alberto pezzi
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sabato 15 agosto 2015
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interessante ed attuale
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“The King” è uno di quei film che lasciano senza parole. Sconvolgente. Si esce dal film con un gran senso di vuoto, dovuto all’ incredibile vicenda narrata. E’ tuttavia un film molto difficile. Ho provato a rivederlo una seconda volta, a distanza di tempo, è servito molto. Secondo me si tratta di una straordinaria fotografia su una realtà troppo spesso sottovalutata: la malattia mentale. Qui non c’e’ un assassino, un omicida, un uomo consapevole delle proprie azioni. Qui incontriamo un protagonista sconvolto dalle varie mancanze presenti nella sua vita, portato ad un equilibrio mentale assai fragile. Il suo bisogno d’ amore se non ricambiato, si trasforma in odio, in rabbia.
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“The King” è uno di quei film che lasciano senza parole. Sconvolgente. Si esce dal film con un gran senso di vuoto, dovuto all’ incredibile vicenda narrata. E’ tuttavia un film molto difficile. Ho provato a rivederlo una seconda volta, a distanza di tempo, è servito molto. Secondo me si tratta di una straordinaria fotografia su una realtà troppo spesso sottovalutata: la malattia mentale. Qui non c’e’ un assassino, un omicida, un uomo consapevole delle proprie azioni. Qui incontriamo un protagonista sconvolto dalle varie mancanze presenti nella sua vita, portato ad un equilibrio mentale assai fragile. Il suo bisogno d’ amore se non ricambiato, si trasforma in odio, in rabbia. Molte malattie mentali presentano queste caratteristiche. E’ un messaggio che il regista James Marsh trasmette in modo chiaro e trasparente. Penso che dietro alla tensione, alla drammaticità, al thriller, si celi questo messaggio forte e pesante. Mai attuale come in questo momento. Fantastica la prova del cast, colonna sonora molto apprezzabile. Un aggettivo?? Interessante.
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serpico
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domenica 21 giugno 2009
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sconvolgente
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grande la regia ,hurt memorabile
bravissimo gael garcia bernal da
oscar sono rimasto a bocca aperta
la pazzia e il perdono di dio
non saranno mai insieme................................
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angela cinicolo
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venerdì 18 aprile 2008
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jesus christ, superstar (?)
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Il debutto di James Marsh non può certo aver lasciato indifferenti: il dramma provinciale di "Elvis, lo sguardo di Satana", interpretato dal visino d'angelo Gael Garcia Bernal, è tracciato con il disincanto e l'amarezza di American beauty, con la crudezza viscerale e debordante di 21 grammi. Le immagini sporche e la steadycam instabile, interrotte da pretestuosi e pretenziosi fotogrammi lynchani, seguono la vicenda patetica di un figlio rinnegato che s'insinuerà nella famigliola del padre, un abile William Hurt, fino a un tragico ed inquieto epilogo shakespeariano.
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vincenzo alias il contadi
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sabato 29 marzo 2008
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grande elvis (don e stephanie
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Gradirei sapere come si chiama la colonna sonora del finale quando Ziimbalist lascia in auto la villa di Elvis.Mi manca il cd. Grazie!Vincenzo Alias Il Contadino - Matera - enzoaliasilcontadino@alice.it
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raffaele palazzo
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sabato 5 gennaio 2008
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king
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La chiesa battista è uno dei temi che Lansdale ci tiene a denigrare ogni volta… e dopo aver visto questo film non si può che dargli ragione.
James Marsch è regista americano contemporaneo che dopo aver realizzato qualche film per la tv, introvabile il suo primo WINSCONSIN DEATH TRIP sforna questo thriller ambizioso che riempie un calderone di temi sfruttatissimi nel cinema analizzati solo in parte e sondati soprattutto grazie all’interpretazione nervosa e tenebrosa di Gael Garcia Bernal.
Si scontrano due generazioni e due fronti: uno militarista e l’altro religioso. Rapporto padre/Figlio con il primo che non accetta l’arrivo del figlio e quindi il passato che torna. La sceneggiatura inizia bene, ma rimane parzialmente limitata, quando esce fuori l’istinto primordiale di Elvis(che bel nome…)che quando scopre di non poter neanche amare la sorellastra decide di agire…
Drammatico sotto tutti quanti i versi da cui lo si voglia prendere, the King rimane comunque un lavoro interessante che deve anche molto a William Hurt nei panni del pastore, chissà come mai in America molti ex cazzonari diventano pastori…
Un quadro impietoso che si aggiunge a tutti quei film anti-americani solo che qui non è così ambizioso, ma comunque testimonia un'altra spiacevole realtà del paese dei balocchi.
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La chiesa battista è uno dei temi che Lansdale ci tiene a denigrare ogni volta… e dopo aver visto questo film non si può che dargli ragione.
James Marsch è regista americano contemporaneo che dopo aver realizzato qualche film per la tv, introvabile il suo primo WINSCONSIN DEATH TRIP sforna questo thriller ambizioso che riempie un calderone di temi sfruttatissimi nel cinema analizzati solo in parte e sondati soprattutto grazie all’interpretazione nervosa e tenebrosa di Gael Garcia Bernal.
