"… è giusto rendere onore alle grandi idealità nate dal marxismo e alla sua gente. La violenza criminale del gulag, lo stalinismo, gli errori, non possono cancellare gli ideali che hanno fatto vibrare milioni di uomini, di intellettuali, di operai, milioni di creature che hanno dato la vita non per Stalin, ma per un'idea di riscatto del mondo. L'identità di questi uomini lascia aperto un ammaestramento morale imprescindibile…” Moni Ovadia – Ballata di fine millennio
Meno di due secoli fa, in piena rivoluzione industriale, le condizioni di lavoro delle masse operaie erano disumane. Orari di lavoro pesantissimi, mediamente dalle 13 alle 15 ore giornaliere, in ambienti di lavoro malsani, per salari che permettevano a stento la sopravvivenza. L’impiego di bambini, a partire dai 5 anni di età, era sistematico, specialmente nell’industria tessile, come del resto il bieco sfruttamento delle donne.
Verso la metà dell’ottocento, con i primi fermenti di protesta e di ribellione, iniziarono le tensioni nelle fabbriche. Il vento delle nascenti idee anarchiche e socialiste alimentò rapidamente il fuoco delle rivendicazioni di giustizia e uguaglianza, favorendo la nascita dei movimenti rivoluzionari che avrebbero stravolto in pochi decenni il corso della storia contemporanea.
Gli anni tra il 1843 e il 1848 furono cruciali. Protagonisti di quel quinquennio, culminato con la pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista, sono stati due giovani tedeschi, nemmeno trentenni, Karl Marx e Friedrich Engels.
Il giovane Karl Marx racconta l’incontro tra i due pensatori, l’amicizia nata tra i fumi delle brasserie parigine nelle lunghe nottate passate a discutere, tra bevute e partite a scacchi. Ci immerge nella grande Storia e negli eventi che l’hanno plasmata attraverso la loro passione, gli slanci vitali, ma anche i dubbi e le afflizioni che li tormentavano. Intreccia mirabilmente le dinamiche storico-sociali alla dimensione intima e privata.
Le grandi idealità che animano l’azione rivoluzionaria si scontrano con i patimenti della quotidianità e la necessità di sbarcare il lunario per mantenere la famiglia. E’ un Marx assai diverso dall’icona seriosa dell’anziano barbuto che tutti conosciamo.
Le figure femminili sono fondamentali. Jenny von Westphalen abbandona gli agi della famiglia aristocratica per sposare Marx, lo seguirà ovunque condividendo la sua lotta fino alla fine. Per l’opera di Engels sarà invece determinante Mary Burns, l’operaia ribelle della fabbrica del padre che diventerà la sua compagna.
Il film di Raoul Peck è un biopic atipico, inconsueto, senza dubbio schietto e sincero. Tiene sempre la giusta distanza dalla retorica e dalla propaganda militante. Pur narrando vicende storiche controverse e speculazioni filosofiche complesse non rinuncia a rappresentarle. Molto efficaci in questo senso i comizi e gli scontri dialettici con Bakunin e il suo anarchismo, con il socialismo libertario di Proudhon o quello utopico di Weitling. E sempre evitando eccessi enfatici o didascalici. Il giovane Karl Marx appassiona proprio per questa sua sincerità di fondo.
L’accuratezza della ricostruzione degli ambienti dell’epoca, con scenografie e costumi rigorosi, restituisce un affresco storico credibile e ammaliante, anche grazie a una impeccabile fotografia desaturata, dai colori pastello e invecchiati. La struttura corale del film, invece di risultare penalizzante, esalta le magnetiche interpretazioni di August Diehl e Stephan Konarske, espressivi e affiatati sia tra di loro che con le rispettive compagne, Vicky Krieps e Hannah Steele, anch’esse bravissime.
Dopo l’acclamato I not your negro sull’intellettuale afroamericano James Baldwin, candidato all’Oscar e considerato uno dei migliori documentari della scorsa stagione, il regista haitiano Raoul Peck continua il suo racconto di personaggi storici “fuori moda” ma più che mai attuali. E anche questa volta parlando del passato riesce a farci riflettere sul presente.
L’urgenza di Marx e Engels di capire e interpretare le grandi trasformazioni socio-economiche portate dalle rivoluzione industriale e di trovare nello stesso tempo una via per cambiare quel capitalismo fatto di alienazione e sfruttamento è ancora più necessarianell’odierna crisi del mondo globalizzato, travolto dalla rivoluzione digitale e senza più riferimenti ideologici. Come ricorda Moni Ovadia, proprio la tensione morale di Karl Marx, la sua intransigenza nella lotta per un mondo più giusto, senza sfruttamento né sfruttati, è l’ammaestramento più importante che ci ha lasciato.
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