enzo70
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sabato 3 gennaio 2015
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ozpetek torna alle origini
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Dopo l’ottimo magnifica presenza Ozpetek torna a raccontate l’amore a modo suo, evidenziando le contraddizioni di un sentimento che negli estremi trova la sua esaltazione. Il film è ambientato a Lecce e racconta la storia di una coppia che trova nelle sue diversità la forza. Elena è una ragazza di buona famiglia, volitiva, energica, priva di pregiudizi ed aperta alla vita; il suo migliore amico e socio è Fabio, un ragazzo gay che si scopre ad un certo punto essere stato il ragazzo del fratello, poi morto di Elena. Antonio è un meccanico, bello quanto ignorante, macho fino al midollo spinale, tatuato e muscoloso. I due hanno due figli e la quotidianità sembra mettere a repentaglio il loro rapporto, esaltando le differenze.
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Dopo l’ottimo magnifica presenza Ozpetek torna a raccontate l’amore a modo suo, evidenziando le contraddizioni di un sentimento che negli estremi trova la sua esaltazione. Il film è ambientato a Lecce e racconta la storia di una coppia che trova nelle sue diversità la forza. Elena è una ragazza di buona famiglia, volitiva, energica, priva di pregiudizi ed aperta alla vita; il suo migliore amico e socio è Fabio, un ragazzo gay che si scopre ad un certo punto essere stato il ragazzo del fratello, poi morto di Elena. Antonio è un meccanico, bello quanto ignorante, macho fino al midollo spinale, tatuato e muscoloso. I due hanno due figli e la quotidianità sembra mettere a repentaglio il loro rapporto, esaltando le differenze. Ma un tumore al seno di Elena esalta il loro particolare rapporto e sostanzialmente riscatta le debolezze di Antonio. Il cinema di Ozpetek è fatto per andare sempre oltre le righe in modo originale e con questo film il regista turco torna, in parte, alle origini del suo lavoro.
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tanielo
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lunedì 29 dicembre 2014
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film toccante
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la ricetta del film di sicuro non è delle più originali, ma il film è toccante ed emozionante.
Di sicuro merita la visione
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mizio.for
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sabato 13 dicembre 2014
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un bel film interpretato bene
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Un film che appassiona e che ha degli interpreti perfetti in una trama coinvolgente.
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gianleo67
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venerdì 3 ottobre 2014
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paura dell'air bag?
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Elena, giovane e bella cameriera, non ostante le iniziali incompatibilità caratteriali si innamora, ricambiata ,di Antonio, già ragazzo di una sua collega e amica, un rude e prestante meccanico che non si cura di celare la sua aggressività ed i suoi insopprimibili pregiudizi razziali e sessuali. Passano gli anni; Elena ha avviato un'attività in proprio con l'amico e collega di sempre, un giovane e brillante ragazzo gay, ed è sposata con Antonio da cui ha avuto due figli. Tutto sembra procedere per il meglio, non ostante la crisi economica ed i dissidi con un marito fedifrago, quando le piomba tra capo e collo una infausta diagnosi medica. Lotterà con tutte le sue forze contro la malattia, anche grazie al sostegno di un marito che le rimane vicino e con cui rinverdisce una antica complicità fisica e sentimentale.
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Elena, giovane e bella cameriera, non ostante le iniziali incompatibilità caratteriali si innamora, ricambiata ,di Antonio, già ragazzo di una sua collega e amica, un rude e prestante meccanico che non si cura di celare la sua aggressività ed i suoi insopprimibili pregiudizi razziali e sessuali. Passano gli anni; Elena ha avviato un'attività in proprio con l'amico e collega di sempre, un giovane e brillante ragazzo gay, ed è sposata con Antonio da cui ha avuto due figli. Tutto sembra procedere per il meglio, non ostante la crisi economica ed i dissidi con un marito fedifrago, quando le piomba tra capo e collo una infausta diagnosi medica. Lotterà con tutte le sue forze contro la malattia, anche grazie al sostegno di un marito che le rimane vicino e con cui rinverdisce una antica complicità fisica e sentimentale.
