theophilus
|
giovedì 28 novembre 2013
|
un grande affresco mitologico
|
|
|
|
SOY CUBA
Nell’ambito di Cuba Libre, rassegna cinematografica che il cineclub Kamikazen di Alfonsineha dedicato nel mese di novembre alla rivoluzione cubana, la sala Gulliver ha programmato la visione di un’importante pellicola riesumata una prima volta nel 1993, dopo un silenzio pressoché tombale durato circa trenta anni, e poi riproposta al festival di Cannes nel 2003: Soy Cuba.
L’arte del XX secolo – e tutto fa pensare che quella del XXI, appena iniziato, vedrà accentuare il fenomeno – ha viaggiato molto più rapidamente di quanto non sia accaduto nei secoli precedenti, bruciando tutte le tappe lungo il suo cammino.
[+]
SOY CUBA
Nell’ambito di Cuba Libre, rassegna cinematografica che il cineclub Kamikazen di Alfonsineha dedicato nel mese di novembre alla rivoluzione cubana, la sala Gulliver ha programmato la visione di un’importante pellicola riesumata una prima volta nel 1993, dopo un silenzio pressoché tombale durato circa trenta anni, e poi riproposta al festival di Cannes nel 2003: Soy Cuba.
L’arte del XX secolo – e tutto fa pensare che quella del XXI, appena iniziato, vedrà accentuare il fenomeno – ha viaggiato molto più rapidamente di quanto non sia accaduto nei secoli precedenti, bruciando tutte le tappe lungo il suo cammino. Se osserviamo le due forme più originali, sorte all’inizio del ‘900 o giù di lì, vediamo che dopo un secolo di vita c’è già bisogno di uno sguardo retrospettivo che recuperi forme, stilemi, personaggi e soprattutto gli esempi che hanno fatto grande le storie del cinema e, nel campo musicale, del jazz. Sarebbe positivo rinvenire le cause di questo accadimento nel fervore dei tempi, per cui occorra il consolidamento della tradizione al fine di gettare un ponte verso sempre nuove conquiste. Limitando il raggio d’analisi alla VII arte – che, delle due citate, è certamente la più vitale – temiamo, al contrario, di essere di fronte ad un’involuzione del linguaggio creativo, ad una crisi che ci auguriamo reversibile e che è il probabile specchio dell’impasse politico/sociale in cui versa il mondo intero.
Spieghiamo in questo modo l’occhio nostalgico che si apre ad esplorare il cammino percorso dal cinema dalle sue origini, alla riscoperta di capolavori caduti nel dimenticatoio o, addirittura, perduti, con appositi festival sparsi qua e là un po’ ovunque.
Ci sembra che rientri in quest’ambito il ritrovamento di Soy Cuba, sfuggito a tempo debito ai più e che è stato restaurato grazie all’opera di due autorevoli cineasti americani, Martin Scorsese e Francis Ford Coppola. Questo film fu fortemente voluto da Fidel Castro, che si rivolse al regista sovietico Mikhail Kalatozov. La commissione aveva lo scopo di glorificare la rivoluzione popolare che nel 1959 aveva soppiantato il regime di Batista, il quale godeva della protezione americana.
Quando il film uscì, nel 1964, il mondo si era già ripreso dal terrore che la crisi fra U.S.A. e U.R.S.S. a causa della situazione cubana potesse scatenare un conflitto nucleare. I rapporti fra Castro e Krushev si erano, inoltre, notevolmente indeboliti. Vuoi che ci sia stata una sorta di rimozione collettiva, per cui non si sia voluto liberare un fantasma ricacciato all’interno della psiche, vuoi che il voluto effetto propagandistico di Soy Cuba sia stato quello di un ordigno a scoppio ritardato e che sul pubblico russo e cubano abbia fatto presa una sorta di disinganno e disincanto politico più di quanto non si siano fatta strada le grandi bellezze formali di cui è disseminata la pellicola, fatto sta che dopo pochi giorni di proiezione nelle sale di Mosca e di L’Havana, il film uscì di scena. Non se ne seppe più niente fino a che non venne proiettato nel 1993 al festival di San Francisco, per poi riapparire ancora a Cannes nel 2003, nella versione restaurata.
