticare la sua identità per vestire totalmente i panni dei personaggi che racconta? Peter sperimenta questa modalità la prima volta solo involontariamente, la seconda volta volontariamente.
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