Dalle location assolate della Puglia e grazie al sostanzioso intervento produttivo pubblico di RAI Cinema e della Apulia Film Commission, parte questo ennesimo spottone promozional turistico del turco,naturalizzato italiano, Ferzan Optzetek sulle ammiccanti attrattive di un paesaggio meridionale fatto di affascinati borghi medievali, movida alle cime di rapa e candide spiagge dalle incontaminate acque turchesi e che inquadra il solito campionario di accordi,disaccordi & pregiudizi sulla falsariga di una variopinta comunità televisiva in trasferta sul grande schermo e di una velleitaria (e un pò ridicola) pretesa di coniugare il tono brillante della commedia sentimentale, quello più riflessivo del melodramma familiare (?) con le ricadute posticcie di una edulcorata analisi sociale. Regista di affollate commediole sulle multiformi sfaccettature di una finta modernità nostrana (uno dice: sarà perchè è straniero e non avrà capito), imbastisce una inutile teoria di avvolgenti piano sequenza e refrain melodrammatici con lo scopo di convincerci che l'amore supera i pregiudizi (quelli del bruto macho e omofobo di Antonio e quelli culturali e sociali della bella Elena) e che magari riesce a sconfiggere pure la morte e la malattia, senza curarsi minimamente tanto della credibilità psicologica dei personaggi (si passa dall'odio all'amore attraverso un incomprensibile rivolgimento ormonale di una cameriera in preda alle fregole e sensibile alle debolezze da sindrome dislessica; come si dice: chi disprezza compra) quanto di una coerenza narrativa che ci teletrasporta, per i prodigi di un presumibile errore del montaggio, dalle irritanti schermaglie della prima parte alle stucchevoli evoluzioni sentimentali e relazionali della seconda. Sullo sfondo posticcio di questa pretestuosa fiction televisiva, finiscono quindi per accumularsi una teoria infinita di luoghi comuni e di banalità narrative che appiattiscono le prospettive e mortificano l'intelligenza, provocando ilarità e sbadigli e, talvolta, il sussulto divertito di qualche apprezzabile intervento del teatrante di turno (Elena Sofia Ricci e Luisa Ranieri), ma nulla più. Peccato per la bella canzone di Cocciante (nella versione del grande Rino Gaetano) utilizzata per imbellettare un finale che fa confusione tra scene alla 'Ghost', loop temporali e nostalgia canaglia. Manco a dirlo: ottimo riscontro al box office, David di Donatello (nomination) e Nastri d'argento (premi) come se piovesse. Allacciate le cinture, anche perchè l'air bag può esplodervi in faccia.
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max.antignano
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lunedì 15 settembre 2014
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il circolo vizioso
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Per chi come me ama Ozpetek e pensa che La finestra di fronte sia uno dei più bei film italiani degli ultimi trentanni è difficile dire se questo ultimo Allacciate le cinture sia piaciuto o no. Sicuramente il paragone, e tra le storie, e nel modo in cui sono raccontate, non regge, e risulta dolorosamente inferiore. Sarà il personaggio del marito che oltre che antipatico sembra stereotipato all'estremo? (a proposito, ma quei tatuaggi non sono un pò troppo "moderni"?) Sarà che il personaggio della moglie risulta troppo, ma davvero troppo apparentemente forte e decisa? Sarà che il rimando tra presente e passato è mal gestito e disorienta lo spettatore? I fantasmi, comparsi in maniera dirompente con la visione di Ambra Angiolini in Saturno Contro e continuati in Mine Vaganti e Magnifica Presenza, sembrano ormai invadere la visone di Ozpetek e dominarla non più solo come espediente narrativo di grande impatto emotivo, ma come ingombrante determinante della storia.
