zarar
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martedì 9 febbraio 2016
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divertente, ma non sulfureo
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La Hollywood degli anni ’50 con il kitch colossal-biblico di Cecil B. deMille, il varietà atletico dei balletti di Gene Kelly, le impeccabili coreografie di Busby Berkeley a contenuto zero, le pirouette acquatiche e il sorriso indelebile di Esther Williams, gli eroi western dalla camminata dondolante e dal lazo infallibile sono rievocati con perfetta mimesi e spirito più divertito che caustico in questo film dei fratelli Coen. E’ possibile che a questo cinema-cinema, con la sua forte impronta di genere, la sua tecnica impeccabile e rutilante a fronte di contenuti banali e improbabili sino all’umorismo involontario, gli autori riconoscano un debito sotterraneo per il loro cinema post-moderno, tanto da pagargli un tributo che impedisce loro una salutare cattiveria.
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La Hollywood degli anni ’50 con il kitch colossal-biblico di Cecil B. deMille, il varietà atletico dei balletti di Gene Kelly, le impeccabili coreografie di Busby Berkeley a contenuto zero, le pirouette acquatiche e il sorriso indelebile di Esther Williams, gli eroi western dalla camminata dondolante e dal lazo infallibile sono rievocati con perfetta mimesi e spirito più divertito che caustico in questo film dei fratelli Coen. E’ possibile che a questo cinema-cinema, con la sua forte impronta di genere, la sua tecnica impeccabile e rutilante a fronte di contenuti banali e improbabili sino all’umorismo involontario, gli autori riconoscano un debito sotterraneo per il loro cinema post-moderno, tanto da pagargli un tributo che impedisce loro una salutare cattiveria. Il film è sicuramente godibile, in particolare per i cinefili puri, per la capacità di far rivivere per brillanti spaccati momenti chiave di un’epoca che ha visto la nascita del cinema come fenomeno di massa, con tutti i pro e i contro connessi. E tuttavia non è tra i migliori dei Coen. L’insieme ha l’aspetto di un’antologia frammentaria priva di un elemento unificante. A dare coesione non basta il personaggio principale Eddie Mannix, un non troppo espressivo Josh Brolin, nella parte del professional degli Studios incaricato di risolvere piccoli e grandi problemi spinosi per la produzione, in modo che tutto fili liscio e non ci siano inciampi alle riprese e perdita di profitti. L’idea è brillante: una figura del genere potrebbe veramente catalizzare intorno a sé i diversi ‘set’ e fare esplodere ad ogni momento il comico, il paradossale e il grottesco in un materiale così ghiotto. Ma non succede che a tratti. Imperturbabile inamidato anglosassone con improvvisi piccoli fit di violenza del tutto appiccicati a caso, Mannix non disegna un personaggio convincente , manca di mordente e non diventa mai il volano di una storia con un suo perché. Anche la godibilità dei singoli episodi presi per sé è intermittente: a scene spassose come quelle della sirena ‘scodata’, o dell’incontro consultivo con rabbino, pastore, prete cattolico e ortodosso sull’accettabilità ecumenica del polpettone biblico o quella dell’attore cowboy apparentemente minus habens unico a partorire qualche idea sensate in un caso difficile, fino all’epica comicamente eisensteiniano-hollywoodiana dell’emissario sovietico che parte nella notte nera raccolto da un sottomarino russo, si alternano effetti fin troppo facili o decisamente e noiosamente stiracchiati. Non aspettatevi molto neppure da George Clooney travestito da centurione alla Charlton Heston: Heston era più comico. In definitiva, un caleidoscopio mediamente gradevole e scintillante, ma senza la consueta zampata d’autore.
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gino64
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sabato 12 marzo 2016
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divertissement colto o capolavoro?
