Cow

 Gli animali che siamo abituati a vedere al cinema o sono quelli antropomorfizzati della Disney nei racconti per bambini oppure sono eroi a quattro zampe, per lo più cani,  Lassie, Rin Tin Tin, Rex, Hachikō, in film per ragazzi o per adulti, sempre in ruoli di coprotagonisti subalterni ad un personaggio umano, o, infine, sono quelli dei documentari, dove, tuttavia, non si segue mai la storia di un singolo individuo e quando lo si fa è soltanto per descrivere le caratteristiche della specie cui appartiene.
In questo straordinario docufilm di Andre Arnold la mucca Luma non è nulla di tutto questo, non è il divertente animale da compagnia di una commedia, non è inserita in un plot drammatico o in un thriller, non rappresenta nemmeno un anonimo esemplare della categoria dei bovini di allevamento in un documentario zootecnico.
La mucca Luma è soltanto la mucca Luma. Pur non facendo la sua storia eccezione rispetto a quella delle altre mucche, pur non avendo nulla di speciale in confronto alle altre, il suo sguardo in primissimo piano riflesso nell’occhio della cinepresa entra pian piano nell’animo dello spettatore, che, inaspettatamente, si troverà coinvolto emotivamente, fino ad empatizzare con l’animale, non in quanto animale da allevamento, ma in quanto Luma, essere senziente unico ed irripetibile tra i viventi.
Finalmente, grazie ad Andrea Arnold, dopo la visione di questo film si avrà, almeno si spera, consapevolezza che la bistecca che mettiamo in tavola non è un prodotto industriale uscito dalla catena di montaggio di una fabbrica qualsiasi, che, nella fattispecie, inizia con l’allevamento e termina con il macello, ma è stata carne viva di un essere che ha vissuto una vita non tanto dissimile, come al contrario potremmo pensare, da quella di tanta gente.
La differenza con tante persone è che quest’essere, denominato mucca da latte, per sostituire già da sempre col segno alla sua identità la funzione di mera utilità nel contesto umano, ha vissuto ed è morto esclusivamente per il nostro interesse, il danaro per i produttori di latte e di carne, il piacere della tavola per i consumatori, differenza che si assottiglia man mano che si scende nella scala sociale fino a scomparire, se non si avessero falsi pudori nel paragonare la sua vita a quella di milioni di persone che vivono nell’esclusivo interesse del capitale, per l’arricchimento smisurato di poche migliaia di persone, e per il facile divertito consumo, da parte degli gnorri colpevoli cittadini dei paesi ricchi, di tutte quelle cose realizzate con un basso costo di manodopera sulla pelle degli anonimi operai del terzo mondo, le mucche da mungere dello sterminato sottoproletariato globalizzato nell’enorme fabbrica dell’orrore a cielo aperto, impiantata dalla tecnica in questa nostra epoca per lo sfruttamento sistematico della terra, degli animali, degli uomini.
Suggestiva l’ultima sequenza in cui si vede correre, ignaro della sua sorte, il vitellino partorito da Luma all’inizio del film. Quell’essere, filmato dalla Arnold fin dalla sua nascita, è stato amato da sua madre, è stato allattato, curato e svezzato da mani umane, è stato avviato ben presto al lavoro, fornito di nome e cognome, una lettera seguita da un numero scritto sopra un etichetta applicata all’orecchio, vivrà come sua madre con gioia i rari momenti di libertà da trascorrere con le compagne in un bel prato verde, morirà, infine, come tutti noi.