nicolas bilchi
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sabato 19 febbraio 2011
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sacco e vanzetti.
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"Sacco e Vanzetti" è uno straordinaria opera sull'intolleranza, sia politica che razziale, narrate attraverso la tragedia dei due immigrati italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti che nel 1920 furono falsamente accusati di omicidio di primo grado e rapina a mano armata e poi, nel 1927, giustiziati sulla sedia elettrica. Nel 1977, anche grazie all'azione di denuncia del film di Montaldo, all'anima di questi due martiri dell'era moderna è stata restituita una simbolica ma effimira dignità con il riconoscimento ufficiale della tendenziosità del processo. Narrando di un evento storico ben noto agli spettatori, Montaldo non vuole curarsi di presentare psicologicamente i personaggi e perciò incentra tutto il film sul processo; con un minutaggio maggiore, che assolutamente non sarebbe stato eccessivo o forzato, il regista avrebbe potuto concentrarsi più approfonditamente anche sulla vita privata dei due personaggi, ma evidentemente non era questo il suo scopo: egli cerca invece, con un sottile ma esplicito senso di disprezzo verso la società americana di quegli, di risalire alle cause che hanno permesso che si realizzasse un crimine di tale portata, dimentico di ogni valore della vita umana e dei diritti fondamentali che, con retorica e ipocrisia, si dice di riconoscere a tutti gli uomini.
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"Sacco e Vanzetti" è uno straordinaria opera sull'intolleranza, sia politica che razziale, narrate attraverso la tragedia dei due immigrati italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti che nel 1920 furono falsamente accusati di omicidio di primo grado e rapina a mano armata e poi, nel 1927, giustiziati sulla sedia elettrica. Nel 1977, anche grazie all'azione di denuncia del film di Montaldo, all'anima di questi due martiri dell'era moderna è stata restituita una simbolica ma effimira dignità con il riconoscimento ufficiale della tendenziosità del processo. Narrando di un evento storico ben noto agli spettatori, Montaldo non vuole curarsi di presentare psicologicamente i personaggi e perciò incentra tutto il film sul processo; con un minutaggio maggiore, che assolutamente non sarebbe stato eccessivo o forzato, il regista avrebbe potuto concentrarsi più approfonditamente anche sulla vita privata dei due personaggi, ma evidentemente non era questo il suo scopo: egli cerca invece, con un sottile ma esplicito senso di disprezzo verso la società americana di quegli, di risalire alle cause che hanno permesso che si realizzasse un crimine di tale portata, dimentico di ogni valore della vita umana e dei diritti fondamentali che, con retorica e ipocrisia, si dice di riconoscere a tutti gli uomini. Siamo poco tempo dopo la Rivoluzione d'Ottobre, un evento storico dall'enorme portata che aumenterà la potenza (e quindi la "pericolosità" dal punto di vista borghese conservatore) delle ideologie comuniste applicate al proletariato e, più in generale, a tutti i poveri e gli oppressi del mondo occidentale. Ecco perchè, nel momento in cui le deportazioni ufficiali di bolscevichi e anarchici appaiono eccessivamente in contrasto col rispetto di quei diritti umani dei quali l'America si fa difensore, si finge un cambiamento democratico che poi si rivela, nel dramma di Sacco e Vanzetti, nient'altro che un nascondere la stessa intolleranza e crudeltà dietro le fitte maschere della legalità. Nel caso specifico i due accusati sono anarchici, immigrati ed operai, perciò quale migliore capro espiatorio per inaugurare la politica del terrore anti-bolscevica e xenofoba portata avanti dagli USA? Eppure, e forse in questo sta l'unica, ma labile speranza del regista, la morte di due uomini crea due simboli, quello dell'innocenza che, proprio per la sua impossibilità di difendersi, viene perseguitata senza pietà, e della corruzione e assoluta malvagità di chi detiene il potere. Ma tutto ciò è nulla di fronte al dolore di un padre che senza alcuna colpa è condannato a non rivedere mai più la moglie e il figlio ancora bambino. Montaldo ha creato un'opera profonda, forse a tratti monocorde nelle lunghe sequenze del processo, ma dotata di una carica idelogica e patetica profondissima, in grado di scuotere profondamente lo spettatore per il modo limpido e brutale con cui viene presentato un evento di tale gravità; inutile sottolineare la strepitosa prova dei due protagonisti, che tuttavia non cercano mai di rubarsi la scena, ed anzi lavorano in ottima simbiosi, accompagnati poi da una messe di attori minori ma assolutamente molto dotati e compatti, il che è fondamentale in un'opera in cui l'azione è ridotta a zero e tutto è affidato alla potenza del discorso e delle parole.