Le numerose riprese dal basso verso l’alto da una parte fanno sì che le immagini incombano e sovrastino lo spettatore, dall’altra potrebbero voler suggerire una sorta di ascesi spirituale e accompagnare la visione di chi osserva all’interno della sala cinematografica, quasi a voler prolungare la sensazione di realismo delle vicende narrate. Come a dire “tu pubblico vedi quello che ho visto io regista, che mi sono limitato ad azionare la cinepresa”. La stessa finalità sembra avere l’uso di frequenti lunghi piani sequenza, che allontanano l’idea di fiction e richiamano quella di un lungometraggio dal taglio documentaristico.
Anche l’uso di una voce femminile fuori campo, di fatto una rappresentazione antropomorfica di Cuba, lungi dal suggerire l’idea di una forma recitante, evoca una sorta di magia sacrale che va ad ingigantire la già forte valenza propagandistica della pellicola. Porgendo, poi, una giustificazione di natura mistica, quella voce suggerisce implicitamente un parallelo fra la forza fideistica della rivoluzione politica e quella della religione.
Infine, le grandi scene di massa, con il popolo cubano che scende le scalinate dei palazzi dell’Havana (ci sembra evidente il richiamo alle analoghe scene di La corazzata Potëmkin – 1926, Sergej Eizenstein) potrebbero far pensare ad una forza che viene dall’alto – quindi giusta – tale che legittimi il grande corso degli avvenimenti storici. Il collegamento al citato film sovietico ci appare anche dai quattro episodi di Soy Cuba, espediente retorico che richiama le cinque parti di cui è composta La corazzata Potëmkin. I primi tre capitoli narrano di storie nelle quali il regista indaga la realtà sociale vista attraverso vari aspetti, quelli dello sfruttamento femminile, del mondo contadino e di quello studentesco. La quarta e ultima è disegnata come un inevitabile corollario delle precedenti, col definitivo abbandono di ogni esitazione a percorrere la strada della lotta armata. Come il film di Eizenstein, anche Soy Cuba è tutto teso a mostrare un’irrefrenabile spinta popolare, suffragandola con qualità estetiche che, in sostanza, vogliono legittimare il contenuto politico, fondendo i due aspetti in maniera mirabile e unitaria.
Enzo Vignoli,
18 novembre 2005.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a theophilus »
[ - ] lascia un commento a theophilus »
|
|
d'accordo? |
|
ciokko
|
sabato 7 luglio 2012
|
cinquant'anni di sviste
|
|
|
|
Ancora dopo 50 anni il documentario di Kalatozov è vittima di sviste. Credo che la recensione della signora Farinotti si riferisca al documentario uscito nel 2005 e firmato da Ferraz che si caricava il compito di scongelare il mammuth siberiano ( come dice il sottotitolo...). Peccato della svista. Il documentario originale, ripulito dalla ruggine ideologica è un'esperienza di cinema straordinaria. Forse andrebbe visto per farne una recensione equa. L'ideologia appesantisce molti capolavori del cine e dell'arte, e non solo russi. Se si dovesse fare una critica alla Terra di Dovzenko partendo dalle opinioni sui piani quinquennali, credo che ci sia poco margine di valutazione. Soy Cuba è straordinario per la qualità e bellezza delle immagini.
[+]
Ancora dopo 50 anni il documentario di Kalatozov è vittima di sviste. Credo che la recensione della signora Farinotti si riferisca al documentario uscito nel 2005 e firmato da Ferraz che si caricava il compito di scongelare il mammuth siberiano ( come dice il sottotitolo...). Peccato della svista. Il documentario originale, ripulito dalla ruggine ideologica è un'esperienza di cinema straordinaria. Forse andrebbe visto per farne una recensione equa. L'ideologia appesantisce molti capolavori del cine e dell'arte, e non solo russi. Se si dovesse fare una critica alla Terra di Dovzenko partendo dalle opinioni sui piani quinquennali, credo che ci sia poco margine di valutazione. Soy Cuba è straordinario per la qualità e bellezza delle immagini. E per il cinema forse non è poi così poco.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ciokko »
[ - ] lascia un commento a ciokko »
|
|
d'accordo? |
|
charles kane
|
mercoledì 5 maggio 2010
|
l' altra cuba
|
|
|
|
All’epoca pesantemente vituperato da critica e pubblico, in realtà Soy Cuba è un capolavoro nascosto, che grazie all’intervento di due noti registi come Scorsese e Coppola, ritorna alla luce in tutto il suo splendore.
