La grande notte di Ringo

Il confine tra i buoni e i cattivi e davvero labile in questo film che segna il debutto nel western di William Berger destinato a diventare uno dei personaggi di culto del genere. In molte riprese, compresa la sequenza iniziale, c’è la mano di Enzo G. Castellari, regista della seconda unità. La storia è singolarmente simile a quella di “1997 Fuga da New York!” di John Carpenter girato molti anni dopo. Caso o plagio con cambiamento d’ambiente e di epoca? Chi può dirlo? Il ritmo è buono e il film è complessivamente ben girato. Un difetto, se di difetto si può parlare, si può trovare nei testi, scritti e recitati in un italiano perfetto, forse un po’ troppo perfetto per il western all’italiana. [+]

Il confine tra i buoni e i cattivi e davvero labile in questo film che segna il debutto nel western di William Berger destinato a diventare uno dei personaggi di culto del genere. In molte riprese, compresa la sequenza iniziale, c’è la mano di Enzo G. Castellari, regista della seconda unità. La storia è singolarmente simile a quella di “1997 Fuga da New York!” di John Carpenter girato molti anni dopo. Caso o plagio con cambiamento d’ambiente e di epoca? Chi può dirlo? Il ritmo è buono e il film è complessivamente ben girato. Un difetto, se di difetto si può parlare, si può trovare nei testi, scritti e recitati in un italiano perfetto, forse un po’ troppo perfetto per il western all’italiana. Una nota curiosa riguarda Ringo. Il titolo iniziale è “La notte del desperado” e nessuno dei personaggi della storia si chiama Ringo e soltanto negli ultimi minuti qualcuno si ricorda di chiamare (chissà perché?) “Grande Ringo” il protagonista Jack Balman. Il nome viene infilato nel titolo per confondere un po’ le idee al pubblico cercando di sfruttare il successo dell’omonimo personaggio nei film interpretati da Giuliano Gemma.
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