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Il più famoso dei film del regista,che porta all'estremo il suo metodo "casuale" di riprendere gli avvenimenti già sperimentato in "Empire","Kiss",ecc...Lo schermo viene diviso un due segmenti dove attraverso un unico piano-sequenza scorre un episodio di mezz'ora circa,improvvisato da un'umanità composta di drogati,marchettari,travestiti.E solo uno dei due segmenti è parlato.I commenti all'epoca si sprecavano,oggi è decisamente più evidente dietro l'apparente realismo bruto l'estetica camp e il gusto kitsch.Le star warholiane,che davanti alla cinepresa si bucano,straparlano sotto acido,litigano,inscenano soprusi in Vietnam,e stanno immobili illuminate da luci psichedeliche sono consapevoli reietti convinti all'epoca di essere liberi e che bastasse essere se stessi per fare arte.Come in ogni film del regista,il fascino è indubbio e molte sequenze sono accostate in modo suggestivo(spiazzante l'ultimo episodio,con l'irascibile "Pope" Ondine e la sempre magnifica Nico nel segmento a fianco illuminata e piangente).Ma in oltre tre ore di "realtà" as is la pazienza dello spettatore può venir meno.E va da sé,lo spettatore "classico" deve girare assolutamente alla larga.L'unico episodio ad essere musicato è l'ultimo,"Nico Crying".La musica è ovviamente dei "Velvet Underground".Paul Morrisey è l'operatore.Il titolo allude al Chelsea Hotel di New York,dove il film fu girato.Un film divenuto leggenda.Una leggenda "sporca" che attrae e respinge.
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