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27 ore nella vita di Eddie Mannix, Fixed nella Hollywood degli anni 50, alle prese con i problemi più disparati: dalla scomparsa dell'attore di punta dello studio, (la Capitol Pictures già vista in Barton Fink) alla sfida tra due gemelle in cerca di scoop, fino ad arriva ad un'attrice incinta in cerca di marito, passando per un gruppo di comunisti guidati da Herbert Marcuse e da un Channing Tatum novello Gene Kelly.
È questo, a grandi linee, l'intreccio del diciassettesimo film dei Coen, un omaggio e allo stesso tempo una parodia di una Hollywood (e di un'epoca) che non c'è più. Ciò che invece è assolutamente presente, è una novità nella filmografia. Se la loro carriera è,infatti, costellata di perdenti, emarginati e personaggi stravaganti, in Ave,Cesare! è presente uno dei rari personaggi (nel cinema dei Coen) a risultare veramente positivo agli occhi dello spettatore: Eddie Mannix.
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27 ore nella vita di Eddie Mannix, Fixed nella Hollywood degli anni 50, alle prese con i problemi più disparati: dalla scomparsa dell'attore di punta dello studio, (la Capitol Pictures già vista in Barton Fink) alla sfida tra due gemelle in cerca di scoop, fino ad arriva ad un'attrice incinta in cerca di marito, passando per un gruppo di comunisti guidati da Herbert Marcuse e da un Channing Tatum novello Gene Kelly.
È questo, a grandi linee, l'intreccio del diciassettesimo film dei Coen, un omaggio e allo stesso tempo una parodia di una Hollywood (e di un'epoca) che non c'è più. Ciò che invece è assolutamente presente, è una novità nella filmografia. Se la loro carriera è,infatti, costellata di perdenti, emarginati e personaggi stravaganti, in Ave,Cesare! è presente uno dei rari personaggi (nel cinema dei Coen) a risultare veramente positivo agli occhi dello spettatore: Eddie Mannix. Egli, nonostante i suoi difetti, svolge il proprio lavoro con una tale dedizione ed una tale passione, da risultare il personaggio più autentico e potente in Ave, Cesare!.
Se, infatti, Hollywood viene rappresentata come un grande circo, nella quale gli attori sanno a malapena parlare e gli editori rischiano di impiccarsi involontariamente, il più grande (e forse unico) omaggio a quell'epoca che, a detta dello stesso Mannix, creava sogni per permettere alle personi comuni di evadere dalla vita quotidiana, i Coen lo fanno proprio a coloro i quali, proprio come Mannix, tenevano in piedi tutto il circo e che, dietro le quinte, dovevano vedersela con attori scomparsi, uno scoop dopo l'altro e lamentele di registi pomposi. Tali fixer, stoici nella loro totale dedizione al "sistema" rappresentano la parte più genuina e ammirevole di un meccanismo che, nonostante i suoi difetti, ha veramente regalato a milioni di spettatori in quegli anni. Ave , Cesare! non è quindi, come qualcuno invece ha scritto, solamente una critica a quel mondo (di cui peraltro i Coen non hanno mai fatto parte, ma a cui guardano con lucida benevolenza, quasi come fossero dei genitori) ma è soprattutto un omaggio agli "amministratori" di quel meccanismo.
L'alternarsi di parodia e ammirazione, è reso in pieno stile dei Coen, con momenti grotteschi, battute cinefile, discussioni teologiche che finiscono in farsa e riflessioni su la differenza tra arte e intrattenimento. In Ave, Cesare!, infatti, come sempre nei film dei due cineasti di Minneapolis, si parte da un rapimento per parlare di molto altro.
In questa riflessione su un'epoca ormai tramontata, i Coen, sono aiutati da dei collaboratori eccezionali: dal cast stellare su cui spicca un ottimo Josh Brolin, all'ormai "maestro" Roger Deakins, passando per le belle musiche di Cartell Burwell.
