A proposito di Davis |
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Un film di Joel Coen, Ethan Coen.
Con Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, Ethan Phillips, Robin Bartlett.
continua»
Titolo originale Inside Llewyn Davis.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 105 min.
- USA, Francia 2013.
- Lucky Red
uscita giovedì 6 febbraio 2014.
MYMONETRO
A proposito di Davis
valutazione media:
3,82
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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A proposito di Davisdi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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martedì 11 febbraio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La prima scintilla è venuta dalla biografia di Dave Van Ronk e la parte visiva in molti esterni deve molto a ‘The freewheelin’ Bob Dylan’, ma il nuovo film dei fratelli Cohen non è la rievocazione della scena folk del Greenwich Village, bensì il ritratto di un uomo che in quella scena cerca di farsi strada. Che non sarà molto lunga, lo si capisce già dal fatto che, per le vie del quartiere, Davis ci passeggia con un gatto sulla spalla invece che a braccetto di Suze Rotolo: del resto è un artista appena discreto (probabilmente il treno giusto è passato quando si è suicidato Timlin, assieme al quale si esibiva come duo) e un uomo che la fortuna non dimostra di meritarsela. E’ vero che bisogna sempre fidarsi della canzone e non del cantante, ma Davis dimostra di essere un egocentrico interessato solo alla sua musica e, di conseguenza, irresponsabile nei confronti degli altri, a partire da coloro che gli offrono ospitalità nel suo vagare senza dimora: lontano dalla famiglia, dorme sul divano in questa o quella casa e ha rapporti occasionali con donne altrui che poi lo ripudiano. Il viaggio della speranza è verso Chicago, ma dopo l’impietoso giudizio dell’impresario Bob Goodman (F. Murray Abrahams in una piccola parte), Davis accetta nel suo intimo che la musica non potrà essere la sua vita: dopo l’ultimo spettacolo nel solito club, lascia il palco a chi cambierà la storia e va a espiare parte dei propri peccati nel vicolo. Il risultato è una commedia amarissima, come spesso succede nei lavori dei Coen: benché numerose siano le situazioni o le battute che strappano il sorriso e anche la risata, il sottofondo resta sempre assai triste in quella che è la narrazione di un tratto nel percorso di vita di un perdente. Con una barba che fa molto artista e stretto nella sua giacchetta perché non può permettersi un cappotto, Oscar Isaacs disegna con grande finezza un personaggio non facile, perennemente in sospeso tra le aspirazioni artistiche e la mediocrità di tutti i giorni: l’attore nato in Guatemala è praticamente sempre in scena e si districa con abilità sia sul registro drammatico, sia dal lato commedia e – oltre a dover maneggiare un gatto, animale che odia - interpreta con la giusta partecipazione le canzoni del suo personaggio (il maestro è stato il supervisore alle musiche T-Bone Burnett, i brani sono quasi tutti traditional riarrangiati). Gli altri attori finiscono per essere fatalmente di contorno, ma ciò non vuol dire che le loro prova non aggiunga valore al risultato finale: se questo è vero anche per Justin Timberlake, lo è ancora di più per Carey Mulligan (che risulta assai più carina da mora) e, soprattutto, John Goodman nella parte di un tossico musicista jazz che si diverte a massacrare a parole la musica folk (e Davis in generale) nel viaggio verso Chicago. Davvero azzeccate sono poi le facce dei personaggi di contorno, scelte con una cura davvero mirabile a partire dall’anziano discografico Mel (Jerry Grayson all’ultima apparizione) e coetanea segretaria per finire alla coppia di amici benestanti Mitch e Lillian con i relativi ospiti – i due sono i padroni del gatto che Davis si ritrova fra i piedi e al quale presta quasi più attenzioni che agli esseri umani che lo circondano. Fotografato con toni in prevalenza freddi – e opportunamente invernali – dal francese Bruno Delbonnel, ‘A proposito di Davis’ non raggiunge il livello dei migliori fra i film dei fratelli Coen (ad esempio, la trasferta in una gelida Chicago è tirata troppo per le lunghe), ma è comunque un lavoro che, seppur non facile, lascia ampiamente soddisfatti, grazie a una capacità di fare cinema subito riconoscibile nelle atmosfere come nella rappresentazione delle singole situazioni – basterebbero le inquadratura nel ristorante deserto sulla via per il Midwest o la prospettiva kubrickiana della scena nel bagno. Infine, un’annotazione curiosa: il titolo italiano non compare mai, perché quello originale si può vedere solo in una fuggevole inquadratura dell’ (invenduto) disco solista del protagonista.
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