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Per chi come me ama Ozpetek e pensa che La finestra di fronte sia uno dei più bei film italiani degli ultimi trentanni è difficile dire se questo ultimo Allacciate le cinture sia piaciuto o no. Sicuramente il paragone, e tra le storie, e nel modo in cui sono raccontate, non regge, e risulta dolorosamente inferiore. Sarà il personaggio del marito che oltre che antipatico sembra stereotipato all'estremo? (a proposito, ma quei tatuaggi non sono un pò troppo "moderni"?) Sarà che il personaggio della moglie risulta troppo, ma davvero troppo apparentemente forte e decisa? Sarà che il rimando tra presente e passato è mal gestito e disorienta lo spettatore? I fantasmi, comparsi in maniera dirompente con la visione di Ambra Angiolini in Saturno Contro e continuati in Mine Vaganti e Magnifica Presenza, sembrano ormai invadere la visone di Ozpetek e dominarla non più solo come espediente narrativo di grande impatto emotivo, ma come ingombrante determinante della storia. Si certo, gli estremi si attraggono, si sa, la vita e la morte, l'odio e l'amore, il presente col passato e il futuro. Ma se questo è il senso del film, è declinato talmente tanto da definire un circolo vizioso anzichè un percorso, col rischio per lo spettatore di non uscirne più. I lati apprezzabili non mancano: La storia è romantica, sensibile, cinica e tenera insieme. Bravi gli attori, alcuni costretti a prove impegnative (che brava Paola Minaccioni, che forza e garbo ha saputo dare al suo personaggio), qualche situazione comica non manca (ma in un film di opposti i contraltari forse avrebbero dovuto essere di più), i grandi comprimari non mancano (la parrucchiera stronza è esilarante), l'ambientazione (Lecce) è bellissima e la luce straordinaria .
In sostanza il giudizio è medio-basso perchè l'aspettativa era alta. Se Ozpetek è sempre autobiografico (perlomeno nella citazione di eventi della sua vita, consigliatissima la lettura del suo libro Rosso Istambul ), tuttavia non si può dire le stesse cose senza rischiare di deludere. Ecco perchè l'esigenza di un cambio di passo, di una evoluzione, sembra necessaria, per chi come lui potrebbe essere non un grande regista italo-turco, ma un grande regista. Punto. Senz'altro.
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astromelia
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mercoledì 3 settembre 2014
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tra bassi e altini
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perchè è un film ,è vero,ma non rispecchia la realtà,lo scadente sta nel rapporto sessuale in ospedale,ma quando mai? E poi,alla fine la protagonista muore o no?Perchè stiamo qui a fare commenti ma non centriamo il succo del film,che fra l'altro mi sembra un'aperta denuncia contro il settore medico nel dialogo con la dottoressa,mi pare comunque il peggior dei film di ozpetek,tra alti e bassi,ma più bassi che altro
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rubro
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giovedì 28 agosto 2014
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ozpetek 10, un mezzo disastro
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Partiamo da questo: Ozpetek è un bravo regista, ha realizzato delle commedie deliziose, anche con qualche contenuto, facendo sempre scelte intelligenti in tutte le fasi della realizzazione cinematografica. Ma questo “Allacciate le cinture” è però semplicemente un brutto film, veramente brutto. La trama, se così si può dire, è talmente povera che non vale tanto considerarla. Il punto più critico sono gli attori. La Smutniak nella prima parte del film persevera in una espressione imbalsamata, con alcuni abbozzi di stati emotivi mai portati a compimento. E il peggio arriva con Francesco Arca: recitazione costantemente imbarazzata (a poco servono i tagli del montaggio), con una tenuta veramente miserabile dei – purtroppo molti – primi piani, impaccio totale nei movimenti.