Tutto sembra funzionare alla perfezione eppure durante la visione si ha la sensazione che sia un po' tutto fine a stesso e che non sia atto che un divertissement di due geni della macchina da presa. Ave, Cesare! può quindi sembrare un film minore dei Coen e forse lo è. Ma d'altra parte quando dietro alla macchina da presa ci sono dei registi che ci hanno regalato capolavori come Fargo, A Serious Man o il Grande Lebowski, le aspettative sono sempre altissime e i Coen le soddisfano a tratti, ma ci regalano comunque un film irresistibile e sempre e comunque coeniano. Voto 3,5/5.
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samanta
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domenica 2 giugno 2019
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non è mannix
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Il film dei fratelli Coen, racconta la storia di Eddie Mannix (Josh Brolin) diventato n. 2 della MGM negli anni 30-60, l'uomo che risolveva tutti i problemi.
Il film non mi piace perché travisa in modo irragionevole la realtà invece di rappresentarla nella sua crudezza. Concordo con il giudizio di Pino Farinotti secondo cui si tratta in fin dei conti di un omaggio al cinema deglianni '50 epoca d'oro di Hollywood. Però il tono comico-farsesco della pellicola non si addice alla figura di Mannix figura tragica, con una parodia forzata di eventi e persone che non fa ridere.
Innanzitutto la figura di Mannix che nel film si confessa tutti i giorni perché di nascosto alla moglia fumava 3 sigarette, e che la sera ritorna va a casa dalla moglie e figli mangiando con lei come un tranquillo borghese non è vera.
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Il film dei fratelli Coen, racconta la storia di Eddie Mannix (Josh Brolin) diventato n. 2 della MGM negli anni 30-60, l'uomo che risolveva tutti i problemi.
Il film non mi piace perché travisa in modo irragionevole la realtà invece di rappresentarla nella sua crudezza. Concordo con il giudizio di Pino Farinotti secondo cui si tratta in fin dei conti di un omaggio al cinema deglianni '50 epoca d'oro di Hollywood. Però il tono comico-farsesco della pellicola non si addice alla figura di Mannix figura tragica, con una parodia forzata di eventi e persone che non fa ridere.
Innanzitutto la figura di Mannix che nel film si confessa tutti i giorni perché di nascosto alla moglia fumava 3 sigarette, e che la sera ritorna va a casa dalla moglie e figli mangiando con lei come un tranquillo borghese non è vera. La sua vita non era così serena , la prima moglie chiese il divorzio per i suoi continui tradimenti e le violenze fisiche prima dell'udienza morì in un incidente, la seconda moglie, ebbe con il suo assenso, un amante tale Reeves quando litigò con il marito l'amante si suicidò e fu sempre sospettato Mannix della morte.
Il nostro era un criminale che viveva border line, colluso con organizzazioni crimanali per avere la tranquillità con i sindacati, per alcuni facente parte di organizzazioni criminali. Nel film si accenna al caso di un attore che uccise con l'auto una persona e che Mannix convinse un dipendente di prendersi la colpa dietro compenso. Nella realtà l'attore era Clark Gable che uccise con l'auto una attrice, Mannix pagò il marito di lei e costrinse un dipendente dietro remunerazione a prendersi la colpa e il carcere. Nel film l'attrice Moran (Scarlett Johansson) che rieccheggia Esther Williams, rimane incinta e Mannix le cerca un marito, nella realtà era Loretta Young che rimase incinta di Clark Gable e la sua casa di produzione (non Mannix) l'allontanò per alcuni mesi dato che non voleva abortire, Loretta ritornò tranquilla la bambina fu parcheggiata in orfanotrofio per 2 anni e poi l'attrice l'adottò. In compenso Mannix fece abortire per 2 volte Judy Garland la seconda volta era rimasta incinta da Tyrone Power, e anche Lana Turner, tutto questo perchè le gravidanze intralciavano la carriera. Mannix inventò la squadra Tracy nerboruti ragazzi che seguivano l'attore nei bar e quando dava ubriaco in escandescenze lo portavano con la forza a casa. Non contiamo l'overdose di medicinali che venivano fatti ingurgitare per sopportare lo stress del lavoro.