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luca scialò
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lunedì 18 luglio 2011
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la triste storia di sacco e vanzetti
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Boston, 1920. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti sono due italiani immigrati da oltre un decennio negli Usa con l'intento, come tanti altri milioni di loro connazionali, di costruirsi una vita dignitosa. Svolgono lavori umili, il primo è un operaio, il secondo un pescivendolo, ma sono anche politicamente impegnati come anarchici e anti-capitalisti. Durante una retata in una sezione operativa dei lavoratori, i due riescono a scappare ma vengono trovati su un treno e accusati di una rapina ad una banca che non hanno commesso. Il processo nei loro riguardi, più che un processo penale, è un processo politico. Quella della rapina diventa un pretesto, per il sistema americano pseudo-democratico, di attestare un duro colpo alla classe operaia in fermento.
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Boston, 1920. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti sono due italiani immigrati da oltre un decennio negli Usa con l'intento, come tanti altri milioni di loro connazionali, di costruirsi una vita dignitosa. Svolgono lavori umili, il primo è un operaio, il secondo un pescivendolo, ma sono anche politicamente impegnati come anarchici e anti-capitalisti. Durante una retata in una sezione operativa dei lavoratori, i due riescono a scappare ma vengono trovati su un treno e accusati di una rapina ad una banca che non hanno commesso. Il processo nei loro riguardi, più che un processo penale, è un processo politico. Quella della rapina diventa un pretesto, per il sistema americano pseudo-democratico, di attestare un duro colpo alla classe operaia in fermento.
La storia di Sacco e Vanzetti scuote e sdegna tutt'oggi. Il modo in cui furono processati in modo sommario e pretestuoso da quel Paese che si professava e si professa ancora come quello democratico per eccellenza, ha lasciato un segno indelebile per quasi un secolo. Intense le interpretazioni di Gian Maria Volontè (premiato a Cannes) e Riccardo Cucciola, rispettivamente nel ruolo di Vanzetti e Sacco. Entrambi riescono a dare il giusto tocco ai due protagonisti: estroverso e esplosivo il primo, introverso e pensieroso il secondo. Due modi diversi per perseguire la lotta operaia, che come disse lo stesso Vanzetti, con la loro tragica e ingiusta morte si avvaleva di due simboli capaci di sopravvivere a quelle istituzioni che, annullandone il corpo, non sono riusciti a cancellarne la memoria.
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gianni lucini
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domenica 6 novembre 2011
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l'incubo del bianco e nero
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Il bianco e nero apre e chiude il film. Prima dei titoli di testa, prima ancora che la tremenda esperienza di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti abbia inizio, lo spettatore si ritrova proiettato in un mondo da incubo, con la polizia impegnata in retate, violenze e deportazioni di immigrati. Sono scene in bianco e nero che sembrano richiamare quelle di Intolerance, il grande affresco antirazzista e pacifista di David Wark Griffith. Sono un pugno di sequenze che colpiscono allo stomaco lo spettatore e lo proiettano direttamente nel clima degli Stati Uniti degli anni Venti più e meglio di una lunga e dotta introduzione narrata. Il bianco e nero torna ancora alla fine, quando i due anarchici vengono giustiziati.
