dandy
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mercoledì 5 maggio 2021
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nessuna coscienza.
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Thriller d'atmosfera con venature horrorifiche palanskiane dalla rivelazione finale non proprio originalissima,ma riuscito nel creare un clima sinistro e ostile grazie all'ambientazione in una sconosciuta città dell'Est(le riprese si svolsero a Praga e Zagabria)in piena cortina di ferro.E il destino del protagonista,del quale lo svolgimento è un flashback,è agghiacciante.Notevoli musiche di Ennio Morricone.Non tutto il cast è sfruttato a dovere,a partire da Adorf e dalla Thulin.Diventato un cult di genere nel tempo.
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stephen k.
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martedì 12 marzo 2013
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un ottimo thriller-noir
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In questo film Aldo Lado riconferma la sua bravura nel genere thriller-noir, anche se questa sua opera cinematografica ha alcune lacune. La scenggiatura è un po' piatta e asciutta e gli interpreti lasciano un po' a desiderare, tranne Jean Sorel e Ingrid Thulin che dimostrano di essere attori capaci. Ottima fotografia e trama e struttura narrativa cariche di tensione che portano ad un finale sorprendente. Ma dopo tutto, resta comunque un buon film.
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nino p.
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lunedì 16 febbraio 2009
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la corte notte dell'angoscia claustrofobica
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Questo film mi è sempre rimasto impresso nella memoria. Lo vidi circa 30 anni fa alla televisione, poi niente più. Scivolato nel dimenticatoio. Fortunatamente in questi ultimi anni sono riuscito a recuperarlo in DVD e ho rivissuto le stesse suggestive sensazioni di un tempo. Certo, le generazioni moderne, abituate agli splatter ed ai films carichi di azione, assolutamente non sono in grado di apprezzare un film di altri tempi. Ormai non si è più abituati nel lasciarsi andare alla riflessione, alla fantasia. Adesso si guarda e basta. Ed invece basterebbe poco per riuscire a considerare, invece, "La corta notte..." un film dal raro e squisito effetto realistico e nel quale, provandoci ad immedesimarci nell'agghiacciante situazione del protagonista, in stato di morte apparente, non possiamo non provare un senso di angosciante claustrofobia.
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Questo film mi è sempre rimasto impresso nella memoria. Lo vidi circa 30 anni fa alla televisione, poi niente più. Scivolato nel dimenticatoio. Fortunatamente in questi ultimi anni sono riuscito a recuperarlo in DVD e ho rivissuto le stesse suggestive sensazioni di un tempo. Certo, le generazioni moderne, abituate agli splatter ed ai films carichi di azione, assolutamente non sono in grado di apprezzare un film di altri tempi. Ormai non si è più abituati nel lasciarsi andare alla riflessione, alla fantasia. Adesso si guarda e basta. Ed invece basterebbe poco per riuscire a considerare, invece, "La corta notte..." un film dal raro e squisito effetto realistico e nel quale, provandoci ad immedesimarci nell'agghiacciante situazione del protagonista, in stato di morte apparente, non possiamo non provare un senso di angosciante claustrofobia. Soprattutto per l'orrendo risvolto del finale. Indimenticabile.
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vincenzo carboni
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domenica 9 novembre 2008
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la pelle bianca di barbara bach
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‘La corta notte’ é una storia dove si intrecciano generi diversi (horror, thriller, spy story), ma si tratta solo della tessitura di una rete narrativa in grado di catturare lo spettatore per condurlo li dove il regista vuole portarlo. Dal momento in cui le luci si spengono Lado ci getta dentro l’orrore (questo sì) della Jugoslavia comunista. Barbara Bach viene rapita misteriosamente. Jean Sorel non vuole farsi una ragione della sua scomparsa. Il montaggio secondo un tempo non lineare ci conduce avanti e indietro nella storia, ci permette di vedere Sorel vittima di una morte solo apparente. Combatte per comunicare ai vivi il suo stato di veglia, ma i suoi occhi restano vuoti. Rappresentazione terribile del totalitarismo (Sorel é un giornalista americano di una agenzia di stampa che lavora a Zagabria), il film é pervaso di colori sbiaditi, polverosi, tra i quali risaltano gli occhi azzurri di Sorel e la pelle straordinariamente bianca della Bach.