Tutto questo per una moralità di facciata e i fratelli stanno al gioco mettendo tutto in ridere (poco ...) e salvando così l'ipocrisia di Hllywood (che sotto altre sembianze rimane tutt'ora) se si raccontassero i fatti reali. Inverosimile poi la figura di Baird (Geoge Clooney) che se vuole richiamare Spencer Tracy non è azzeccata, perché l'attore nelle riprese si comportava in modo ineccepibile, anche non riuscita la scena dei sceneggiatori comunisti che guidati dal prof. Marcuse rapiscono Baird per avere un riscatto ritenedosi sottopagati. Insomma un film non riuscito, riservato ai cinefili che possono così dare sfogo ad indovinare i film e gli attori a cui si riferiscono. L'ambientazione appare mediocre i fondali dei film specie quelli di serie A non erano così scalcinati, perché tramutare il dramma in farsa?
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vapor
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domenica 13 marzo 2016
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"devi essere intelligente per fare lo stupido"
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Così dicono i fratelli coen a proposito di George Clooney nel loro ultimo Ave Cesare! un film dal trailer promettente ma... stavolta ci sono cascato anch'io. Infatti questo film risulta abbastanza deludente. Davvero è un film noioso e per certi versi cretino. A volte infatti basta solo fare gli stupidi per sembrare tali. Lo ammetto, in generale ho sempre trovato il cinema dei Coen ampiamente sopravvalutato, e quando si cita Fargo come perla della loro filmografia francamente non mi sembra che si possa gridare al capolavoro. Nella fattispecie credo che questo film sia la prova che la commedia non è il pezzo forte dei Coen, e George Clooney è sprecato in questa veste.
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Così dicono i fratelli coen a proposito di George Clooney nel loro ultimo Ave Cesare! un film dal trailer promettente ma... stavolta ci sono cascato anch'io. Infatti questo film risulta abbastanza deludente. Davvero è un film noioso e per certi versi cretino. A volte infatti basta solo fare gli stupidi per sembrare tali. Lo ammetto, in generale ho sempre trovato il cinema dei Coen ampiamente sopravvalutato, e quando si cita Fargo come perla della loro filmografia francamente non mi sembra che si possa gridare al capolavoro. Nella fattispecie credo che questo film sia la prova che la commedia non è il pezzo forte dei Coen, e George Clooney è sprecato in questa veste. Come attore è capace di esprimere una grande eleganza unita a un humor intelligente, anche e soprattutto all'interno di film che hanno un registro completamente diverso (vedi Gravity); iin questo il nostro fa un po' la parte del buffone di corte e.. tutto qua. Personalmente non faccio fatica a definirlo un film inutile (poi chissà che tutto il cinema in fondo...) e tutte gli spunti storici e filosofici con cui i registi hanno condito la vicenda sono confusionari e restano marginali . Ci si alza quasi abbattuti. Cesare non avrebbe apprezzato, Pollice verso!
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fight_club
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sabato 12 marzo 2016
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la commedia che non c'era
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I fratelli Coen confezionano un prodotto che nonostante l'altissima fattura, oramai un loro marchio, non incide.
In questo film manca proprio quello che li ha fatti diventare grandi, la piccola stupidità umana che ci costringe in
un labirinto senza via d'uscita e possibilità di redenzione dove poco si può contro un destino più grande o più forte, manca anche l'ironia che teneva in piedi loro opere minori come "Burn after reading" e l'immenso "Il grande Lebowski", Ave Cesare rappresenta un grande tributo alla Hollywood degli anni '50 con le sue grandi produzioni con un occhio su quello che accadeva dentro gli uffici delle Major e nei camerini delle superstar dell'epoca, tanti flash-back dove la sceneggiatura fallisce nel suo personaggio più importante, il direttore degli Studios Eddie Mannix, che mal collega le varie situazioni in cui tocca destreggiarsi mostrandolo quasi come una guida turistica per la Hollywood di quegli anni.
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I fratelli Coen confezionano un prodotto che nonostante l'altissima fattura, oramai un loro marchio, non incide.
