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martedì 4 ottobre 2016
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gli immigrati sullo sfondo
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Secondo me l'idea c'era ma la messa in pratica è stata a dir poco scadente. Abbiamo assistito a 1 ora e 45 minuti di nulla, intervallate da alcune scene toccanti strappacuore. Se vedere un bambino che costruisce un fionda è cinema chiudiamo baracca e burattini.
A mio modesto avviso la parte centrale del film avrebbe dovuto denunciare la brutalità dell'immigrazione, magari analizzata più nello specifico e non superficialmente come in Fuocammare e sullo sfondo ci sarebbe dovuta essere la vita degli isolani.
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Secondo me l'idea c'era ma la messa in pratica è stata a dir poco scadente. Abbiamo assistito a 1 ora e 45 minuti di nulla, intervallate da alcune scene toccanti strappacuore. Se vedere un bambino che costruisce un fionda è cinema chiudiamo baracca e burattini.
A mio modesto avviso la parte centrale del film avrebbe dovuto denunciare la brutalità dell'immigrazione, magari analizzata più nello specifico e non superficialmente come in Fuocammare e sullo sfondo ci sarebbe dovuta essere la vita degli isolani.
Film mediocre e noioso, vergognosa la candidatura agli oscar.
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fabiofeli
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sabato 27 febbraio 2016
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un marinaio salva chi è in pericolo in mare
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Samuele ha 12 anni e vive a Lampedusa, isola di 20 km quadrati a 20 miglia dalle coste africane e a 120 miglia dalle coste italiane. Esperto fabbricatore di fionde colpisce le pale di fichidindia sagomate a rudimentali visi verdi. Non è semplice la sua vita: ha un occhio “pigro” che non vuole vedere e lo deve allenare bloccando l’altro; in barca soffre il mare e deve camminare sul pontile mobile per dominare lo stomaco che si ribella. La nonna, moglie di un pescatore, prepara per la famiglia gli spaghetti con il sugo e col polipo e rassetta la camera senza dimenticare i baci alle immagini sacre che la gremiscono. Un giovane da una radio “privata” manda in onda canzoni con dedica.
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Samuele ha 12 anni e vive a Lampedusa, isola di 20 km quadrati a 20 miglia dalle coste africane e a 120 miglia dalle coste italiane. Esperto fabbricatore di fionde colpisce le pale di fichidindia sagomate a rudimentali visi verdi. Non è semplice la sua vita: ha un occhio “pigro” che non vuole vedere e lo deve allenare bloccando l’altro; in barca soffre il mare e deve camminare sul pontile mobile per dominare lo stomaco che si ribella. La nonna, moglie di un pescatore, prepara per la famiglia gli spaghetti con il sugo e col polipo e rassetta la camera senza dimenticare i baci alle immagini sacre che la gremiscono. Un giovane da una radio “privata” manda in onda canzoni con dedica. Tutto questa “normalità” è contemporanea ai salvataggi di migranti sui barconi e le prime cure apprestate. Il dottore spiega alla giovane incinta che partorirà una bambina. Anche la vita dei migranti conosce momenti di normalità: la preghiera collettiva e perfino un torneo calcistico. Ma ascoltiamo dalla loro voce le drammatiche vicissitudini, che spiegano ampiamente i motivi della fuga dal luogo di origine. E spesso, troppo spesso, con il cuore gonfio i militari italiani recuperano nelle barche decine di cadaveri …
L’emergenza viene raccontata come fatto ordinario da Rosi, che utilizza lunghi piani-sequenza, anche con eleganza formale, alternando la vita quotidiana dell’isola e i salvataggi. Il film commuove e non può essere altrimenti quando si è di fronte a una tragedia epocale, ma i toni sono e restano sommessi. La pellicola di Rosi vince l’Orso d’argento al festival di Berlino; la popolazione di Lampedusa merita il Nobel per la Pace, come il fornaio dell’isola greca che ha sfornato pane per giorni per i profughi siriani appena sbarcati. E questo con buona pace dei capipopolo arruffapopoli nostrani o europei, che vagheggiano e costruiscono muri e sbarramenti con fili spinati: non capiscono il fenomeno della migrazione e si arroccano nella loro miserevole ignoranza e mancanza di misericordia. Un marinaio salva chi è in pericolo sul mare anche a costo della propria vita. Samuele, c’è da giurarlo, diventerà un buon marinaio e non ucciderà uccelli con la infallibile fionda.
