giovanni morandi
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domenica 23 ottobre 2022
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sordi/blier alla ricerca di un mondo che scompare.
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Nella sequenza finale è espresso tutta la contraddizione dell'uomo moderno, che ha perso tutti i riferimenti che la Natura gli aveva concesso. "Titi nun ce lascia'" l'improbabile richiamo del popolo nero che reclama Manfredi scomparso dall'Italia e diventato uno strano, ma amatissimo Stregone dagli indigeni africani; ma anche qui, come in tutto il repertorio sordiano, c'è un messaggio, oggi ancora più pressante: l'uomo "moderno" ha, nella nostra società, perso, forse definitivamente la sua dimensione ottimale, il rapporto con la natura, a vantaggio di un mondo tecnologico e troppo distante dai valori che sono all'origine del proprio essere.
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Nella sequenza finale è espresso tutta la contraddizione dell'uomo moderno, che ha perso tutti i riferimenti che la Natura gli aveva concesso. "Titi nun ce lascia'" l'improbabile richiamo del popolo nero che reclama Manfredi scomparso dall'Italia e diventato uno strano, ma amatissimo Stregone dagli indigeni africani; ma anche qui, come in tutto il repertorio sordiano, c'è un messaggio, oggi ancora più pressante: l'uomo "moderno" ha, nella nostra società, perso, forse definitivamente la sua dimensione ottimale, il rapporto con la natura, a vantaggio di un mondo tecnologico e troppo distante dai valori che sono all'origine del proprio essere. Mai come in questo periodo di stress, siamo tutti schiavi di qualche farmaco miracoloso, che ci restituisca la dignità e la forza di sopravvivere ad un mondo, che da troppo tempo, stiamo distruggendo. Il disastro ecologico è la prova di questo divenire schiavi di un mondo che si sta ribellando. Non abbiamo più difese immunitarie, da adulti, solo i bambini piccoli ce l'hanno, fintanto che non li coinvolgiamo nella società sbagliata che li abbiamo regalato.
Eccezionali i dialoghi tra Albertone ed il suo ragioniere, magistralmente interpretato da Bernard Blier. Un film che fa bene ad un pubblico, che non ha voglia solo di ridere... ma attento al messaggio, in chiave divertente, ma profondamente ecologista, che, già allora, all'epoca del film, non poteva mancare nel repertorio del "Sordismo".
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elgatoloco
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lunedì 17 febbraio 2020
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straordinario film
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Veramente un grande(non solo piccolo...)classico , questo"RIusciranno nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomaprso in Africa?"(Ettore Scola, 1968). Che poi la fonte si Joseph Conrad(Cuore di tenebra)o una delle storie di"Mikymouse"importa poco, in realtà, se guardiamo al risultato: un film ironico e autoironico su questi borghesi(ricco editore, superstressato; il personaggio di Alberto Sordi)che non sanno che cosa fare, rimanere in Africa dove cercano un amico o invece tirnare nella"civiltà"ricca, opulenta, "insopportabile"ossia fare la scelta di Nino Manfredi, forse diventato frate ma poi stregone africano, che"presente"la pioggia e fa non il"santo"ma il comodo imboscato nello"stato di natura"già preconizzato.
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Veramente un grande(non solo piccolo...)classico , questo"RIusciranno nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomaprso in Africa?"(Ettore Scola, 1968). Che poi la fonte si Joseph Conrad(Cuore di tenebra)o una delle storie di"Mikymouse"importa poco, in realtà, se guardiamo al risultato: un film ironico e autoironico su questi borghesi(ricco editore, superstressato; il personaggio di Alberto Sordi)che non sanno che cosa fare, rimanere in Africa dove cercano un amico o invece tirnare nella"civiltà"ricca, opulenta, "insopportabile"ossia fare la scelta di Nino Manfredi, forse diventato frate ma poi stregone africano, che"presente"la pioggia e fa non il"santo"ma il comodo imboscato nello"stato di natura"già preconizzato.sognato-creduto di individuare da Rousseau e da altri, "anti.civoizzatori"... Scelte difficili, che si fanno in particolare (bosgna pur dirlo)se si hanno soldi e si ha"il sedere al caldo", allmeno relativamente, né Scola trascura di dirlo, da uomo di sinistra(quella vera, non i"centro"-sinistra, dove l'ultimo termine), altrmenti la cogenza dei bisogni primari-vitali induce ad alro, magari al sogno di un"promised land"che invero non esiste ma si crede di trovare nelle società affluenti(presunte tali)che invece sono solidamente euro-capitaliste o USA -capitaliste o,,,ora anche cinesi.capitaliste(di Mao rimane solo il simbolo, fruttato e frainteso, per non dire completamente vilipeso). Sordi è più"imperialista"di sempre, caratterizzando il personaggio di cui sopra, martirizzando il povero ragionere, un grande Bernard Blier, che viene doppiato(significativamente)in marchigiano... come dire il sottobosco dell'Italia centrale, colui che fa parte della comunità che ha popolato i sobborghi dell'Urbs. Manfredi, tra il"mistico"(ma invero mica poi tanto), Franca Bettoia e Erika Clanc, nei ruoli di belle quanto noisissime"signore bene"....Un film, in realtà, al fulmicotone, forse all'epoca non avvertito come tale... El Gato
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domenico rizzi
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giovedì 23 ottobre 2014
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africa, fuga da una societa' opprimente
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Una delle migliori interpretazioni in assoluto di Alberto Sordi (l’editore De Salvio) e Nino Manfredi (Oreste “Titino” Sabatini) ai quali si aggiunge il bravissimo Bernard Blier nella parte del ragionier Ubaldo Palmarini, su soggetto di Age & Scarpelli e dello stesso regista Ettore Scola. All’ottima scenografia di Gianni Polidori, che spazia su molti aspetti dell’Africa quasi incontaminata (la vicenda si svolge nell’Angola colonia portoghese nel 1968) si aggiunge la stupenda colonna sonora del maestro Armando Trovajoli, che escogita il trascinante leit motiv “Canto de Angola”. Abbastanza marginali soltanto i ruoli femminili di Franca Bettoja (moglie di De Salvio) e Giuliana Lojodice (Marisa, moglie di Titino) perché il film è incentrato principalmente sulle due figure di Fausto De Salvio, editore di sinistra “con le idee chiare” e del cognato Titino che ha dato uno strappo alla monotona vita della capitale, fatta di discorsi futili, noiosi giochi da salotto e convenzioni sociali divenute ormai insopportabili.