In questo film manca proprio quello che li ha fatti diventare grandi, la piccola stupidità umana che ci costringe in
un labirinto senza via d'uscita e possibilità di redenzione dove poco si può contro un destino più grande o più forte, manca anche l'ironia che teneva in piedi loro opere minori come "Burn after reading" e l'immenso "Il grande Lebowski", Ave Cesare rappresenta un grande tributo alla Hollywood degli anni '50 con le sue grandi produzioni con un occhio su quello che accadeva dentro gli uffici delle Major e nei camerini delle superstar dell'epoca, tanti flash-back dove la sceneggiatura fallisce nel suo personaggio più importante, il direttore degli Studios Eddie Mannix, che mal collega le varie situazioni in cui tocca destreggiarsi mostrandolo quasi come una guida turistica per la Hollywood di quegli anni.
In definitiva si può affermare che il genere della commedia mal si adatta ai fratelli Cohen, non sono aiutati di molto dalla sfilza
di star che abbondano nel film, forse segno che gli attori di questi anni 2000 pur nella loro bravura non lasceranno traccia come è accaduto
alle superstar degli anni d'oro del dopoguerra americano.
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robroma66
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domenica 13 marzo 2016
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non emoziona
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Ave Cesare! non mi ha emozionato.
Siamo nell'ambito del metacinema, cioè è un film che parla di cinema. Tuttavia lo fa in modo speculare a Truffaut di Effetto notte. Non è cinema che mira a mettere a nudo se stesso ma a introdurre un ulteriore livello di finzione filmica. Un commedia che introduce nella commedia.
L'anno di ambientazione è il 1951, in pieno maccartismo e sul set del kolossal “Ave, Cesare!” appunto.
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Ave Cesare! non mi ha emozionato.
Siamo nell'ambito del metacinema, cioè è un film che parla di cinema. Tuttavia lo fa in modo speculare a Truffaut di Effetto notte. Non è cinema che mira a mettere a nudo se stesso ma a introdurre un ulteriore livello di finzione filmica. Un commedia che introduce nella commedia.
L'anno di ambientazione è il 1951, in pieno maccartismo e sul set del kolossal “Ave, Cesare!” appunto. Eddie Mannix (Josh Brolin), per conto di un produttore di New York, risolve problemi: salva attrici dagli scandali, risolleva le sorti di produzioni traballanti, doma registi, star e starlette. Nel bel mezzo delle riprese sparisce il protagonista Baird Whitlock (George Clooney), rapito da un gruppo di sceneggiatori comunisti. Sullo sfondo intrighi e l'industria americana che fa sul serio, la Lockheed.
Credo che il film perda parecchio con il doppiaggio e renda molto di più nell'originale. Ci sono diverse scene surreali e gag intrinsecamente comiche -Clooney nel ruolo di citrullo è esilarante, o il cenacolo dei comunisti con un parodico Marcuse realmente formidabile-, una tecnica perfetta, interpretazioni superbe, uno sguardo saggio che rivela padronanza del mezzo e della storia. Eppure è un film che non appaga, non emoziona, ha un che di maniera, ritmi altalenanti, un citazionismo spinto. Come se rivelasse una vena visionaria molto più sottotono rispetto ad alcuni capolavori passati dei Cohen. Forse andrebbe guardato una seconda volta; sembra un film da vivisezionare e guardare in verticale più che prestarsi a una visione complessiva.
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fabiofeli
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martedì 15 marzo 2016
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vorrei che fosse così semplice
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Nei teatri di posa di Hollywood Eddie Mannix (Josh Brolin) deve liberarsi dal vizio delle sigarette e contemporaneamente districare gli innumerevoli intoppi alla lavorazione dei film della sua “Major”. Il giovanotto texano, più versato con cavalli, pistole e lazo, prescelto per un musical non riesce a pronunciare in tono scorrevole la sua battuta – “Vorrei che fosse così semplice” – senza gesticolare ed enfatizzare in un improbabile “fooosse” il congiuntivo. Anche Whitlock (George Clooney) nei panni di un condottiero romano in Palestina ha una recitazione stolidamente intensa, come è d’uopo nei “peplum”, ma poi al termine di lunghi monologhi, che affascinano perfino la troupe, si blocca sulla parola chiave.
