luciano baldi
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mercoledì 2 aprile 2014
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finalmente freschezza e poesia al cinema
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Ho scoperto questo piccolo film colto, con inquadrature splendide e una sceneggiatura originale. L' indecisione dei personaggi purtroppo rispecchia quello che siamo oggi senza però rinunciare a farci ridere di gusto, ce n' è sempre bisogno! Non so se il pubblico è pronto per film di questo tipo , di sicuro non è corretto catalogarlo come drammatico, anzi ho sentito lo stesso regista definirlo una commedia e infatti dopo averlo visto posso confermare che lo è ! È un peccato che la gente che non conosce Ferrario e gli attori, tutti bravi eppure sconosciuti, vengano allontanati perché leggono che è drammatico! Musiche splendide .
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flyanto
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mercoledì 2 aprile 2014
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il dolente trascorrere le giornate di tre individu
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Film in cui si racconta di tre giovani (due uomini ed una donna) che condividono la stessa casa trascorrendo le proprie giornate abbastanza passivamente e sempre nell'attesa che un qualcosa di eclatante cambi quanto prima loro la vita. Ma la casa che in realtà è di proprietà di uno di loro alla fine verrà ipotecata costringendo i tre protagonisti a lasciarla definitivamente ed a cercarsi una propria collocazione definitiva sia fisica che umano/esistenziale.
Quest'ultima opera di Davide Ferrario può essere interpretata un pò come un eco della sua precedente "Dopo mezzanotte", in quanto molte tematiche e l'atmosfera evanescente in generale sono le stesse, e cioè la ricerca dell'amore vero ed assoluto, la grande passione per il cinema ed il forte desiderio di dare un senso od uno scopo alla propria esistenza di essere umano, il tutto ambientato nella città di Torino, peraltro splendidamente ripresa e fotografata, che da sfondo diventa sempre di più protagonista nel corso della vicenda.
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Film in cui si racconta di tre giovani (due uomini ed una donna) che condividono la stessa casa trascorrendo le proprie giornate abbastanza passivamente e sempre nell'attesa che un qualcosa di eclatante cambi quanto prima loro la vita. Ma la casa che in realtà è di proprietà di uno di loro alla fine verrà ipotecata costringendo i tre protagonisti a lasciarla definitivamente ed a cercarsi una propria collocazione definitiva sia fisica che umano/esistenziale.
Quest'ultima opera di Davide Ferrario può essere interpretata un pò come un eco della sua precedente "Dopo mezzanotte", in quanto molte tematiche e l'atmosfera evanescente in generale sono le stesse, e cioè la ricerca dell'amore vero ed assoluto, la grande passione per il cinema ed il forte desiderio di dare un senso od uno scopo alla propria esistenza di essere umano, il tutto ambientato nella città di Torino, peraltro splendidamente ripresa e fotografata, che da sfondo diventa sempre di più protagonista nel corso della vicenda. Ma proprio perchè il regista non dice nulla di nuovo, il film purtroppo risulta altamente ripetitivo perdendo, rispetto appunto al precedente , quell'originalità e quella freschezza che ne costituivano le caratteristiche eclatanti nonchè lo stesso suo pregio. L'unica differenza rimarcabile sta nel finale: una risoluzione definitiva della vicenda, con il coronamento del sentimento amoroso tra i due protagonisti, in "Dopo Mezzanotte", una risoluzione invece in sospeso, con un anelito, forse, di speranza per il futuro, qui, ne "La Luna su Torino", quasi il regista abbia voluto rappresentare il proprio disincanto nonchè incertezza sul destino dei giovani di quest'epoca contemporanea.
Avrebbe potuto scaturirsi un'opera più riuscita: un vero peccato!
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gianni quilici
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sabato 29 marzo 2014
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film inutile
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Di Davide Ferrario ho apprezzato diversi film da Tutti giù per terra a Guardami, da Dopo mezzanotte a La strada di Levi.
La luna su Torino, invece, mi ha deluso e annoiato. L’ho trovato un film inutile, perché mi ha lasciato poco.
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Di Davide Ferrario ho apprezzato diversi film da Tutti giù per terra a Guardami, da Dopo mezzanotte a La strada di Levi.
La luna su Torino, invece, mi ha deluso e annoiato. L’ho trovato un film inutile, perché mi ha lasciato poco. Mi ha lasciato, all’inizio, soltanto quella possibile magia notturna sulla Torino per l’originalità delle inquadrature, il montaggio inventivo, la musica adeguata e quella voce fuori campo su quel 45esimo parallelo, che attraversa Torino e simbolicamente la divide tra il Polo Nord e l’Equatore, e che lasciava presagire un film originale e forse magico.
Invece questa possibile magia, quel desiderio di trovare la “leggerezza calviniana” o la pensosità leopardiana, di cui il regista ha parlato, è, a mio parere, fallita.
Ed è fallita per i personaggi banali, privi di consistenza psicologica e ideologica, né profondi, ma neppure leggeri.
Si potrebbe obiettare: Ferrario non cercava la leggerezza nella profondità, come invece, per fare due esempi recenti, sono riusciti a trovare Woody Allen in Blue Jasmine o Guillaume Gallienne in Tutto sua madre, a dare, cioè, leggerezza a dei drammi.
Davide Ferrario ha creato tre personaggi, intorno a cui ruota il film. Questi vivono una precarietà esistenziale: dei sentimenti e degli stessi propositi per il futuro, a cui qualunquisticamente sfuggono. Non ci sono in loro domande, né ricerche e neppure dramma, infelicità.
Di fronte a questo universo il regista aveva una possibilità: fare cinema.
Rendere questi personaggi parodistici cinematograficamente, giocando sul ritmo che trova la gag, sulla felicità delle battute. Trovare quella felicità, che è il messaggio dichiarato del film, non dai personaggi, ma dal film stesso, dalla sua creatività.
Invece il ritmo del film è fiacco, le battute banali, le citazioni letterarie e cinematografiche fuori contesto, il riferimento metaforico di Torino senza un plausibile senso e le sequenze virano più verso la farsa che la commedia. Peccato!
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