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‘La corta notte’ é una storia dove si intrecciano generi diversi (horror, thriller, spy story), ma si tratta solo della tessitura di una rete narrativa in grado di catturare lo spettatore per condurlo li dove il regista vuole portarlo. Dal momento in cui le luci si spengono Lado ci getta dentro l’orrore (questo sì) della Jugoslavia comunista. Barbara Bach viene rapita misteriosamente. Jean Sorel non vuole farsi una ragione della sua scomparsa. Il montaggio secondo un tempo non lineare ci conduce avanti e indietro nella storia, ci permette di vedere Sorel vittima di una morte solo apparente. Combatte per comunicare ai vivi il suo stato di veglia, ma i suoi occhi restano vuoti. Rappresentazione terribile del totalitarismo (Sorel é un giornalista americano di una agenzia di stampa che lavora a Zagabria), il film é pervaso di colori sbiaditi, polverosi, tra i quali risaltano gli occhi azzurri di Sorel e la pelle straordinariamente bianca della Bach. I vecchi notabili di regime assumono le forme grottesche di manichini morti; o forse, sì, di quei morti adagiati nei letti di famiglia, pietosamente ma grottescamente truccati in viso per l’ultima apparizione allo spettacolo della veglia funebre. ‘La corta notte’ é un film di vampirismo, ma non dei vampiri di cui abbiamo amato la disperata e sofferta solitudine, ma di quel vampiro che Riccardo Freda ha rivisitato molto bene nel suo splendido ‘I vampiri’ del 1957: “Essere vampiro significa vivere accanto a qualcuno estremamente più giovane di noi per succhiarne, senza che lui o lei se ne avveda, il meglio: intelligenza, spirito vitale e sopratutto freschezza di idee, di sentimenti, di reazioni”. Il vampiro di Lado non é più solo, non é più disperato, ha eletto la sua condizione a ‘sistema di stato’, ora é il principe rosso (o ‘nero’ che dir si voglia) che prende la forma del burocrate, del notabile di partito, del grigio funzionario d’apparato, in una parola di colui che non ha mai vissuto, che non ha mai amato. L’assenza di desiderio prende tuttavia le forme di vizi privati che fanno da contraltare alle pubbliche virtù della rispettabilità al potere. La scena del rito orgiastico ci mostra carni spettrali abbeverarsi a quella gioventù, a quella energia che appartiene a chi é giovane. La sessualità predata é la fonte che rende vivi quei ‘non morti’. E’ loro necessaria esattamente come per il vampiro é necessario il colore e il gusto del sangue. Ma essendo privi di un naturale sentimento, essendo irrimediabilmente vecchi, devono predare l’energia sessuale da una giovane che ne é dotata perché bella, perché vitale, perché ancora non corrotta. Era Adriano Sofri qualche tempo fa ad affermare che il conflitto oggi non é tra nord e sud, tra poveri e ricchi, ma tra chi é giovane e chi é irrimediabilmente vecchio. ‘La corta notte’ é in realtà l’icona disperata di questa lotta. Da una parte un mondo vecchio che non vuole morire, dall’altra l’immagine tenerissima di quella coppia di ragazzi che Lado ci mostra rubarsi un bacio nascosti tra gli scaffali di una biblioteca fatiscente. L’urlo finale di Ingrid Thulin con cui si conclude il film é raccapricciante. La sala si fa vuota. Qualcuno rimane a leggere i titoli di coda. Le facce, uscendo, guardano fuori, verso il marciapiede. E’ ancora giorno, e i colori di Roma sono vividi come non li ho mai visti prima.
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mauri 67
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domenica 14 settembre 2008
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noia devastante
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La corta notte delle bambole di vetro è un film lento e noioso,da salvare le sole scene in obitorio,ma è troppo poco,per considerare questo film un capolavoro,anzi...
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