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Nei teatri di posa di Hollywood Eddie Mannix (Josh Brolin) deve liberarsi dal vizio delle sigarette e contemporaneamente districare gli innumerevoli intoppi alla lavorazione dei film della sua “Major”. Il giovanotto texano, più versato con cavalli, pistole e lazo, prescelto per un musical non riesce a pronunciare in tono scorrevole la sua battuta – “Vorrei che fosse così semplice” – senza gesticolare ed enfatizzare in un improbabile “fooosse” il congiuntivo. Anche Whitlock (George Clooney) nei panni di un condottiero romano in Palestina ha una recitazione stolidamente intensa, come è d’uopo nei “peplum”, ma poi al termine di lunghi monologhi, che affascinano perfino la troupe, si blocca sulla parola chiave. I guai crescono: alcuni congiurati comunisti, vetero che più non si può, capeggiati da Herbert Marcuse, rapiscono la star del peplum prima che si girino le scene finali e chiedono un favoloso riscatto. Chi risolverà il problema? Chi potrà nascondere le maternità indesiderate delle dive, tenendo a bada le giornaliste pettegole a caccia di scandali a sensazione se Eddie non riesce neanche a tenere a bada il suo vizio del fumo? Ma Eddie se la cava bene con i prelati interpellati per avere l’ok alla storia palestinese con Whitlock e il Cristo, mentre una sirena più pericolosa di quella dei balletti acquatici gli fa balenare un tranquillo, remunerato posto alla Lockheed, che prevede “innocui” test nucleari (un omaggio al Dr. Stranamore di Kubrick). Cederà Mannix? …
I Coen fanno riflettere anche quando si divertono e divertono, spesso in modo esilarante, soprattutto chi ha conosciuto il cinema americano degli anni ’50 e ’60, quella sconclusionata, irripetibile, splendidamente stupida fabbrica dei sogni con Gene Kelly, Ester Williams, Robert Taylor, Carmen Miranda, che nel bel mezzo di una scena drammatica prevedeva che gli attori ballassero uno stupefacente tip-tap o che i protagonisti si mettessero a duettare in una canzone d’amore congelando i tempi dell’azione. La finzione era (e ancora è) tutto, purché le star riuscissero ad affascinare il pubblico insieme agli scenari di cartone, finti come loro, che in fondo erano minuscoli donne e uomini assillati dagli stessi problemi, gravi o irrilevanti che fossero, dei fruitori del loro cinema.
Con un cast stellare (un Clooney sciocco e con il fisico adatto, un Brolin tormentato, un Fiennes paziente ma al limite, una Johansson e una Swinton decise al limite della volgarità ed intriganti) per tanto Cinema come quello del tempo che fu, con un ritmo serrato e senza pause e lungaggini, i Coen fanno ancora centro. Da non mancare e da consigliare ai cinefili.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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alex2044
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mercoledì 16 marzo 2016
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una bella confezione non basta
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Mi aspettavo di più, i registi , gli attori , la confezione , tutto è di alto se non altissimo livello . Però alla fine non posso dire di essere uscito entusiasta dal cinema . Forse la storia è troppo americana e parla troppo rivolta agli addetti ai lavori . Forse il doppiaggio non ci permette di apprezzare le sottigliezze di una lingua americana molto infarcita di slang . Insomma qualche battuta qua e la ti strappa un sorriso ma la comicità è sempre un po' stiracchiata ed anche prevedibile . La qualità migliore risiede nel fatto che i fratelli Coen quando prendono in giro qualcuno non guardano in faccia nessuno e questa è la loro forza .
