Sacco e Vanzetti |
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Un film di Giuliano Montaldo.
Con Gian Maria Volonté, Riccardo Cucciolla, Rosanna Fratello, Armenia Balducci, Sergio Fantoni.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 111 min.
- Italia, Francia 1971.
MYMONETRO
Sacco e Vanzetti
valutazione media:
3,56
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'incubo del bianco e nerodi Gianni LuciniFeedback: 29144 | altri commenti e recensioni di Gianni Lucini |
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domenica 6 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il bianco e nero apre e chiude il film. Prima dei titoli di testa, prima ancora che la tremenda esperienza di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti abbia inizio, lo spettatore si ritrova proiettato in un mondo da incubo, con la polizia impegnata in retate, violenze e deportazioni di immigrati. Sono scene in bianco e nero che sembrano richiamare quelle di Intolerance, il grande affresco antirazzista e pacifista di David Wark Griffith. Sono un pugno di sequenze che colpiscono allo stomaco lo spettatore e lo proiettano direttamente nel clima degli Stati Uniti degli anni Venti più e meglio di una lunga e dotta introduzione narrata. Il bianco e nero torna ancora alla fine, quando i due anarchici vengono giustiziati. La sua luce vivida accompagna prima Sacco e poi Vanzetti sulla sedia elettrica mostrando infine le scene, vere e rubate ai filmati d’epoca, delle manifestazioni di protesta che in tutto il mondo accompagnano il loro martirio. Cuore e ragione vanno di pari passo nella scelta narrativa di Montaldo che nel solco della grande tradizione del cinema d’impegno civile italiano, più che sugli effetti punta sulla capacità attrattiva e sulla forza drammatica dei fatti raccontati. Il pubblico vive la vicenda identificandosi nelle emozioni di ciascuno dei due protagonisti. Gian Maria Volontè che ha dato voce e volto a entrambi visto che in teatro è stato Nicola Sacco e nel film Bartolomeo Vanzetti così racconta le caratteristiche dei due personaggi sulla scena: «È proprio la natura dei due a essere diversa.... Vanzetti era un militante, un anarchico che aveva fatto e maturato scelte di fondo acquisendo una capacità di leggere politicamente la realtà. Sacco è più introverso e fragile.». Giuliano Montaldo lavora molto proprio su questi caratteri. Il mondo di Sacco è filtrato attraverso la sua condizione personale mentre quello del suo compagno si appoggia alla solidità delle letture e della dottrina. Proprio per le loro sostanziali differenze i due personaggi finiscono per integrarsi a vicenda rendendo così fluida e affascinante la narrazione filmica. Giuliano Montaldo racconta di aver pensato per la prima volta a un film su Sacco e Vanzetti all’inizio degli anni Sessanta dopo aver assistito a una rappresentazione dell’omonimo dramma teatrale scritto da Mino Roli e Luciano Vincenzoni. «Conoscevo la storia di Sacco e Vanzetti ma non l’avevo mai approfondita. Dopo averla vista a teatro ho cominciato a studiare il quadro storico e politico nel quale si sviluppa la vicenda...». Pian piano prende forma il soggetto di un film, ma senza un produttore sembra destinato a restare nel fondo di un cassetto. La sorte invece decide diversamente mettendo sulla strada di Montaldo la Jolly Film di Arrigo Colombo e Giorgio Papi, la casa di produzione che con Sergio Leone ha “inventato” il western all’italiana. Della storia dei due anarchici finiti innocenti sulla sedia elettrica si innamora proprio Colombo che anni prima si è rifugiato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali del fascismo e ha imparato l’inglese sul testo delle lettere scritte da Bartolomeo Vanzetti. Il resto è storia nota. Il film ottiene un successo straordinario in tutto il mondo e contribuisce a riportare all’attenzione dell’opinione pubblica il caso dei due anarchici italiani dando nuova forza alle voci che ne chiedono la riabilitazione postuma.
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