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Mi azzarderei a fare un accostamento con Match point di W. Allen, perché in entrambi i film i registi fanno ampio ricorso ai fucili da caccia, rumorosi quanto improbabili. Ma se nel film di Allen è lo stesso amante fedifrago che s'incarica di fare fuori l'aspirante moglie, qui il compito è delegato al paesano con troppa fiducia nella sua mira.
In entrambi i film comunque i conti non tornano, da un punto di vista logico in Match point, perché scegliere il fucile da caccia per fare fuori due persone pure a distanza di tempo a Londra, senza che nessuno lo noti, è inverosimile; da un punto di vista aritmetico in questo film perché alla fine si contano quattro teli bianchi sulla piazza del paese mentre le vittime sono cinque. Evidentemente certi registi, che non si considerano abili mestieranti capaci solo di mettere in scena i romanzi di Agatha Christie, cercano con i loro film di fare leva su temi più universali come l'adulterio ed il suo opposto, ovvero la fedeltà coniugale. Anche in una società apparentemente emancipata come la Londra del XXI secolo, il peccato più grave è proprio quello che commette il personaggio simbolo dell'immaginario collettivo ebreaico: il re Davide. Allen fa leva su questa fissazione tutta occidentale, che altre culture hanno invece posto come pagliuzza in confronto alla trave e che nella cultura, ebraica, è incarnata dal re Saul; Alemà fa qualcosa di simile, ma rimane su livelli incommensurabilmente inferiori a quelli del maestro di Manhattan.
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