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Mi aspettavo di più, i registi , gli attori , la confezione , tutto è di alto se non altissimo livello . Però alla fine non posso dire di essere uscito entusiasta dal cinema . Forse la storia è troppo americana e parla troppo rivolta agli addetti ai lavori . Forse il doppiaggio non ci permette di apprezzare le sottigliezze di una lingua americana molto infarcita di slang . Insomma qualche battuta qua e la ti strappa un sorriso ma la comicità è sempre un po' stiracchiata ed anche prevedibile . La qualità migliore risiede nel fatto che i fratelli Coen quando prendono in giro qualcuno non guardano in faccia nessuno e questa è la loro forza . Quindi sotto le loro forche caudine passano non solo l'ambiente ed i protagonisti del mondo di Hollywood ma anche le religioni e quelli che , ai tempi nei quali si svolge la storia , erano chiamati comunisti , descrivendoli come una banda di radical chic piuttosto velleitaria . Però , questa volta tutto ciò non è sufficente e quindi nel complesso il film non è pienamente riuscito . Insomma annoiato no ma che questo film sia da ricordare per qualche sua dote particolare nemmeno .
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venerdì 18 marzo 2016
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coen, ma sottotono
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Quanto segue è la mia opinione riguardo un film folle.
L'analogia principale è quella tra Mannix e Gesù Cristo.
Il film presenta due chiavi di lettura: la menzogna e la capacità di percepire questa come tale.
Si parte da un discorso teologico dove ognuno presenta la sua versione della menzogna più grande che ci sia mai stata raccontata(la religione)e si finisce con quella in cui si scopre di non essere a conoscenza nemmeno del posto in cui si vive.
Il protagonista non è Gesù, bensì Mannix, un personaggio che nell'avere molto in comune con Gesù è ai limiti del blasfemo.
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Quanto segue è la mia opinione riguardo un film folle.
L'analogia principale è quella tra Mannix e Gesù Cristo.
Il film presenta due chiavi di lettura: la menzogna e la capacità di percepire questa come tale.
Si parte da un discorso teologico dove ognuno presenta la sua versione della menzogna più grande che ci sia mai stata raccontata(la religione)e si finisce con quella in cui si scopre di non essere a conoscenza nemmeno del posto in cui si vive.
Il protagonista non è Gesù, bensì Mannix, un personaggio che nell'avere molto in comune con Gesù è ai limiti del blasfemo.
Mannix è l'agnello di Dio che toglie i peccati di Hollywood,che vacilla sulla decisione di abbracciare la sua croce,ma alla fine accetta con piacere il suo destino di doversi far carico di tutto e tutti.
Mannix è però un personaggio che vive per vendere menzogna al suo pubblico,menzogna che fa di tutto per sembrare realistica,ma sfata nel ridicolo dell'industria cinematografica degli anni d'oro.
Da questo punto di partenza,trovano significato le altre vicende.
Attraverso alcune scene del pomposo cinema anni 50 vengono presentate in maniera esilarante quelli che sono i limiti della recitazione,ossia:i limiti del falso.
Hobie Doyle, non riuscendo a mostrare un'emozione sincera sul set,fa si che il copione gli venga ridotto a due sole parole.
Lo stravolgimento della sua parte rende verosimile la scena,ma prevede l'esclusione di un qualcosa che non s'è riuscito a render reale.
Allo spettatore andrà bene così,riceverà qualcosa che non riterrà ridicolo e non noterà il bidone che gli si sta vendendo.
Il "dare allo spettatore ciò che vuole" trova il suo cavallo di battaglia nella faccenda con i comunisti,che rappresentano da un versante la causa di tutti i mali,mentre dall'altro rappresentano coloro che possiedono la soluzione per ogni cosa.
Ovviamente entrambi gli schieramenti sono ridicoli e Gesù-Mannix punisce un suo fedele,Baird,nel momento in cui quasi perde la fede(parola che Clooney non ricorda sul set).
Gli unici momenti in cui si torna ad un accenno di realtà e di linearità è quando,finalmente,si parla di eventi che erano talmente fuori dalla finzione e dal controllo dei personaggi da lasciarli senza parole.
