Saltburn

   
   
   

Nemesi dell''upper class Valutazione 3 stelle su cinque

di Fabal


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martedì 2 gennaio 2024

(Tre stelle e mezzo). E' difficile integrarsi ad Oxford, specie per uno studente di umile famiglia che si sente catapultato nel feudo universitario della upper class. Oliver Quick socializza con difficoltà e non è certo popolare nel college. Finché, un giorno, l'aristocratico e very popular Felix Catton fora la ruota della bici e viene aiutato proprio da Oliver: è l'inizio di un rapporto di amicizia ambiguo e sbilanciato. Sulle prime Oliver sembra agire al solo scopo di elemosinare l'approvazione del compagno di studi, poi l'amicizia diventa un'ossessione. Quando Oliver confessa al ricco amico i suoi problemi familiari, Felix lo invita a trascorrere l'estate con la sua famiglia, nella principesca tenuta di Saltburn. 


Regista e sceneggiatrice, già reduce di Oscar con
 A promising woman, Emerald Fennell dirige un film tanto pettinato quanto brutale. La meravigliosa confezione fotografica spazia dalle quasi anacronistiche scene nel castello - cenoni in impeccabili dressage, un maggiordomo dall'aspetto torvo che si muove in severi saloni- ai riflessi solari sul laghetto esterno con tanto di ninfee. A un'ambientazione esteticamente ineccepibile fa da contraltare la spietatezza emotiva che caratterizza l'austerity dell'aristocrazia british alla quale la Fennell, cinematograficamente parlando, non è certo la prima a fare il verso. Lo fece Joseph Losey, nel trittico di opere sceneggiate da Pinter, e con simbologie ben più sofisiticate: la descrizione di un'aristocrazia dalla vocazione quasi suicidiaria (L'incidente) nonché facilmente manipolabile da un domestico che ambisce a rovesciare il rapporto con il padrone (Il servo, 1963). Al servo di Losey somiglia molto l'Oliver Quick di Saltburn: un giovane di ceto basso che si insinua nell'ambiente nobile offrendosi come confessore disinteressato a ciascun membro della famiglia, in realtà mettendoli subdolamente uno contro l'altro. Ma è forse alla logica intrusiva di Parasite il riferimento più lampante: una rivoluzione non intellettuale fondata sulla menzogna, senza impegnative allegorie politiche, che si combatte tra le mura di una lussuosa villa. Si tratta di invidiosa rivalsa verso l'upper class o desiderio di sostituirsi ad essa? Questa ambiguità è il punto di forza del film.


 

Tratto geniale di Saltburn è la duplice natura dell'ossessione per Felix: erotica e sociale allo stesso tempo, i due aspetti, sempre sovrapponibili, tengono all'erta lo spettatore per almeno 100 minuti, prima di un finale un po' inverosimile. Conquistare Felix, oggetto di deisderio anche sessuale, per ottenerne l'approvazione, o sostutirsi ad esso fino ad essere lui? Lo scarto tra i due obiettivi resta labile, consentendo a Saltburn di muoversi sul filo del rasoio tra la sensazione di una tragedia imminente e alcune scene al limite del cattivo gusto. Limite che, però, non viene oltrepassato da una volontà di scandalizzare ad ogni costo: nemmeno la sessualità dei protagonisti sembra, in fondo, così rilevante. Neppure quella di Oliver, sulla quale Saltburn, intelligentemente, sceglie di non ricamare scontate metafore.


 

L'ossessione di Oliver è certamente patologica ma rimane difficile, in certo momenti del film, non eleggerlo a nemesi di un'aristocrazia anacronistica che volentieri vorremmo veder annientata. La famiglia Catton è disfunzionale, chiusa in un'emotività austera in cui la facciata non permette alcuna concessione ai sentimenti profondi. Gli slanci di altruismo, come l'ospitalità concessa a Pamela, sono presto corretti da una sprezzante retromarcia con dichiarazioni da pelle d'oca. I bravi interpreti, in particolare il protagonista, Elordi e la Pike, entrano in sintonia parlando lo stesso linguaggio ipocrita, sia dialogico che espressivo. Le pecche sono nell'ultima parte, non tanto per la svolta thriller, intuibile ma necessaria, ma per alcune forzature di trama che rendono il climax finale piuttosto inverosimile.

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