La vita in un attimo

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Un intreccio complicato che si perde per strada Valutazione 2 stelle su cinque

di Lucio Di Loreto


Feedback: 2938 | altri commenti e recensioni di Lucio Di Loreto
mercoledì 18 dicembre 2019

Dan Fogelman è il one man show di “La Vita in un Attimo”, dirigendolo, scrivendone testi e soggetto e partecipando alla produzione multipla. Questo avviene (forse) a seguito degli interessanti tentativi del giovane e istrionico regista americano di raccontare storie diverse tra loro con trame spazianti diversità di generi, mantenendo sia nelle serie Tv e nelle animazioni che nei lungometraggi una matrice da comedy maker che gli ha permesso di sceneggiare trame anche contorte e affidare ai protagonisti ampia libertà di improvvisazione. Racchiudere queste caratteristiche e peculiarità in un film collettivo può però avere controindicazioni, tipo affogare la linearità della narrazione con un miscuglio di intrecci autoreferenziali, che portano la pellicola a confondere la concentrazione di chi assiste e andare fuori strada. Nel caso specifico sia la regia che l’interpretazione degli attori va spesso fuori tema e diventa un’autocelebrazione non voluta, con continui flashback e fotogrammi su passato, presente e futuro ed eccessivi monologhi tanto prolissi quanto inutili, che portano la trama a sbattere sempre in un vicolo cieco. La base di fondo è la ricostruzione (confusa) della vita di Will, quarantenne lasciato dalla moglie, attraverso delle sedute di psicoanalisi nelle quali ripercuote il rapporto amoroso con Abby, dall’incontro durante gli anni del college all’intimità, dalla conoscenza e pranzi con padre e madre di lui fino a una separazione burrascosa e immediata, forse perché causata da un evento traumatico. A chiudere il suo racconto e voltare pagina c’è Dylan, figlia della coppia, ragazza sbandata e delusa, che intreccerà nel suo cammino Rodrigo, giovane andaluso con genitori braccianti agricoli, dal quale nascerà a sua volta Elena, voce narrante del paragrafo finale. Si capisce già da questo resoconto la complessità degli avvenimenti, un disordine pazzesco e impraticabile, che comporta perciò a livello di sceneggiatura dei vorticosi giri a 360°, per dare senso alle innumerevoli e grottesche casualità che faranno entrare ogni protagonista nella vita dell’altro! Nonostante un mostro sacro come Oscar Isaac si sforzi di rendere credibile Will, col solito e appassionato modo di recitare, sembra altresì fuori luogo il voler a tutti i costi mitizzare nei suoi angosciosi sfoghi il personaggio di Olivia Wilde, di una bellezza troppo sensuale per consegnare ad Abby l’immagine dolce e affettuosa e pure carismatica di un’eroina sopravvissuta all’assenza dei genitori e ad uno zio orco. La stessa iconica Annette Benning non viene per nulla sfruttata, appoggiata su una sedia per fare domande retoriche e sussultare soltanto di fronte a gesti rabbiosi del proprio paziente. Non hanno inoltre credibilità Javier e Isabel, onesto ed incorruttibile lavoratore da campo il primo e moglie mite e fedele la seconda, che invece, improvvisamente, decidono di abbandonarsi per il bene del figlio malato. Peccato perché il film due picchi ce li avrebbe pure: nello start e a metà pellicola, quando il grintoso e coinvolgente acting di Samuel L. Jackson appassiona la traccia iniziale e nel momento in cui un affascinante ed enigmatico Antonio Banderas attacca il suo intrigante monologo. Se il primo però si rivelerà solamente un celebre cameo il secondo, nettamente migliore fra le tante quality star presenti, non riceverà il giusto riconoscimento dalla trama, che lascerà cadere i presupposti pusillanimi emanati dal suo sguardo e gli farà concludere il viaggio da comparsata qualunque. Il suo Saccione infatti, fino ad un attimo prima proprietario terriero ricco di soldi in una tenuta da brividi, con decine di sgobboni a libro paga, diventa altamente improbabile come uomo redento tutto casa e famiglia. Neanche Bob Dylan in sottofondo serve ad evitare il tonfo di questa pellicola, e il tentativo di spiccare il volo per Fogelman in un progetto impegnato, corale e ricco di stelle, non va a buon fine!

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