In queste circostanze tutti i personaggi reagiscono alla stessa maniera:con quell'espressione che Doyle non era riuscito a riportare sul set!
Rimangono increduli a tutti quegli eventi che si risolvono da soli e che rappresentano la verità.
Il film finisce per esser dunque una mega-critica a troppe cose:Religione,finzione,cinema,pensiero comune,gossip.
Sicuramente i Coen hanno prodotto lungometraggi con trame più lineari e guardabili.
Follia e finzione,in questa pellicola,non hanno coscienza di sé!
Di solito, per quanto eventi e personaggi fossero folli,c'era sempre della lucida critica a questi,una critica capace di far chiarezza prima sui personaggi ed infine sull'intera trama!
Stavolta, invece,tra balletti e coreografie,un filo logico stenta a trovarsi.
Il film è un continuo delirio con contorno di situazioni assurde come le morti dei manigoldi in Ladykillers;ma in effetti cos'è il mondo se non un luogo di folli e di assurdità,dove non ci si riesce a mettere d'accordo nemmeno sulla concezione di Dio né sulle parole da utilizzare per descriverlo?
Nella vita,come nella religione,forse è meglio formulare giri di parole assurde senza un senso ben preciso ma che vadano bene a tutti e,nel caso in cui non funzionasse,si può sempre dar la colpa ai comunisti.
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giulio vivoli
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domenica 20 marzo 2016
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la fede nel cinema
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TEMA DI AVE,CESARE
L’idea della missione del Cinema secondo i Fratelli Coen raccontata e analizzata attraverso le immagini e i simboli della Hollywood degli Anni Cinquanta, espressione della grande stagione del cinema americano. La realizzazione del classico kolossal cinematografico sulla figura di Gesù è il pretestuoso espediente narrativo dietro cui si cela, con raffinato intellettualismo discreto e mai ostentato, il tentativo di confutazione di quel mondo di finzione che è il cinema e dei personaggi che ruotano intorno ad esso: produttori, registi, attori protagonisti, comparse, giornaliste di gossip, tutti pennellati con lo stile ironico, ora grottesco ora surreale, tipico del cinema dei Coen.
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TEMA DI AVE,CESARE
L’idea della missione del Cinema secondo i Fratelli Coen raccontata e analizzata attraverso le immagini e i simboli della Hollywood degli Anni Cinquanta, espressione della grande stagione del cinema americano. La realizzazione del classico kolossal cinematografico sulla figura di Gesù è il pretestuoso espediente narrativo dietro cui si cela, con raffinato intellettualismo discreto e mai ostentato, il tentativo di confutazione di quel mondo di finzione che è il cinema e dei personaggi che ruotano intorno ad esso: produttori, registi, attori protagonisti, comparse, giornaliste di gossip, tutti pennellati con lo stile ironico, ora grottesco ora surreale, tipico del cinema dei Coen. Il dibattito satirico tocca i temi della religione, con i massimi esponenti della cristianità e dell’ebraismo a contendersi la ragione sulla figura e natura di Cristo; della politica, con la setta di intellettuali comunisti in pieno maccartismo, riuniti in veste di rapitori-giudici-ravveditori culturali supremi dell’indispensabile primo attore del kolossal e dell’intero mondo del cinema; della morale nel mondo degli affari, con il primato degli ideali dell’ industria del cinema sulle tentazioni economiche della grande industria tradizionale. Tra balletti in stile Broadway, numeri di coreografie acquatiche, scene western e commedie da jet-set, l’attore-centurione George Clooney può rientrare sul set in tempo per girare la mistica scena finale del film nel film, da cui il Cinema ottiene una definitiva consacrazione dall’Alto sul senso della sua Missione universale. Importante il cast di attori con Clooney, Fiennes, Brolin, le Johansson e Swinton avvolti da inquadrature e scenografie di forte caratterizzazione espressionista. GV ***1/2
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