gigi22562
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venerdì 23 agosto 2019
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da un cristallo di neve a una valanga
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appassionante e avvincente,continui colpi di scena.127 minuti passano veloci. bravissima attrice Silvane.(Sarah)
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ulysses9
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lunedì 13 maggio 2019
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la vita oltre le ideologie e i moralismi.
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Sono perfettamente d’accordo con quanto scritto nella recensione. Le figure femminili rappresentano davvero la Vita, al contrario delle controverse , e a volte meschine, figure maschili. Unico appunto forse al regista il moltiplicarsi degli intrecci nel finale che appanna un po’ lo stile asciutto e rigoroso, il ritmo serrato e tagliente del film. Bellissimi e appropriati i commenti musicali
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erostrato
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sabato 4 maggio 2019
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la speranza è donna
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Uscendo dalla sala, dopo aver visto il film, non ho potuto fare a meno di riflettere su quanto siano invasivi e ottusi gli Stati, laddove i conflitti socio/politici hanno il sopravvento sui cittadini.
Da una semplice storia di passione tra un uomo e una donna, entrambi sposati, si innescano una serie di meccanismi che ipotizzano chissà quali piani, finalizzati a minare la Sicurezza
delle rispettive Comunità.
La COLPA di tutto questo sta nel fatto che i protagonisti, lei israeliana, lui palestinese, appartengano ad etnie che si fanno guerra.
Loro malgrado, saranno travolti dagli eventi, e con essi, le loro famiglie.
Sorretto da un'eccellente sceneggiatura, il regista ci regala un'opera di notevole spessore artistico, con attori credibili e dialoghi profondi.
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Uscendo dalla sala, dopo aver visto il film, non ho potuto fare a meno di riflettere su quanto siano invasivi e ottusi gli Stati, laddove i conflitti socio/politici hanno il sopravvento sui cittadini.
Da una semplice storia di passione tra un uomo e una donna, entrambi sposati, si innescano una serie di meccanismi che ipotizzano chissà quali piani, finalizzati a minare la Sicurezza
delle rispettive Comunità.
La COLPA di tutto questo sta nel fatto che i protagonisti, lei israeliana, lui palestinese, appartengano ad etnie che si fanno guerra.
Loro malgrado, saranno travolti dagli eventi, e con essi, le loro famiglie.
Sorretto da un'eccellente sceneggiatura, il regista ci regala un'opera di notevole spessore artistico, con attori credibili e dialoghi profondi.
Ancora una volta saranno le donne che si contendono Saleem, a darci un barlume di speranza, accennando ad un timido riavvicinamento che sembrava impossibile.
Una perla da non perdere.
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giuliacarolis
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mercoledì 1 maggio 2019
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di parte
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Non e' un caso che il regista sia palestinese e la storia di amore sia tra un uomo palestinese e una donna israeliana, e non il contrario. Film per radical con la kefia.
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guido perino
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sabato 27 aprile 2019
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emozionante!!!
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Emoziona e coinvolge come solo pochi film sanno fare.
Sceneggiatura scritta benissimo, attori stratosferici e una tematica di grande attualità.
In una parola, consigliatissimo!!!
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vanessa zarastro
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venerdì 26 aprile 2019
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pretesti ed equivoci
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o meglio, di come si riesca a montare un fatto piccolo, talvolta irrilevante, facendolo diventare un grosso problema, e più si va avanti e più diventa complicato sbrogliare la matassa. Ciò è particolarmente vero laddove si vive ai confini, o vicino ai muri, o nelle città divise (Nicosia come Gerusalemme), laddove dove le differenze sono etniche, di religione, di filosofia del mondo. Questi film hanno il compito importantissimo di palesare le stupidità dei regolamenti, mostrare le assurde contrapposizioni, e la paranoia della diversità.
È il caso del film libanese “L’insulto” di Zia Doueiri del 2017, così come il recentissimo film cipriota “Torna a casa Jimi”, di Marios Piperides.