Si scontrano due generazioni e due fronti: uno militarista e l’altro religioso. Rapporto padre/Figlio con il primo che non accetta l’arrivo del figlio e quindi il passato che torna. La sceneggiatura inizia bene, ma rimane parzialmente limitata, quando esce fuori l’istinto primordiale di Elvis(che bel nome…)che quando scopre di non poter neanche amare la sorellastra decide di agire…
Drammatico sotto tutti quanti i versi da cui lo si voglia prendere, the King rimane comunque un lavoro interessante che deve anche molto a William Hurt nei panni del pastore, chissà come mai in America molti ex cazzonari diventano pastori…
Un quadro impietoso che si aggiunge a tutti quei film anti-americani solo che qui non è così ambizioso, ma comunque testimonia un'altra spiacevole realtà del paese dei balocchi.
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biblico
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giovedì 1 marzo 2007
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una critica alla società americana
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Leggo pareri discordanti ma a me il film è piaciuto. Girato con movimenti di macchina che danno quasi un taglio documentaristico alle immagini e aumentano la sensazione di veridicità di quello che si sta vedendo (mi ricorda Elephant), il film angoscia non tanto per quello che Elvis compie, ma per il mondo dentro cui Elvis si vede immerso dopo aver vissuto tre anni nella bambagia della US Navy. E' il mondo delle sette, del conservatorismo della provincia americana, dell'ottusità della gente, dell'intolleranza, della illusione di costruirsi una vita ideale come quella della classica famiglia americana, esteriormente impeccabile ma lacerata all'interno da segreti inconfessabili e falsi sentimenti (Vedi American Beauty).
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Leggo pareri discordanti ma a me il film è piaciuto. Girato con movimenti di macchina che danno quasi un taglio documentaristico alle immagini e aumentano la sensazione di veridicità di quello che si sta vedendo (mi ricorda Elephant), il film angoscia non tanto per quello che Elvis compie, ma per il mondo dentro cui Elvis si vede immerso dopo aver vissuto tre anni nella bambagia della US Navy. E' il mondo delle sette, del conservatorismo della provincia americana, dell'ottusità della gente, dell'intolleranza, della illusione di costruirsi una vita ideale come quella della classica famiglia americana, esteriormente impeccabile ma lacerata all'interno da segreti inconfessabili e falsi sentimenti (Vedi American Beauty). Elvis è una vittima del sistema, si macchia di atroci delitti ma lo fa quasi inconsapevolmente come in uno stato ti trance, come si capisce dalla bellissima scena finale in cui chiede al suo padre illeggittimo di saldare i conti con Dio.
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actarus
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venerdì 18 agosto 2006
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un film cosi' lo so fare anche io!!!!!
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un film cosi' lo so fare anche io!!!!
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(di biblico)
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(di king sauron)
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montecristo
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mercoledì 16 agosto 2006
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lento e scontato
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Se uno non avesse visto nessun film oppure solo le pellicole di bassa lega, allora potrebbe sicuramente essere affascinato dal racconto e dall'intreccio di the king. La storia è banale, raccontata lentamente con dialoghi scollegati e scontati, si sa già dopo venti minuti come va a finire, ci sia augura dall'inizio che non finisca così, sperando che non sia la solita storia del figlio abbandonato e la madre morta, eceetera eccetera. Fotografia mediocre, buona regia, pessimi dialoghi, intreccio triste, preconfezionato ed inutule, la sensazione che si ha dopo la visione è quella di pensare che se non lo si avesse visto sarebbe uguale. Non basta una buona regia per colmare il vuoto e la banlità del racconto.
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Se uno non avesse visto nessun film oppure solo le pellicole di bassa lega, allora potrebbe sicuramente essere affascinato dal racconto e dall'intreccio di the king. La storia è banale, raccontata lentamente con dialoghi scollegati e scontati, si sa già dopo venti minuti come va a finire, ci sia augura dall'inizio che non finisca così, sperando che non sia la solita storia del figlio abbandonato e la madre morta, eceetera eccetera. Fotografia mediocre, buona regia, pessimi dialoghi, intreccio triste, preconfezionato ed inutule, la sensazione che si ha dopo la visione è quella di pensare che se non lo si avesse visto sarebbe uguale. Non basta una buona regia per colmare il vuoto e la banlità del racconto. Guardate altri film è meglio.
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fedefede
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mercoledì 19 luglio 2006
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fuga
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Ma non poteva fuggire con la sorellastra, sarebbe stato molto molto più bello!
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irriverente
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martedì 11 aprile 2006
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uno scacco al perdono
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un film rapido e al tempo stesso calmo, lento: inarrestabile. come l'incedere del male, come la voglia di giustizia e la speranza del perdono. Interpreti azzeccati in una trama che non è nulla di fronte alla realizzazione. Musica, colore, fotografia: tutti attimi di un dramma così leggero e così sconcertante. Gael sopra ogni dubbio e ogni aspettativa. da vedere, soprattutto nella settimana della passione.
irriverente.blog.tiscali.ti
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