La pellicola, risultato di un’importante coproduzione sovietico-cubana, è divisa in quattro parti, tutte narranti la vita sull’isola negli anni ’50, all’indomani della rivoluzione: la prima rappresenta alcuni turisti statunitensi che a Cuba cercano divertimento sfrenato e in particolare si sofferma sulla figura della fragile Maria, che, per denaro, si intratterrà con uno dei turisti nella sua abitazione presso una baraccopoli, suscitando le ire del proprio ragazzo.
La seconda parte del lungometraggio si svolge nei campi di barbabietole, dove un contadino subisce l’esproprio dell’abitazione e del terreno che lavora: dopo aver mandato i figli a divertirsi in città, decide, in preda al delirio, di dare tutto alle fiamme, perendo lui stesso nel rogo.
[+]
All’epoca pesantemente vituperato da critica e pubblico, in realtà Soy Cuba è un capolavoro nascosto, che grazie all’intervento di due noti registi come Scorsese e Coppola, ritorna alla luce in tutto il suo splendore.
La pellicola, risultato di un’importante coproduzione sovietico-cubana, è divisa in quattro parti, tutte narranti la vita sull’isola negli anni ’50, all’indomani della rivoluzione: la prima rappresenta alcuni turisti statunitensi che a Cuba cercano divertimento sfrenato e in particolare si sofferma sulla figura della fragile Maria, che, per denaro, si intratterrà con uno dei turisti nella sua abitazione presso una baraccopoli, suscitando le ire del proprio ragazzo.
La seconda parte del lungometraggio si svolge nei campi di barbabietole, dove un contadino subisce l’esproprio dell’abitazione e del terreno che lavora: dopo aver mandato i figli a divertirsi in città, decide, in preda al delirio, di dare tutto alle fiamme, perendo lui stesso nel rogo.
Nel terzo episodio si prendono in esame i moti rivoluzionari dei castristi contro il regime di Batista: anche qui ci si sofferma su di una persona in particolare, in questo caso uno studente, Enrique, che perirà tragicamente in uno scontro con le forze dell’ordine.
L’ultimo episodio, infine, prende in esame la vita di una famiglia montanara: anche qui c’è un protagonista, Mariano, che, venuto a contatto con uno dei guerriglieri castristi, ne critica aspramente il ricorso alle armi; dopo aver subito un bombardamento nel quale perirà uno dei tre figli, decide però di arruolarsi lui stesso nel corpo dei militanti rivoluzionari.
Quello che traspare sin dal prologo del film, è la cura ossessiva della fotografia (a cura di Sergej Uruševskij, fido collaboratore del regista), tramite uno strepitoso utilizzo del bianco e nero e delle inquadrature per l’epoca decisamente all’avanguardia.
Il film è colmo di poesia e dolore, sentimenti che si compenetrano l’uno nell’altro dando vita, assieme alle splendide immagini, a indimenticabili sequenze.
Se i primi tre episodi si concludono in modo tragico, il quarto è l’unico che si avvale di un finale quanto meno di rivalsa, dove il protagonista Mariano viene rappresentato mentre marcia fiero e sorridente col fucile in spalla, simbolo della rivoluzione che di lì a poco rovescerà il regime dittatoriale.
Soy Cuba è un film che stupisce ancor oggi, senza risultare troppo anacronistico, grazie soprattutto agli elevati livelli tecnici con cui è stato girato.
Se ne consiglia la visione dopo quella del documentario “Soy Cuba - Il Mammuth Siberiano” del giovane regista Vicente Ferraz, che ne mette a nudo i retroscena tramite interviste ad alcuni degli attori protagonisti.
Ottime le musiche di Carlos Fariñas.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a charles kane »
[ - ] lascia un commento a charles kane »
|
|
d'accordo? |
|
aldophoto
|
lunedì 15 dicembre 2008
|
cuba: cortile usa
|
|
|
|
ancora attuale dopo quasi 50 anni!
|
|
[+] lascia un commento a aldophoto »
[ - ] lascia un commento a aldophoto »
|
|
d'accordo? |
|
|