Un film da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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[+] nobel per l'isola
(di andrea di franco)
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vanessa zarastro
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mercoledì 2 marzo 2016
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come si cresce a lampedusa nonostante i migranti
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Il titolo completo del film, a mio avviso, dovrebbe essere: “Fuocoammare, ovvero come si cresce a Lampedusa nonostante i migranti”. Rosi per girare il film ha vissuto un anno sull’isola, ha esaminato bene i problemi e ha conosciuto a fondo le persone del luogo. Il film, infatti, presenta due storie, o meglio due situazioni, che scorrono parallelamente nell’isola senza incontrarsi. Samuele è il bambino dodicenne nato e cresciuto sull’isola il cui padre fa il pescatore e vivono entrambi con i nonni paterni. È una descrizione poetica di una vita fatta di nulla o di piccole cose che ricorda un po’ l’infanzia e l’adolescenza di mezzo secolo fa, senza troppe tecnologie (non c’è neanche un cellulare in tutto il film) fatta di giochi all’aperto, di fionde auto-costruite, di uccellini di notte, di motorini e di barche a remi.
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Il titolo completo del film, a mio avviso, dovrebbe essere: “Fuocoammare, ovvero come si cresce a Lampedusa nonostante i migranti”. Rosi per girare il film ha vissuto un anno sull’isola, ha esaminato bene i problemi e ha conosciuto a fondo le persone del luogo. Il film, infatti, presenta due storie, o meglio due situazioni, che scorrono parallelamente nell’isola senza incontrarsi. Samuele è il bambino dodicenne nato e cresciuto sull’isola il cui padre fa il pescatore e vivono entrambi con i nonni paterni. È una descrizione poetica di una vita fatta di nulla o di piccole cose che ricorda un po’ l’infanzia e l’adolescenza di mezzo secolo fa, senza troppe tecnologie (non c’è neanche un cellulare in tutto il film) fatta di giochi all’aperto, di fionde auto-costruite, di uccellini di notte, di motorini e di barche a remi.
Il film, girato molto su tempi reali, riesce a trasmettere il disagio del passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza, fatto di paure, di miti dell’uomo forte (papà ma tu soffrivi di mal di mare da piccolo?), di dubbi e incertezze tra la caccia agli animali e la loro amicizia. Anche la lentezza delle scene comunica la lunghezza delle giornate e una certa noia quotidiana che ognuno di noi può ricordare dei propri malesseri pre-adolescenziali.
Così le scene negli interni: la nonna che cucina, la nonna che cuce, i nonni che prendono il caffè, il pranzo con gli spaghetti e le seppie, il rifacimento quotidiano del letto, hanno dei tempi lunghissimi, a mio avviso anche un po’ eccessivi.
L‘altra storia, invece, è fatta di vite salvate, di barconi arrivati, di accoglimento e identificazione (con i numeri) dei migranti. Le due storie si alternano nel montaggio inframezzati dalla radio locale che trasmette musiche (per lo più canzoni siciliane) che i radioamatori scelgono e dedicano ai loro cari. L’unico elemento in comune è l’assistenza del dott. Pietro Bartolo, direttore dell’ASL di Lampedusa da una trentina d’anni, che accudisce gli abitanti così come si occupa, con amore e sofferenza, di tutti coloro che giungono via mare dal continente africano non abituandosi mai al dolore e alla morte.
I tempi lenti descrivono la vita del sud in generale con le sue lentezze nei gesti, tempo e spazio isolani lontani mille miglia dalla cosiddetta “civiltà” continentale o, tantomeno, metropolitana. Le scene sono bellissime, inquietanti e commoventi pur senza descrivere o indugiare sulle disgrazie.