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o meglio, di come si riesca a montare un fatto piccolo, talvolta irrilevante, facendolo diventare un grosso problema, e più si va avanti e più diventa complicato sbrogliare la matassa. Ciò è particolarmente vero laddove si vive ai confini, o vicino ai muri, o nelle città divise (Nicosia come Gerusalemme), laddove dove le differenze sono etniche, di religione, di filosofia del mondo. Questi film hanno il compito importantissimo di palesare le stupidità dei regolamenti, mostrare le assurde contrapposizioni, e la paranoia della diversità.
È il caso del film libanese “L’insulto” di Zia Doueiri del 2017, così come il recentissimo film cipriota “Torna a casa Jimi”, di Marios Piperides. Nel primo da una perdita d’acqua del balcone si arriva a un confitto di dimensioni abnormi finendo in tribunale; nel secondo i divieti e l’applicazione rigida delle normative europee costringono un giovane musicista spiantato a chiedere aiuto a persone poco raccomandabili per compiere atti illegali. In “Sarah & Saleem”, opera seconda del giovane paestinese Muayad Alayan, l’equivoco e il desiderio di revanche portano in galera un mite fattorino arabo che faceva le consegne per un panificio. Anche nel suo primo film “Amore, furti e altri guai” del 2015, il regista aveva già costruito un intrigo politico attorno a un equivoco, e viene messo in mezzo un ladro ingenuo.
“The Reports On Sarah And Saleem,” il titolo originale del film, ha vinto il Premio del Pubblico Huber Bals e il Premio Speciale della Giuria al Festival di Rotterdam, ma vediamo di seguito qual è la vicenda.
Sarah (interpretata da Sivabe Kretchner) gestisce un bar a Gerusalemme, mentre Saleem (interpretato da Adeeb Safadi) consegna proprio in quel bar i croissant appena sfornati dal panificio. Lei è ebrea e lui si presume musulmano, in quanto arabo. Si conoscono così sul lavoro, al bar, e tra loro si accende un rapporto passionale. Si incontrano la sera tardi, fanno l’amore nel retro del furgone, sono una coppia clandestina e adultera. Nessuno sa nulla della vita dell’altro, al di fuori del fatto che sono entrambi sposati.
Bisan (Maysa Abed-Alhadi), la moglie di lui, studia all’Università, è rispettosa delle tradizioni ed è incinta all’ultimo mese, ha quindi timore di fare male al bambino se fa sesso con il marito. David (Ishai Golan), il marito di lei, è un Colonnello della sicurezza israeliana, essendo quindi molto impegnato nelle azioni di pattugliamento, rientra quasi sempre la sera molto tardi e stanco. I due amanti, dunque, sembrano riempire con il sesso i vuoti affettivi.
Poiché Saleem ha bisogno di soldi, specialmente ora che sta per diventare padre, accetta un lavoro extra che il cognato gli propone, cioè di fare delle consegne “notturne” anche fuori Gerusalemme. Non domanda neanche cosa debba consegnare. Una sera deve andare a Betlemme e porta con sé anche Sarah. Convinti che lì non li conosce nessuno, entrano in un bar per bere una birra in pace: un palestinese molesta Sarah, Saleem lo picchia e ne nasce una rissa. Il palestinese giura vendetta.
Da lì in poi un crescendo di equivoci, Saleem è arrestato, accusato di spionaggio e d’istigazione alla prostituzione di donne israeliane. Qualcuno dei servizi segreti palestinesi riesce a farlo uscire a patto che lui scriva che la donna israeliana non è una prostituta, ma una donna che lavorava per lui (è solo “una formalità”, gli dicono). A malincuore lui scrive ciò che gli viene dettato.
Lo rilasciano, torna a casa sfigurato dalle botte, e la moglie lo accudisce, ignara della verità. Ma la sfortuna lo insegue e anche la polizia israeliana lo perseguita perché è sospettato di essere un sovversivo. La polizia vuole sapere a tutti i costi chi sia la donna traditrice. Lui non fa nomi, tace rischiando dieci anni di carcere. Saleem rimane in prigione e la sua vicenda diventa un caso politico, nell’equivoco che sia veramente parte della resistenza palestinese.
