Preferisco il rumore del mare |
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Un film di Mimmo Calopresti.
Con Silvio Orlando, Fabrizia Sacchi, Paolo Cirio, Michele Raso, Mimmo Calopresti, Andrea Occhipinti.
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Commedia,
Ratings: Kids+13,
durata 90 min.
- Italia 1999.
MYMONETRO
Preferisco il rumore del mare
valutazione media:
2,34
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Irene Bignardi
La Repubblica
Il titolo, direbbero in un giornale, "canta" (e giustamente, è un verso di Dino Campana). L'affiche è elusivamente poetica (un mare blu, particolare di un quadro di Guccione). Lo stile, esaltato dalla bella fotografia di Luca Bigazzi, è pudico, austero, elegante. E il soggetto mira alto, a toccare corde che parlano a tutti e di tutti, perché attraverso un'amicizia tra due ragazzi molto diversi fa confluire in un'unica storia due problemi brucianti, il rapporto tra Nord e Sud, e lo scontro tra la generazione dei padri e quella dei figli. Eppure, sotto questa eleganza formale e le generose intenzioni di un osservatore della realtà sempre acuto e sensibile quale si è rivelato Mimmo Calopresti in due film come La seconda volta e La parola amore esiste, Preferisco il rumore del mare ha lo strano limite di comunicare meno di quello che promette, di enunciare - più che di sviluppare - i suoi temi e la sua storia, di fotografare i suoi personaggi senza farli crescere. Dobbiamo accettare, più che capire, perché il quindicenne Matteo (Paolo Cirio) è così chiuso e antipatico. Va bene che è figlio di separati, che il padre Luigi (Silvio Orlando) - di origine calabrese, dirigente in una grande azienda torinese di proprietà del suocero - è distaccato e distratto e la mamma è parecchio strana e sembra indifferente (quando vede il ragazzo dopo parecchio tempo per prima cosa gli chiede un bicchier d'acqua, manco lo guarda e poi gli domanda cosa pensa dei suoi quadri). Ma forse vorremmo saperne di più. E il giovane calabrese Rosario (Michele Raso), che Luigi decide di aiutare portandolo in una comunità, lontano dalla Calabria dove il ragazzo è isolato, ha tutte le ragioni di essere silenzioso e pacatamente arrogante, visto che la madre gli è stata uccisa in una faida e il padre è in carcere. Ma la sua reticenza, la reticenza di Calopresti e una recitazione molto rigida e antiemotiva ci lasciano ai margini del suo problema. La sceneggiatura scritta da Calopresti con Francesco Bruni incornicia le diverse crisi dei due ragazzi - la distruttività autodistruttiva del borghese ribelle Matteo, la tenacia di Rosario nel costruirsi una "persona", nell'attaccarsi al lato positivo della vita - in un quadro più ampio, dove trovano posto il nonno ricco e corruttore di Matteo, la goffaggine sentimentale di suo padre, che tiene a distanza la "fidanzata" Fabrizia Sacchi, un'inchiesta giudiziaria sui panni sporchi dell'azienda del nonno. Ma il crescendo drammatico resta per molti aspetti inspiegato, se non dai pregiudizi profondi che Luigi, interpretato con un eccesso di distacco da Silvio Orlando, continua a nutrire per le proprie origini - il Sud, la piccola borghesia. A meno che la chiave di lettura di questo film sincero, ambizioso ed elusivo non stia nel nome della libreria in cui il giovane Rosario lavora, e che si chiama Franti, come il cattivaccio deamicisiano che si è meritato a suo tempo un elogio di Umberto Eco. La bontà di cui i due ragazzi leggono nel libro Cuore, stranamente appassionati, è sparita. Tanto vale, pensa Rosario, ascoltare il rumore del mare. Anche se, pure in Calabria...
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