Rosi sembra sempre accennare ai temi senza mai scavarli a fondo a metà tra il documentario e il film (ma li chiamano docu-film appunto?) e riconosco in questo gli stessi elementi riscontrati nel suo “Sacro G.R.A.” anche nelle scelte che non condivido. Anche lì ci sono vari mondi, quello interno nelle case, quelli nei vari luoghi vissuti dagli abitanti (il botanico, il nobile piemontese e sua figlia laureanda, un barelliere, il pescatore di anguille…le pecore) a ridosso del raccordo; tutti questi mondi sono in contrapposizione a un altro più alluso che è proprio la vita dell’autostrada. Ma quello era un documentario (sui generis) che durava 93’.
C’è, a mio avviso, qualcosa nel montaggio dei suoi film che non convince e che mi lascia perplessa: come fosse un po’ artificioso, si sente pensato a tavolino, che toglie scorrevolezza e naturalezza ai suoi lavori. Ciononostante Rosi ha sicuramente meritato il riconoscimento dell’Orso d’oro 2016 a Berlino e che ha accolto così: «Dedico il premio a tutte le persone che non sono riuscite ad arrivare su quest’isola nel loro viaggio della speranza, e ai lampedusiani che dai primi sbarchi del 1991 accolgono chi scappa dalla fame e dalle guerre. È un posto di pescatori che accetta tutto quello che viene dal mare. Una lezione che dovrebbe essere imparata da tutti. Non è accettabile che la gente muoia in fuga dalle tragedie».
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maumauroma
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venerdì 7 ottobre 2016
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fuocoammare
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Il significato da dare al Tempo e' il vero protagonista di questo documentario di Gianfranco Rosi. Un Tempo che in mare passa troppo in fretta per cercare di salvare i migranti disperati, basta un attimo in piu' che passa' per riempire d'acqua i polmoni e spezzare una vita. Un Tempo eternamente lento sulla terraferma, un tempo fatto di abitudini e di noia, tra letti rifatti, lavori a maglia, ,ricordi che affiorano nella memoria dei vecchi, tra cene con fioca luce e stazioni radio a conduzione familiare. Mentre ragazzini giocano alla guerra con fionde e con il braccio steso a mo' di finta mitragliatrice. Mondi entrambi poveri e incomunicabili, a loro modo disperati.
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Il significato da dare al Tempo e' il vero protagonista di questo documentario di Gianfranco Rosi. Un Tempo che in mare passa troppo in fretta per cercare di salvare i migranti disperati, basta un attimo in piu' che passa' per riempire d'acqua i polmoni e spezzare una vita. Un Tempo eternamente lento sulla terraferma, un tempo fatto di abitudini e di noia, tra letti rifatti, lavori a maglia, ,ricordi che affiorano nella memoria dei vecchi, tra cene con fioca luce e stazioni radio a conduzione familiare. Mentre ragazzini giocano alla guerra con fionde e con il braccio steso a mo' di finta mitragliatrice. Mondi entrambi poveri e incomunicabili, a loro modo disperati.
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onufrio
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lunedì 6 marzo 2017
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gli occhi pieni ma la mente vuota
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Fa sempre piacere vedere un film italiano candidato agli Oscar. Fuocoammare, come in Sacro Gra, si mantiene fuori da una catalogazione ben precisa, definirlo documentario è eccessivo, definirlo film è riduttivo, rimane sospeso in un limbo che lascia un pò perplessi. Perchè se sei a Lampedusa e vuoi parlare della tragedia umana dei migranti il modo in cui lo fa Rosi è a dir poco innovativo, a mio parere in negativo, perchè alternare scene fra di loro poco connesse aiuta poco alla comprensione dell'opera, definita in tanti "d'autore" proprio perchè l'autore fa dell'opera ciò che vuole lasciando allo spettatore domande senza risposte e visioni senza comprensioni.
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Fa sempre piacere vedere un film italiano candidato agli Oscar. Fuocoammare, come in Sacro Gra, si mantiene fuori da una catalogazione ben precisa, definirlo documentario è eccessivo, definirlo film è riduttivo, rimane sospeso in un limbo che lascia un pò perplessi. Perchè se sei a Lampedusa e vuoi parlare della tragedia umana dei migranti il modo in cui lo fa Rosi è a dir poco innovativo, a mio parere in negativo, perchè alternare scene fra di loro poco connesse aiuta poco alla comprensione dell'opera, definita in tanti "d'autore" proprio perchè l'autore fa dell'opera ciò che vuole lasciando allo spettatore domande senza risposte e visioni senza comprensioni.