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Una delle migliori interpretazioni in assoluto di Alberto Sordi (l’editore De Salvio) e Nino Manfredi (Oreste “Titino” Sabatini) ai quali si aggiunge il bravissimo Bernard Blier nella parte del ragionier Ubaldo Palmarini, su soggetto di Age & Scarpelli e dello stesso regista Ettore Scola. All’ottima scenografia di Gianni Polidori, che spazia su molti aspetti dell’Africa quasi incontaminata (la vicenda si svolge nell’Angola colonia portoghese nel 1968) si aggiunge la stupenda colonna sonora del maestro Armando Trovajoli, che escogita il trascinante leit motiv “Canto de Angola”. Abbastanza marginali soltanto i ruoli femminili di Franca Bettoja (moglie di De Salvio) e Giuliana Lojodice (Marisa, moglie di Titino) perché il film è incentrato principalmente sulle due figure di Fausto De Salvio, editore di sinistra “con le idee chiare” e del cognato Titino che ha dato uno strappo alla monotona vita della capitale, fatta di discorsi futili, noiosi giochi da salotto e convenzioni sociali divenute ormai insopportabili. Dopo un lunghissimo itinerario attraverso l’Angola selvaggia e innumerevoli peripezie contrassegnate dalla irresistibile comicità di Sordi, De Salvio e il suo ragioniere riescono finalmente a rintracciare Sabatini, che si è trasformato nello sciamano bianco di una tribù nera ai margini di una terra desertica e inospitale. Il sopraggiungere del “Leopardo”, colonnello di una formazione mercenaria belga (Josè Maria Mendoza) che Titino ha imbrogliato appropriandosi del denaro ricevuto per acquistare delle armi, non riesce a costringere l’improvvisato stregone a lasciare il villaggio, perché i bellicosi guerrieri della tribù gli fanno scudo con le proprie lance. Dopo avere ingannato una seconda volta l’ufficiale belga, spacciando delle pietre di quarzo ferroso per diamanti, Titino – divenuto ancora più popolare dopo che la sua strana “danza della pioggia” ha aperto le cateratte del cielo su quella regione arida – viene convinto dal cognato a seguirlo fino all’imbarco, mentre l’intera tribù lo insegue, schierandosi sulla spiaggia a salutare il battello che si allontana. Il finale è struggente: Titino si getta in acqua e riguadagna la riva con vigorose bracciate, mentre De Salvio starebbe per compiere inconsapevolmente il medesimo gesto se la voce del suo ragioniere non lo riportasse alla realtà (“Dottore, ma che fa?”). La sequenza sfuma nella cornice di un tramonto infuocato su una terra che l’editore abbandona malvolentieri per fare ritorno alla civiltà, ammettendo per la prima volta “di non avere le idee chiare”. Rimpianto per il mondo naturale che il progresso sta distruggendo e amara constatazione del deterioramento della società civile, sempre più condizionata da comportamenti frenetici e autolesionistici (l’uomo che muore d’infarto a Roma durante la breve pausa all’inizio del film) da conversazioni futili e giochi puerili per sopravvivere ad una noiosa quotidianità. Un capolavoro prodotto nel momento in cui in tutto il mondo industrializzato si scatenava la protesta studentesca, sostenuta dall’illusione di poter rilanciare un nuovo umanesimo che la prepotente intromissione della politica impedirà di realizzare, soffocando la spontaneità iniziale dei contestatori.
Domenico Rizzi, scrittore
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francesco2
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lunedì 20 gennaio 2014
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ma che siamo, in un film di alberto sordi?sì!
