loland10
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domenica 28 aprile 2019
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un fattorino e... due borse
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“La caduta dell’imper americano” (La Chute de l'Empire Américain. 2018) è il quattordicesimo lungometraggio del regista-sceneggiatore canadese Georges-Henri Denys Arcand.
Ecco che la trilogia (forse non pianificata all’inizio) del regista si conclude dopo “Il declino dell’impero americano” (1986) e “Le invasioni barbariche” (2003).
Un cinema sociale e morale, un cinema sui sistemi e suoi vuoti, un cinema rigido e plastico.
Un fattorino, una prostituta, un ex galeotto, una ex moglie, un ladro in difficoltà e un finanziere dell’alta società.
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“La caduta dell’imper americano” (La Chute de l'Empire Américain. 2018) è il quattordicesimo lungometraggio del regista-sceneggiatore canadese Georges-Henri Denys Arcand.
Ecco che la trilogia (forse non pianificata all’inizio) del regista si conclude dopo “Il declino dell’impero americano” (1986) e “Le invasioni barbariche” (2003).
Un cinema sociale e morale, un cinema sui sistemi e suoi vuoti, un cinema rigido e plastico.
Un fattorino, una prostituta, un ex galeotto, una ex moglie, un ladro in difficoltà e un finanziere dell’alta società.Ecco che il miscuglio anomalo e sui generis si conosce e tenta un’impresa che sembra strana lontana da occhi indiscreti e dietro parvenze di seconde porte e entrate assolutamente secondarie.
Una vita che dice che il denaro è importante ma per pagarlo ci vogliono fiumi di soldi. Come farli. Come arrivare.
Ecco che dopo un incipit veritiero, sfocato e poco da discutere due ragazzi o finti tali si lasciano senza battere ciglio e ciascuno con le proprie posizioni. Di fronte e con lo sguardo lontano, seduti a toccare cibo, discutono sui futuri impossibili. Ecco che il lontano per Pierre-Paul Daoust diventa vicino e a toccata di mano.
Capita di fare una consegna mentre si svolge una rapina cruenta e con sangue. Una sparatoria, una fuga, due borse lasciate per strada, uno sguardo, nessun testimone: qualche secondo e il carico dietro al suo furgone. Arriva la polizia e anche le domande per Pierre. Il frugare dentro il furgone, uno stop improvviso, le portiere chiuse e il ragazzo trentaseienne, dottorato in filosofia e ligio al lavoro, parte, si ferma a casa e deposita il malloppo. Si cambia e ricomincia il giro di consegne.
Il tempo è registrato e l’avvisano dei ritardi ma come prima e mille pensieri, ricomincia la sua (quasi) vita normale. L’intelligenza non paga e tantomeno la filosofia del vivere. Allora cosa dici di fare. Aspettare la fortuna.E mentre il fattorino esce incontra un suo amico barbone che dice ‘credi alla provvidenza’ ‘non c’è ‘, ‘invece c’è...altrimenti sarei morto per overdose qualche anno fa’ (e sembrerebbe il ‘contraltare’ di memoria manzoniana). Bastava aspettare un attimo e la ‘fortuna’ di trovarsi nella situazione sbagliata (rapina) per un’occasione giusta (il denaro) paiono elidersi ma Pierre è sempre un bravo ragazzo. Tra libri e alienazione, separazione e distacco trova il coraggio di unirsi ad una strana compagnia. E la prima voglia è l’occasione di cercare una prostituta di alto bordo. Il sesso come silenzio e sfogo di carte monete troppe da contare. Il rapporto orale e non solo. Pierre e Aspasia si piacciano e si frequentano. E da lì nasce tutto il resto.
Ecco che il racconto del cineasta canadese segue una strategia di incontri casuali e voluti, di vuoti sociali da riempire, di corruzioni adescatrici, di rapporti pari, di viziosi giri e di rivincite senza crimini. La morale di una società priva di sentimenti pieni, il gioco di un mondo corrotto trovano appello tra persone ultime e con aspirazioni da sogno. Il regista non affonda i colpi veri: tutto rimane in una superficie plastificata mascherata da un film di-genere ben orchestrato e pianificato nei dettagli. Un thriller che tale non è, un inganno verso la legge che pare sempre arrivare dopo. E i due poliziotti (pieni di cliché e statuari come un ‘X-files’ tv qualsiasi), Pete e Carla, girano nella Montreal, pensando di ingannare il tempo lavorativo. Una manifestazione, un nascondiglio tombale, dei buoni clienti, le giostre su onlus insospettabili e i ‘barboni’ che credono di essere fuori dal giro. In poco tempo o quasi Pierre, Sylavain e Aspasia vendono le migliaia di banconote con un acume che par non vero.