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fabio
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giovedì 16 agosto 2018
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verismo da solo non basta ma che dio lo protegga
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Confesso che la prima impressione non era stata buona; il film non mi era piaciuto un granchè.
Poi, pian piano, nel corso dei mesi mi accorgevo che continuavo a pensarci e più ci pensavo più lo rivalutavo positivamente.
Certi film hanno il pregio di raccontare storie che devono essere sempre raccontate, perche parlano a noi e di noi.
Con coraggio Rosi è di quei pochi che ancora lo fanno con passione e verità.
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terencemallick
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sabato 20 febbraio 2016
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orso d'oro
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Gianfranco Rosi vince ancora .
Dopo il leone d’oro a Venezia con Sacro Gra si ripete a Berlino con l’orso d’oro .
Film documentario che scuote ; qual argomento se non quello dell’immigrazione in questo tempo per valicare il muro tedesco e portare alla luce immagini e reportage di ciò che accade di continuo ai fianchi europei .
Scorrono immagini dure (corpi morti ammucchiati come spazzatura nella stiva della barca) affiancate da quelle di vita quotidiana degli abitanti dell’isola .
Un medico che cura gli arrivati in fin di vita , un pescatore sub acqueo che esce di casa giorno e notte per non far mancare il pasto sulla tavola , un conduttore della radio locale che manda in onda solo musica e messaggi degli ascoltatori forse a voler significare un silenzio mediatico.
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Gianfranco Rosi vince ancora .
Dopo il leone d’oro a Venezia con Sacro Gra si ripete a Berlino con l’orso d’oro .
Film documentario che scuote ; qual argomento se non quello dell’immigrazione in questo tempo per valicare il muro tedesco e portare alla luce immagini e reportage di ciò che accade di continuo ai fianchi europei .
Scorrono immagini dure (corpi morti ammucchiati come spazzatura nella stiva della barca) affiancate da quelle di vita quotidiana degli abitanti dell’isola .
Un medico che cura gli arrivati in fin di vita , un pescatore sub acqueo che esce di casa giorno e notte per non far mancare il pasto sulla tavola , un conduttore della radio locale che manda in onda solo musica e messaggi degli ascoltatori forse a voler significare un silenzio mediatico.
Altra metafora importante è quella di Samuele , bambino protagonista del film .
La sua parziale cecità per un occhio e la sua spinta alle armi simboleggiano la chiusura degli occhi e la violenza silenziosa attuata dalla politica europea che fino ad ora non ha mai preso una vera e concreta decisione per evitare i continui e perpetui naufragi nel Mediterraneo .
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[+] un atto doveroso e un'opera urgente
(di tom87)
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mauridal
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sabato 7 maggio 2016
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focuammari
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Quando un regista di cinema d'autore, come Luchino Visconti, volle affrontare una realtà da raccontare come lo sfruttamento dei pescatori siciliani di Acitrezza, allora scelse il documentario come linguaggio filmico, con tutte le caratteristiche dello stile neorealista. Volti di attori non professionisti, recitazione diretta, dialetto come lingua originale,poche concessioni allo sguardo visivo se non una fotografia accurata e un montaggio esperto. Ebbene dopo l'ormai storico film "LA TERRA TREMA" di Visconti appunto, Gianfranco Rosi , documentarista e autore di Cinema di alto livello, riesce a calcare le orme del grande maestro con il suo Fuocoammare, che parla del mare oggi, anzi del mare siciliano di Lampedusa e di quella parte del mare Mediterraneo che sta tutt'ora vivendo una tragedia storica epocale, una storia paragonabile ai vari olocausti che l'umanità sulla terra ha dovuto affrontarenei secoli , senza alcuno sconto da parte di nessuna religione o divinità possibile.
