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Llewyn Davis (Oscar Isaac) è un cantante folk che non riesce a fare abbastanza successo per mantenersi. Gira per il Greeenwich Village di New York venendo ospitato ora da un amico ora da un altro. Il suo letto abituale è un divano. Faceva parte di un duetto con Timlin, ma costui si è appena suicidato gettandosi da un ponte. Davis si esibisce in un piccolo locale, il Gaslight Cafè, dove la paga del cantante esce dalle mance dei clienti. E’ abbastanza bravo ed ha prodotto un disco che ha avuto successo, ma a lui è fruttato poco denaro. E’ alla ricerca del successo, ma con il timore di scivolare nel commerciale che aborrisce.
Nella settimana a New York al termine di una serata viene insultato e picchiato da un tizio nel cortile posteriore del locale per un motivo non chiaro. Forse è solo un segno della sua sfortuna, iniziata quando scappa il gatto degli amici che lo ospitano, mentre si chiude alle spalle la porta dell’appartamento. Con pazienza riprende il gatto e se lo porta dietro anche a Chicago dove ha un’audizione con un big discografico. La prova con due strani cantanti, ovviamente, ha un esito negativo. Tutto congiura contro di lui, al punto tale che quando la sfortuna è troppa, assume toni comici come accade per il protagonista di A serious man degli stessi Cohen. Lì un ebreo osservante, morigerato, equilibrato ne patisce più che il proverbiale Giobbe. Ma anche Davis non scherza: con un solo affrettato rapporto ha messo incinta Jean (Carey Mulligan), che con il marito Jim (Justin Timberlake) l’ha ospitato in casa su un divano. Si prende tutte le contumelie possibili dalla donna che lo annichila. Paga l’aborto, ma Jean ci ripensa. Paga la quota per il brevetto navale e poi perde il documento per una possibile evasione in mare da un’esistenza grama. Il ciclo della settimana di guai si conclude, come un cerchio di sventure, con gli insulti e l’aggressione; a scatenare l’ira dell’uomo, pare, è stata una critica ad una cantante, moglie dell’aggressore …
Gli inizi degli anni ’60 e del mondo dei folksingers, prima dell’avvento della chitarra elettrica di Bob Dylan, vengono resi con toni di colore spenti, grigi e ocra, assimilabili quasi a un patinato bianco e nero; viene descritta una città gelida, ostile, assediata dal freddo e dalla neve; il protagonista gira con una misera giacca di velluto, la sua chitarra e il gatto sulla spalla, infreddolito, precario e sempre affamato. Oscar Isaac è molto bravo, espressivo, e si cala nei panni del cantante Dave Van Ronk che ha ispirato la pellicola. Lui stesso è anche un ottimo cantante, rendendo credibile il personaggio mentre si cimenta con le belle canzoni dell’epoca, tra le quali spiccano “500 miles” e “Hang me”, con testi poetici, musica e calibrate interpretazioni. Non a caso i due registi danno un importante rilievo alla parte musicale del film, che è stata affidata alla attenta cura di T Bone Burnett. Anche gli altri personaggi (con una citazione particolare per la Mulligan) sono bravi e ottimamente diretti; ma questa non è una novità per i film dei fratelli Cohen. Una pellicola da non mancare, che a Cannes ha ottenuto il premio della Giuria.
Valutazione ****
FabioFeli
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