Così i rispettivi coniugi vengono a sapere dell’adulterio: David inizia a credere che la moglie sia realmente una traditrice e coinvolta in azioni sovversive, Bisan si sente tradita e offesa in quanto donna, moglie e futura madre. Varie vicende tra ricatti, minacce e quant’altro, che qui non voglio rivelare, porteranno a un finale dove le donne ne escono molto meglio e sembra di intuire un filo di speranza per il futuro.
Ma la vera protagonista del film è Gerusalemme, la città Eterna, teatro dei conflitti, capitale contesa di Israele e città Santa nell’Ebraismo, nell’Islam e nel Cristianesimo. La città “unita e divisa” si trova in mezzo alle montagne su una spianata rocciosa alta sulla valle incassata e, fuori le mura della città vecchia, si espande sulle pendici la città moderna, disordinata, fitta di edifici tutti diversi tra loro. È questo lo scenario di “Sarah & Saleem”, una tresca a sfondo sessuale tra due persone come ce ne sono tante: purtroppo lui era palestinese e lei israeliana.
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cardclau
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venerdì 26 aprile 2019
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il mondo è la mia casa?
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Il bel film del regista palestinese Muayad Alayan (ma che abbia un antenato armeno?) ci regala un bel tesoretto di considerazioni e riflessioni, mettendo alla prova il nostro ingegno. A rafforzare la sfida ci regala quattro attori convincenti e ben diretti (Saleem, Adeeb Safadi; Sarah, Silvane Ketchner; David, Ishai Golan; Bisan, Maisa Abd Elhadi) in una storia che travalica il reale per acquistare la dimensionalità conflittuale dell’essere umano.
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Il bel film del regista palestinese Muayad Alayan (ma che abbia un antenato armeno?) ci regala un bel tesoretto di considerazioni e riflessioni, mettendo alla prova il nostro ingegno. A rafforzare la sfida ci regala quattro attori convincenti e ben diretti (Saleem, Adeeb Safadi; Sarah, Silvane Ketchner; David, Ishai Golan; Bisan, Maisa Abd Elhadi) in una storia che travalica il reale per acquistare la dimensionalità conflittuale dell’essere umano. Saleem, un bel giovanotto palestinese, fa l’amore con Sarah, una bella donna israeliana. Già questa differenza “razziale” rappresenterebbe un problema (ma … una faccia, una razza?), se non che a complicarlo concorre il fatto che entrambi sono sposati (quindi si tratta di una relazione extraconiugale), Sarah ha una tenera figliolina con David; la moglie di Saleem, Bisan, aspetta da lui un figlio; che David è un colonnello dell’esercito israeliano; che tra li uni (dominatori) e gli altri (dominati) la paranoia e l’acredine hanno raggiunto livelli di incertezza e violenza pazzeschi. La passione sessuale tra Sarah e Saleem è travolgente, senza pensiero, condita da un bisogno potente di trasgressione, di mettersi in pericolo, e di fare esplodere le rispettive storie d’amore. Già Dante nel V Canto dell’inferno aveva affrontato la questione: “ … Intesi ch'a così fatto tormento enno dannati i peccator carnali, che la ragion sommettono al talento.” A giustificazione però di Paolo e Francesca è che il primo era giovane, gentile, ed attraente, e che la seconda era maritata ad un orribile, scorbutico, e panzuto guercio, per quanto ricco, padrone, e signore. Comunque, rimane a noi, come al sommo poeta, la pietas verso qualcosa che non capiamo, ma che è umanissimo (in Cristo si è fermato ad Eboli, Carlo Levi riportava la convinta credenza che la forza dell’amore carnale non si poteva vincere con alcun mezzo). Inoltre il film rimanda alla tematica del muro che separa i ricchi dai poveri, i vincitori dai vinti, i sani dagli insani, quelli che hanno futuro da quelli che non ce l’hanno. Qualsiasi sconfinamento non è previsto, non è consentito, anche la legge si muove decisamente in questa direzione. Ciò che era emerso nel Prigioniero coreano di Kim Ki-Duk (fra Corea del Nord e quella del Sud), quando il povero pescatore osservava: “ … "i pesci non hanno scampo quando vengono presi nella rete, e adesso nella rete sono stato preso io ...". O come nel recente bel film di Mario Piperides Torna a casa, Jimi! 10 cose da non fare quando perdi il tuo cane a Cipro, nell’indigesta e incredibile divisione fra Cipro greca e Cipro turca, con una linea di separazione che corre indifferente nel bel mezzo della città di Nicosia.