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Il bianco e nero apre e chiude il film. Prima dei titoli di testa, prima ancora che la tremenda esperienza di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti abbia inizio, lo spettatore si ritrova proiettato in un mondo da incubo, con la polizia impegnata in retate, violenze e deportazioni di immigrati. Sono scene in bianco e nero che sembrano richiamare quelle di Intolerance, il grande affresco antirazzista e pacifista di David Wark Griffith. Sono un pugno di sequenze che colpiscono allo stomaco lo spettatore e lo proiettano direttamente nel clima degli Stati Uniti degli anni Venti più e meglio di una lunga e dotta introduzione narrata. Il bianco e nero torna ancora alla fine, quando i due anarchici vengono giustiziati. La sua luce vivida accompagna prima Sacco e poi Vanzetti sulla sedia elettrica mostrando infine le scene, vere e rubate ai filmati d’epoca, delle manifestazioni di protesta che in tutto il mondo accompagnano il loro martirio. Cuore e ragione vanno di pari passo nella scelta narrativa di Montaldo che nel solco della grande tradizione del cinema d’impegno civile italiano, più che sugli effetti punta sulla capacità attrattiva e sulla forza drammatica dei fatti raccontati. Il pubblico vive la vicenda identificandosi nelle emozioni di ciascuno dei due protagonisti. Gian Maria Volontè che ha dato voce e volto a entrambi visto che in teatro è stato Nicola Sacco e nel film Bartolomeo Vanzetti così racconta le caratteristiche dei due personaggi sulla scena: «È proprio la natura dei due a essere diversa.... Vanzetti era un militante, un anarchico che aveva fatto e maturato scelte di fondo acquisendo una capacità di leggere politicamente la realtà. Sacco è più introverso e fragile.». Giuliano Montaldo lavora molto proprio su questi caratteri. Il mondo di Sacco è filtrato attraverso la sua condizione personale mentre quello del suo compagno si appoggia alla solidità delle letture e della dottrina. Proprio per le loro sostanziali differenze i due personaggi finiscono per integrarsi a vicenda rendendo così fluida e affascinante la narrazione filmica. Giuliano Montaldo racconta di aver pensato per la prima volta a un film su Sacco e Vanzetti all’inizio degli anni Sessanta dopo aver assistito a una rappresentazione dell’omonimo dramma teatrale scritto da Mino Roli e Luciano Vincenzoni. «Conoscevo la storia di Sacco e Vanzetti ma non l’avevo mai approfondita. Dopo averla vista a teatro ho cominciato a studiare il quadro storico e politico nel quale si sviluppa la vicenda...». Pian piano prende forma il soggetto di un film, ma senza un produttore sembra destinato a restare nel fondo di un cassetto. La sorte invece decide diversamente mettendo sulla strada di Montaldo la Jolly Film di Arrigo Colombo e Giorgio Papi, la casa di produzione che con Sergio Leone ha “inventato” il western all’italiana. Della storia dei due anarchici finiti innocenti sulla sedia elettrica si innamora proprio Colombo che anni prima si è rifugiato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali del fascismo e ha imparato l’inglese sul testo delle lettere scritte da Bartolomeo Vanzetti. Il resto è storia nota. Il film ottiene un successo straordinario in tutto il mondo e contribuisce a riportare all’attenzione dell’opinione pubblica il caso dei due anarchici italiani dando nuova forza alle voci che ne chiedono la riabilitazione postuma.
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onufrio
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mercoledì 25 ottobre 2017
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libertà per nick e bart
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Cronistoria drammatica di Sacco e Vanzetti, due connazionali da anni in America condannati ingiustamente a morte per omicidio e rapina a mano armata. La storia si svolge nell'arco di tempo che va dal 1920 al 1927, a nulla serviranno le mobilitazioni in piazza a difesa dei due italiani, a nulla serviranno delle prove importanti che evidenziano come i due siano innocenti, la loro "colpa" fu quella di essere anarchici, in un periodo storico molto tetro e cupo per la nazione americana.
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