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Quando un regista di cinema d'autore, come Luchino Visconti, volle affrontare una realtà da raccontare come lo sfruttamento dei pescatori siciliani di Acitrezza, allora scelse il documentario come linguaggio filmico, con tutte le caratteristiche dello stile neorealista. Volti di attori non professionisti, recitazione diretta, dialetto come lingua originale,poche concessioni allo sguardo visivo se non una fotografia accurata e un montaggio esperto. Ebbene dopo l'ormai storico film "LA TERRA TREMA" di Visconti appunto, Gianfranco Rosi , documentarista e autore di Cinema di alto livello, riesce a calcare le orme del grande maestro con il suo Fuocoammare, che parla del mare oggi, anzi del mare siciliano di Lampedusa e di quella parte del mare Mediterraneo che sta tutt'ora vivendo una tragedia storica epocale, una storia paragonabile ai vari olocausti che l'umanità sulla terra ha dovuto affrontarenei secoli , senza alcuno sconto da parte di nessuna religione o divinità possibile. Di fronte a questa ancora attuale tragedia dell'emigrazione apocalittica, di intere popolazioni dell'Africa , che poteva essere un argomento deterrente per un qualsiasi regista di cinema , per Gianfranco Rosi , diventa una ragione di cinema del reale, da non confondere con l'impegno sociale per cambiare le cose , con una azione di lotta per un cambiamento rivoluzionario. Un film non è un documento politico, Può e deve essere una visione , una messa a fuoco un'aggiustamento della vista degli spettatori e del pubblico, cioè tutti noi che guardiamo il film. La scelta di narrare l'episodio dell'occhio pigro di un ragazzino che non ci vede bene , mentre l'altro occhio vede benissimo per tirare i sassi agli uccellini con la fionda, mi sembra una calzante metafora di come una parte consistente di umanità, quella civile occidentale , ma anche di quella orientale ricca e piena di risorse, non voglia proprio vedere l'altra parte minore di umanità derelitta e misera, senza alcuna speranza di sopravvire ovunque si trovi, in africa in oriente on elle zone di guerra o in territori dalla natura inospitale Dunque il fim riesce a narrare con una sua forza specifica tutto il contesto e il merito della storia anche attraverso la gente e il popolo di Lampedusa a cui il film e credo anche il regista stesso rende omaggio. (mauridal)
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filippo catani
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sabato 8 ottobre 2016
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il dramma di lampedusa e dei migranti
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Attraverso una serie di storie, Rosi ci racconta la drammatica situazione che si vive sull'isola di Lampedusa.
Rosi realizza un buon documentario. Inutile dire che le parti più forti sono quelle che raccontano dei drammatici e quotidiani salvataggi in mare aperto oppure le scene subacquee dove vediamo i relitti di queste bagnarole stipate di centinaia di persone disperate che scappano dalla fame e dalla guerra. Il racconto dei nigeriani e di quello che hanno dovuto passare soprattutto durante la loro permanenza in Libia fa venire i brividi. Così come non si può non solidarizzare con il medico che cerca di farsi capire in una sorta di esperanto da una donna incinta per spiegarle che il bimbo sta bene.
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Attraverso una serie di storie, Rosi ci racconta la drammatica situazione che si vive sull'isola di Lampedusa.
Rosi realizza un buon documentario. Inutile dire che le parti più forti sono quelle che raccontano dei drammatici e quotidiani salvataggi in mare aperto oppure le scene subacquee dove vediamo i relitti di queste bagnarole stipate di centinaia di persone disperate che scappano dalla fame e dalla guerra. Il racconto dei nigeriani e di quello che hanno dovuto passare soprattutto durante la loro permanenza in Libia fa venire i brividi. Così come non si può non solidarizzare con il medico che cerca di farsi capire in una sorta di esperanto da una donna incinta per spiegarle che il bimbo sta bene. Allo stesso tempo Rosi racconta anche la vita di chi a Lampedusa vive e di chi soprattutto ci lavora come pescatore. Ecco ovviamente com'era stato il caso di Sacro Gra questo non è un documentario diciamo alla Moore e forse diciamo che per il soggetto trattato quella cifra stilistica si sarebbe meglio adattata magari sacrificando alcune parti un po' così. Resta comunque un documentario ben fatto e nonostante purtroppo una certa assuefazione alle immagini che quotidianamente ci propongono i tg, è impossibile rimanere insensibili davanti a certe immagini o a certi volti.