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guido
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mercoledì 24 aprile 2019
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bellissimo!!!
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Interessante e appassionante.
Protagonisti eccezionali e sceneggiatura scritta perfettamente.
Due ore che passano velocissime. Un film che ti tiene incollato allo schermo come solo pochi titoli sanno fare.
Complimenti a questo regista giovane e di grandissimo talento.
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anto83
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sabato 13 aprile 2019
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imperdibile!!!
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Visto all'anteprima di Milano alla presenza del regista. Un film che, oltre a coinvolgere emotivamente per la storia accattivante e la bravura dei suoi 4 protagonisti, offre anche uno spaccato illuminante della vita quotidiana a Gerusalemme e le difficoltà di convivenza tra Gerusalemme est e ovest. Un film coinvolgente, appassionate e drammaticamente attuale!!!
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gaiart
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venerdì 16 novembre 2018
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in palestina, nemmeno il sesso si può fare in pace
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The Reports on Sarah e Saleem
di Muayad Alayan
A Gerusalemme o a Betlemme, in Palestina, paesi IN GUERRA, nemmeno il sesso in un furgoncino si può fare IN PACE.
Partiamo da qui, da una battuta, per affrontare il resto.
Il comico assunto del film in cui un sexual intercourse tra una donna israeliana e un uomo palestinese, che si incontrano segretamente poichè entrambi sposati, è la base di partenza per una riflessione profondissima, che vira su più fronti, quello sociale, quello politico, quello umano, quello della giustizia, quello del potere e quello della libertà individuale.
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The Reports on Sarah e Saleem
di Muayad Alayan
A Gerusalemme o a Betlemme, in Palestina, paesi IN GUERRA, nemmeno il sesso in un furgoncino si può fare IN PACE.
Partiamo da qui, da una battuta, per affrontare il resto.
Il comico assunto del film in cui un sexual intercourse tra una donna israeliana e un uomo palestinese, che si incontrano segretamente poichè entrambi sposati, è la base di partenza per una riflessione profondissima, che vira su più fronti, quello sociale, quello politico, quello umano, quello della giustizia, quello del potere e quello della libertà individuale. Cosa semplicissima in occidente, in medio oriente non lo è affatto.
Si perchè lei, moglie di un colonnello dell'esercito israeliano si consola dalle assenze del marito con un fattorino palestinese che, oltre a pacchi di pane e brioches, le consegna la sua passione in mano.
Questo in positivo testimonia come la reciproca attrazione vada al di là di religione, credenze politiche, etnie e odi locali.
A causa di una serie di situazioni sfortunate però, la clandestinità dei due e, di conseguenza, le loro vite, si ingarbugliano e divengono in negativo, la propaganda di potere ed egoismo, auto salvazione, tentativo bieco di proteggere il proprio reciproco deretano dalla catastrofe, chi più o chi meno attenzione all'altro.
Quindi vengono coinvolti i servizi segreti palestinesi, le famiglie, l'esercito, avvocati e giustizia e il tutto diviene un caso di stato, dove menzogna e verità combaciano, in una trama del tutto shakesperiana e medioorientalmente hitchkockiana, in cui le verità di stato non sono le verità private.
Una sceneggiatura geniale, la regia di Muayad Alayan, dimostrano come si possa creare un film originale e potente, creativo e vero, netto e aperto al tempo stesso, perchè senza giudizio, basato su di un episodio realmente accaduto che coinvolge lo spettatore come fosse un thriller, lo anima emotivamente come se seguisse una telenovela, lo appassiona come una serie di cui non vorrebbe mai la fine e lo intriga come una spy story.
Ottimi attori e ben diretti, calpestano un terreno minato, quello dei rapporti interpersonali, della noia famigliare e delle incomprensioni reciproche, quello della passione fisica e della voglia di evasione da una routine.
Alzi la mano chi non ha mai provato una cosa del genere.
Alzi la mano chi da una semplice scappatella è finito in una questione di sicurezza governativa.
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