
È stata presentata la selezione dell’evento che si svolgerà nell’ambito della 82.ma Mostra del Cinema di Venezia.
di Paola Casella
“25 film nella selezione lungometraggi che costituiscono un corpus unico, perché per noi non c’è nessuna differenza o preferenza fra i film delle varie sezioni, sono una costellazione caratterizzata da un eclettismo formale e una comunanza di temi ricorrenti quasi impressionante: il cinema come strumento di salvezza e terapia per elaborare il passato e raccontare il presente; la guerra, naturalmente molto presente, anche quando è evocata o ai margini del discorso; l’’esilio come naturale conseguenza della guerra; l’amore vissuto come atto di coraggio e ribellione; la famiglia come microcosmo complesso che riflette la società; il dialogo tra storia privata e Storia ufficiale; e ‘il personale è politico’”.
A parlare è Gaia Furrer, direttrice artistica delle Giornate degli Autori, promosse da ANAC e 100autori e giunte alla XXII edizione, che si svolgerà nell’ambito della 82esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia dal 27 agosto al 6 settembre. A premiare quest’anno il miglior film del concorso con il GdA Director’s Award sarà la giuria presieduta dallo scrittore e regista norvegese Dag Johan Haugerud, Orso d’oro alla Berlinale 2025, affiancato alla produttrice italiana di Vermiglio Francesca Andreoli, la regista franco-palestinese Lina Soualem, il film curator del MoMA di New York Josh Siegel e il direttore della fotografia tunisino Sofian El Fani.
Fra le star attese alle Giornate un parterre femminile di tutto rispetto che comprenderà Jasmine Trinca, Valeria Golino, Giuliana De Sio, Geppi Cucciari, Greta Scarano, Miriam Leone, Tecla Insolia, Benedetta Porcaroli, Isabella Ragonese, Donatella Finocchiaro e Iaia Forte. È a firma femminile anche l’immagine del manifesto delle Giornate ad opera della giovane atrista Pax Paloscia, che “mostra una ragazza portare una fiaccola di speranza all’interno di uno scenario di rinascita. E al suo fianco una statua rappresenta la pace”.
Il presidente Francesco Ranieri Martinotti sottolinea anche l’importanza della sezione #Confronti, “pensati come l’alternativa alla semplificazione degli slogan, alla cultura dell’apparenza in cui si è immersa la nostra società, e noi come associazione degli autori vogliamo difendere e affermare questa differenza. Gli incontri e le discussioni saranno affidate a un laboratorio di confronto fra le associazioni degli autori che stano facendo attività di azione politica condivisa”.
IL CONCORSO
Unico film italiano in gara è La Gioia, secondo lungometraggio del regista napoletano Nicolangelo Gelormini, un film ispirato da un fatto di cronaca e interpretato da Valeria Golino nel ruolo di una cinquantenne coinvolta in una storia d’amore con un adolescente (Saul Nanni), e Jasmine Trinca, in quello della madre del ragazzo.
Molti i film a firma femminile, a partire dal titolo di apertura, Memory di Vladlena Sandu, artista e regista di origine ucraina: “un viaggio intimo e lacerante tra i frammenti della propria infanzia in cui il punto di vista di una bambina restituisce l’orrore con una potenza ancora più devastante”. Anche Short Summer della regista russa Nastia Korkia ripercorre il suo passato per mostrare “come la guerra possa infiltrarsi ovunque, modificando i legami più intimi, e corrodendo anche ciò che sembra al riparo”.
Vainilla è il debutto alla regia dell’attrice messicana Mayra Hermosillo, e mostra sette donne nel Messico del nord che “affrontano insieme la precarietà, la vergogna e la bellezza disordinata del vivere, mentre una bambina – alter ego della regista – osserva e interpreta il mondo con lo sguardo limpido dell’infanzia”; Bearcave di Krysianna Papadakis e Stergios Dinopoulos racconta “l’amore silenzioso di due giovani donne cresciute insieme in un villaggio dominato da tradizioni e aspettative patriarcali”.
Infine Firouzeh Khosrovani, autrice del pluripremiato Radiograph of a Family, qui in co-regia con Morteza Ahmadvand, si cimenta con la storia del suo Paese nel documentario Past Future Continuous, in cui “una donna fuggita dall’Iran all’indomani della rivoluzione islamica e mai più tornata può osservare i suoi genitori solo attraverso le telecamere di sorveglianza installate nella loro casa di Teheran”.
Dall’Iran arriva anche Inside Amir di Amir Azizi, “una dichiarazione d’amore alla città di Teheran e un’esplorazione intima dei dubbi che emergono prima di lasciare il proprio Paese. Memory of Princess Mumbi del regista keniota Damien Hauser è invece “una favola distopica ambientata nel 2093 in un’Africa immaginaria che mescola generi e linguaggi diversi, dalla fantascienza alla storia d’amore, dal falso documentario all’animazione”.A Sad and Beautiful World di Cyril Aris “attraversa tre decenni di storia libanese mettendo in primo piano la relazione amorosa tra un uomo e una donna nati nello stesso giorno sotto i bombardamenti, poi separati dalla vita e poi riuniti nuovamente dal destino”.
Due le opere prime: Il già citato Bearcave e Last Night I Conquered The City of Thebes dell’esordiente al lungometraggio spagnolo Gabriel Azorín, ambientato in uno stabilimento termale di epoca romana dove un gruppo di amici trovano “il coraggio di dire cose che non avevano mai detto a nessuno”.
FUORI CONCORSO
Qui i registi italiani sono due: Gianluca Matarrese, che in Il quieto vivere “mescola documentario e messa in scena per raccontare una faida famigliare che assume contorni epici e grotteschi”, e Gianni Di Gregorio, già Leone del futuro a Venezia con Pranzo di Ferragosto, che porta alle Giornate Come ti muovi, sbagli, un film che narra l’irrompere di una figlia (Greta Scarano) con figli al seguito nella vita tranquilla di un pensionato, interpretato dallo stesso regista. Come ti muovi è il film di chiusura della sezione.
Anche Fuori Concorso c’è una bella presenza femminile, con la grande documentarista francese Claire Simon che in Writing Life offre un ritratto della scrittrice Premio Nobel Annie Ernaux, superospite attesa alle Giornate. attraverso le letture dei suoi libri da parte di studenti di liceo francesi; e Lana Daher, regista americana che vive e lavora in Libano, con Do You Love Me, “una dichiarazione d’amore verso un paese ( il Libano, appunto) ferito eppure in continuo movimento”.