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2016
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grande cinema, grande pensiero
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I documentari di Gianfranco Rosi vincono i migliori Festival del Cinema internazionale. Vincono non nella Sezione Documentari, ma quali Miglior Film in assoluto di tutta la rassegna. Sacro Gra vince il Leone d’Oro a Venezia nel 2013. Ora Fuocoammare vince l’Orso d’Oro a Berlino 2016. Ho conosciuto Rosi nel 2012 al Salina Doc Festival, nel corso del quale è stato proiettato un altro suo magistrale documentario, girato a Benares, India, in due riprese, a distanza di quattro anni l’una dall’altra. Si tratta di Boatman, finito di montare nel 1993. Il regista a prua con la sua cinepresa e un barcaiolo che rema a poppa, in un limitato cerchio di mare che sembra, però, circoscrivere l’intero senso dell’universo.
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I documentari di Gianfranco Rosi vincono i migliori Festival del Cinema internazionale. Vincono non nella Sezione Documentari, ma quali Miglior Film in assoluto di tutta la rassegna. Sacro Gra vince il Leone d’Oro a Venezia nel 2013. Ora Fuocoammare vince l’Orso d’Oro a Berlino 2016. Ho conosciuto Rosi nel 2012 al Salina Doc Festival, nel corso del quale è stato proiettato un altro suo magistrale documentario, girato a Benares, India, in due riprese, a distanza di quattro anni l’una dall’altra. Si tratta di Boatman, finito di montare nel 1993. Il regista a prua con la sua cinepresa e un barcaiolo che rema a poppa, in un limitato cerchio di mare che sembra, però, circoscrivere l’intero senso dell’universo. Un film di appena 56 minuti che andrebbe rimesso in qualche sala e fatto studiare in ogni scuola di cinema.
Fuocoammare prende il titolo sia da una canzone siciliana che ascoltiamo nel film, sia da ciò che non solo simbolicamente accade nel tratto di mare attorno a Lampedusa. Fuoco anche sulla pelle viva dei naufraghi che si intride e si ustiona del carburante che fuoriesce dagli scassati scafi che li trasportano. Fuoco sull’epidermide, gelo nelle ossa, sotto quei sottili metallici teli termici dorati dentro cui si avvolgono. . Spendo responsabilmente la parola “capolavoro”e non la limito al solo campo d’arte del cinema. La estendo a quella del pensiero, perché la forma alta delle immagini cinematografiche di Rosi esprime nella maniera più profonda e nello stesso tempo più trasparente il pensiero critico, filosofico di ciò che sta avvenendo su quell’estremo confine liquido dell’Europa che è l’isola di Lampedusa. Non c’è inchiesta televideo-giornalistica, trattato politico, antropologico, testimonianza diretta che sappia esprimere in maniera più intellettivamente sensibile il dramma umano che corre sul filo di quelle correnti. Siccome il film è stato presentato a Berlino, ossia nel cuore del continente, ora nessuno in Europa potrà dire: non sapevamo. Il divario tra l’essere l’entità geo-politica più estesa e ricca del pianeta e l’incapacità di elaborare un piano unitario per affrontarla dopo questo film appare ancora più insopportabile.
Per questo suo essere forma alta di pensiero nel modo delle immagini, Fuocoammare merita molto più che un premio cinematografico, seppure di prestigio come quello assegnatogli a Berlino. È un’opera che rientra ormai pienamente nella vicenda di Lampedusa e dei suoi abitanti. Gianfranco Rosi ha vissuto un anno tra i porto, gli scogli e gli scorci rocciosi dell’isola. Pietro Bartolo, il medico protagonista di tante guarigioni ma anche di troppo certificazioni cliniche di morte dei naufraghi, è stato anche il suo medico curante. I ragazzini che ritrai fuori e dentro le barche su quel cerchio di mare sono stati come i propri figli adottivi. Domani se all’isola italiana di Lampedusa – come a quella greca di Lesbo - sarà riconosciuto il Premio Nobel per la Pace, crediamo che in esso rientra pienamente Fuocoammare.
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