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Questo, secondo chi scrive, è veramente un film "Di Alberto Sordi" più che di Scola. L'elemento che più lo distingue, prima della regia dell'autore di "Che ora è", è la comicità cucita addosso al personaggio di Sordi, ancora una volta (Così tanto?) impegnato nella presa in giro dell'italiano facilone, sotto sotto magari un pò razzista e maschilista; nonché al suo assistente, una pessima macchietta, forse neanche interpretata benissimo. Un umorismo greve, praticamente mai incisivo: gli spunti di interesse (L'uomo che si ente anch'egli un proletario, con quel finale (Veramente?) a sorpresa, sono quasi inesistenti.
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Questo, secondo chi scrive, è veramente un film "Di Alberto Sordi" più che di Scola. L'elemento che più lo distingue, prima della regia dell'autore di "Che ora è", è la comicità cucita addosso al personaggio di Sordi, ancora una volta (Così tanto?) impegnato nella presa in giro dell'italiano facilone, sotto sotto magari un pò razzista e maschilista; nonché al suo assistente, una pessima macchietta, forse neanche interpretata benissimo. Un umorismo greve, praticamente mai incisivo: gli spunti di interesse (L'uomo che si ente anch'egli un proletario, con quel finale (Veramente?) a sorpresa, sono quasi inesistenti.
P.S.:Quanto al "Discorso"(Sic!) sugli occidentali e l'Africa, a questo punto, mi verrebbe da rivalutare parzialmente "Finché c'è guerra c'è speranza".
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lupoamedeo
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venerdì 5 aprile 2013
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titi nun ce lascia'
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vorrei rivolgermi direttamente al recensore di "prima pagina"... ma li vedi veramente i film?
perche' non si spiega la superficialita' con la quale viene liquidato questo stupendo film....
strepitoso Sordi , con le battute sempre puntuali tra il sarcastico e l'ironico del ragioniere Blier, Manfredi .... un gigante
.... se non e' un capolavoro.....poco ci manca
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paraclitus
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domenica 19 agosto 2012
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moooolto carino
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L' unico film di Scola veramente riuscito, molto più dei suoi film maggiormente impegnati e famosi che stranamente sono sempre un po' legnosetti; forse il regista quando voleva essere serio tendeva a a irrigidirsi un po' mentre qui ,dove si sente più libero, riesce in un film di quelli che quando finiscono quasi quasi dispiace perché si sarebbe andati avanti ancora un po'.
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arwen88
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giovedì 15 marzo 2012
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bello
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Bel film pur essendo così vecchio ...
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themichtemp
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martedì 25 gennaio 2011
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un ottimo film
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catullo
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sabato 1 gennaio 2011
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il mal d'africa
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Erano anni che non rivedevo questo film di Scola dove uno splendido Manfredi dà il meglio di sè seppure apparendo soltanto nel breve ma significativo finale e il Sordi maturo con le sue gag e i battibecchi col suo ragioniere marchigiano a seguito.In un primo momento stranamente Scola aveva intenzione di invertire i ruoli tra Manfredi e Sordi ma certamente non sarebbe stato lo stesso film. Gli anni 60 sono stati il periodo d'oro del cinema italiano e in quel decennio Scola non aveva ancora raggiunto i livelli che raggiungerà negli anni 70 con "c'eravamo tanto amati" e "una giornata particolare". Questo piacevole film che però solo nel finale esprime il meglio sia sul piano emotivo che su quello cinematografico racconta già della crisi di valori della ricca borghesia italiana che ricerca la soluzione delle proprie frustrazioni nella dimensione selvaggia e apparentemente libera in quella che fu una delle malattie italiane dovute alle colonie africane.
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Erano anni che non rivedevo questo film di Scola dove uno splendido Manfredi dà il meglio di sè seppure apparendo soltanto nel breve ma significativo finale e il Sordi maturo con le sue gag e i battibecchi col suo ragioniere marchigiano a seguito.In un primo momento stranamente Scola aveva intenzione di invertire i ruoli tra Manfredi e Sordi ma certamente non sarebbe stato lo stesso film. Gli anni 60 sono stati il periodo d'oro del cinema italiano e in quel decennio Scola non aveva ancora raggiunto i livelli che raggiungerà negli anni 70 con "c'eravamo tanto amati" e "una giornata particolare". Questo piacevole film che però solo nel finale esprime il meglio sia sul piano emotivo che su quello cinematografico racconta già della crisi di valori della ricca borghesia italiana che ricerca la soluzione delle proprie frustrazioni nella dimensione selvaggia e apparentemente libera in quella che fu una delle malattie italiane dovute alle colonie africane..una malattia chiamata "mal d'africa" in cui non solo Manfredi che ne è protagonista ma perfino alla fine Sordi rischia di cadere.Un film corroborato da un'ottima sceneggiatura e fotografia e sottolineato dalla bellissima e sontuosa colonna sonora di Trovajoli.
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manfredi 4ever
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mercoledì 3 giugno 2009
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fantastico
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Un viaggio alla scoperta di se stesso, è questo che spetta all'editore Di Salvio, il quale durante la ricerca del cognato scomparso in Africa, mette a confronto le due esistenze e alla fine sembrerebbe propenso a seguire il cognato.
Magnifico !!
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