I posti sono rituali ma come non pensare che prima di entrare nel luogo dei fatti è meglio controllare un’auto davanti dell’ultimo cliente con un roller d’ordinanza e un pieno da fuga. Troppo tardi, calibrato al millesimo pur senza l’ansia del film di gran movimento. Pochi stacchi e pochi movimenti di camera. Un film non pieno di ansie e quasi un commiato all’inerme mondo delle burocrazie legislative.
“Mi basterebbe una cucina, un letto, un divano e una tv per guardare lo sport”. Quasi un programma di vita per un ultimo che non aspira altro che dormire sotto un tetto.
Ecco che il ‘barbone’ amico di Pierre-Paul riceve un (vero)regalo inaspettato senza sapere da dove viene. Pierre e Camille sono, in fondo, dei generosi.
Cast vario e corretto; Alexandre Landry (Pierre-Paul Daoust) e Maripier Morin (Aspèasia/Camille) reggono bene con un ammiccamento facile e gentile. Fa capolino il doppio didietro per voglie e pubblico.
Regia di Denys Arcand bloccata e teatrale, sospesa tra i volti.
Voto: 6½ (***) -chi è in giuggiole per il suo cinema trova pane per i suoi denti-
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jonnylogan
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giovedì 27 febbraio 2020
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il crollo dell'occidente (?)
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Pierre, laureato in filosofia e ultra trentenne che ha ormai accantonato le sue velleità accademiche, lavora come autista per un corriere. Durante una consegna assiste involontariamente a una rapina dove, al termine di una sparatoria, rimangono varie vittime e un paio di borse piene di banconote. Prima dell’arrivo della polizia Pierre, dopo vari ripensamenti, decide d’impossessarsi della refurtiva, portarla a casa e, una volta calmate le acque, decidere cosa farne. Unico problema: la refurtiva appartiene alla criminalità organizzata, per questo sulle tracce di Pierre iniziano a muoversi sia la polizia ma anche le vittime del furto.
La civiltà capitalista si scontra per la terza volta con il regista canadese e premio Oscar Denys Arcand che completa la sua opera di dissezione del mondo occidentale, incarnato dalla società dei consumi di matrice americana, per la terza volta e a distanza di tre lustri dall’uscita de “Le invasioni barbariche” e a oltre trent’anni da “il declino dell’impero americano”.
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Pierre, laureato in filosofia e ultra trentenne che ha ormai accantonato le sue velleità accademiche, lavora come autista per un corriere. Durante una consegna assiste involontariamente a una rapina dove, al termine di una sparatoria, rimangono varie vittime e un paio di borse piene di banconote. Prima dell’arrivo della polizia Pierre, dopo vari ripensamenti, decide d’impossessarsi della refurtiva, portarla a casa e, una volta calmate le acque, decidere cosa farne. Unico problema: la refurtiva appartiene alla criminalità organizzata, per questo sulle tracce di Pierre iniziano a muoversi sia la polizia ma anche le vittime del furto.
La civiltà capitalista si scontra per la terza volta con il regista canadese e premio Oscar Denys Arcand che completa la sua opera di dissezione del mondo occidentale, incarnato dalla società dei consumi di matrice americana, per la terza volta e a distanza di tre lustri dall’uscita de “Le invasioni barbariche” e a oltre trent’anni da “il declino dell’impero americano”. Questa volta il regista originario di Deshambault se la prende direttamente con il capitalismo incarnato da coloro che a detta del corriere e dottore in filosofia Pierre Daoust rappresentano quanto di più obbrobrioso vi sia nella società contemporanea a iniziare da Donald Trump sino ad arrivare al ‘nostro’ Silvio Berlusconi, tutti rei di guadagnare eccessivamente rispetto ai loro sottoposti.
Rispetto alle precedenti due fatiche Arcand declina quest’ultima pellicola come una commedia intrisa di citazioni filosofiche e marxismo della prima ora. Ove il determinismo al quale si è spesso sottoposti - difficile non notare fra le parole dell’ottimo Alexandre Landry, nel ruolo del professor e corriere Pierre Daoust, proprio le tracce di un destino già segnato per lui e per tutti – può trovare quale unica possibilità di fuga un inatteso colpo di fortuna incarnato nello specifico in una refurtiva sottratta a personaggi molto più cattivi e ingiusti di noi. I protagonisti fra filosofia, ragionamenti economici, e una coppia d’investigatori che seguono le indagini con grande scrupolo, non riescono però ad andare oltre un finale conciliante e una morale ben distante dalle premesse iniziali.
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