Se è vero che chi fa il male riceve il male e chi fa il bene altrettanto riceve, nel film "The place" se ne ha l'applicazione pratica. Un uomo senza nome riceve ogni giorno, in qualunque momento della sua giornata, persone. Nello stesso bistrot, seduto sulla stessa sedia a guardare la vita degli altri, alcuni (molti) dei quali hanno bisogno di comunicargliela, quella vita. Ogni individuo porta con sé una storia, e un desiderio. L'Uomo dichiara realizzabile ogni desiderio, purché si assolva a un compito, non sempre "giusto". Anzi, molto spesso il compito da portare a termine è aberrante, e gli sessi postulanti ne sono spaventanti. "Puoi sempre rinunciare", dice lui. Ma l'ego viene prima di ogni cosa: il bisogno del momento diventa "ate", l' accecamento di cui sono vittima i personaggi della tragedia greca. E così, per alcuni di loro, la realizzazione del desiderio porta davvero con sé una tragica contropartita. Succede anche che si rinunci. E allora può accadere un miracolo, o può non accadere nulla. Anzi, può accadere tutto. Può accadere che ci si renda conto della necessità di aprirsi un varco oltre il proprio naso, per rendersi conto dell'esistenza di altri individui, altre storie, altri mondi. Il film di Genovese è sostanzialmente questo: un rincorrersi di egoismi in una spirale che da qualche parte si spezza. Come in una "stanza della tortura" i personaggi parlano con l'uomo (un Valerio Mastrandrea superbamente sfingico) come specchiandosi, interrogandosi, lacerandosi. Lui mostra qualche cedimento quando il libero arbitrio del committente va oltre le attese, spesso in pericolose derive. Il film è riuscito, ma in parte. L'operazione di una storia corale, come in "Perfetti sconosciuti" è meno convincente, e l'attenzione dello spettatore è concentrata soprattutto sull'identità di quell'individuo che non è facilmente identificabile come demonio o come angelo. E, mentre gli intrecci tra gli avventori del bistrot diventano facilmente prevedibili nel dipanarsi della trama, è proprio l'Uomo quello che spiazza, lasciando aperti degli interrogativi che non trovano risposta.
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