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Partiamo da questo: Ozpetek è un bravo regista, ha realizzato delle commedie deliziose, anche con qualche contenuto, facendo sempre scelte intelligenti in tutte le fasi della realizzazione cinematografica. Ma questo “Allacciate le cinture” è però semplicemente un brutto film, veramente brutto. La trama, se così si può dire, è talmente povera che non vale tanto considerarla. Il punto più critico sono gli attori. La Smutniak nella prima parte del film persevera in una espressione imbalsamata, con alcuni abbozzi di stati emotivi mai portati a compimento. E il peggio arriva con Francesco Arca: recitazione costantemente imbarazzata (a poco servono i tagli del montaggio), con una tenuta veramente miserabile dei – purtroppo molti – primi piani, impaccio totale nei movimenti. Qualcuno dovrebbe pur dirgli che, oltre alle palestre, esistono anche le scuole di recitazione (che comunque non fanno miracoli…). Infine, vorrei dire, già i tatuaggi per un attore vanno male, perché ostacolano nell’eventualità la completezza di una caratterizzazione, ma Arca più che tatuato sembra uno che è andato a finire sotto una rotativa tipografica! Un’esperienza sbagliata, insomma, questo “Allacciate le cinture”, dove si salvano, per buona volontà, nell’ordine, Scicchitano, Scianna e Crescentini, bravi attori che riescono a nuotare nella paludosa sceneggiatura e a sopravvivere professionalmente alla banalità dei dialoghi. Bella la fotografia, netta, che ritaglia le sagome dei protagonisti e dà brillantezza alle immagini. Pregevole la musica, a tratti intensa, che si pone però a commento di una drammaticità non sempre reperibile. Una cosa del film salverei: l’eleganza narrativa del finale, dove la tragicità dell’epilogo viene sfumata con maestria, evitando di gonfiare elementi che avrebbero spinto in modo scontato verso la commozione.
Un’ultima considerazione, neanche un modestissimo consiglio al valido Ozpetek, ma che esprimerei con un esempio: se un regista è anche un provetto scalatore e praticante di ascensioni, non per questo si deve sentire obbligato ad infilare un accordato gruppo di alpini in ogni sceneggiatura… Il problema non sta nell’omofobia, ma nella ossessività con cui spesso si presentano gli orientamenti sessuali (anche etero, vedi Tinto Brass), tanto da condizionare le proprie scelte fino a rischiare l’errore (già nella composizione del casting, per esempio), o da indurre quasi forzatamente all’allestimento di una segnaletica di appartenenza, quale ideale tributo a una comunità con cui, si ritiene, si deve essere solidali.
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no_data
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venerdì 25 luglio 2014
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un colpo all'anima.
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Se uno ha vissuto quella passione, non ci sono parole.
Per gli altri, un bel film, bei personaggi, caratterizzati bene.
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alexander 1986
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mercoledì 23 luglio 2014
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love story made in puglia
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Lecce, anni Duemila. Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca) non dovrebbero ma si innamorano, pur essendo lui un cafone latino ignorante e lei una borghese relativamente colta e aperta d'idee, con tanto di amico gay al seguito (Filippo Scicchitano). Tutto qui. In mezzo ci sono fidanzati e fidanzate da cornificare, un duo di madri lesbiche e simpatiche, una pesante malattia a mettere a dura prova l'impianto lacrimogeno.
Ozpetek si limita a un bel film di sentimenti facili, lontano anni luce dal potere corrosivo delle sue prime opere perché sono in effetti trascorsi molti anni da quelle e nel frattempo le loro idee sono diventate politicamente corrette. Notevole la trasformazione fisica dei due protagonisti principali nel corso della storia, il più bravo è Scicchitano.
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Lecce, anni Duemila. Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca) non dovrebbero ma si innamorano, pur essendo lui un cafone latino ignorante e lei una borghese relativamente colta e aperta d'idee, con tanto di amico gay al seguito (Filippo Scicchitano). Tutto qui. In mezzo ci sono fidanzati e fidanzate da cornificare, un duo di madri lesbiche e simpatiche, una pesante malattia a mettere a dura prova l'impianto lacrimogeno.
Ozpetek si limita a un bel film di sentimenti facili, lontano anni luce dal potere corrosivo delle sue prime opere perché sono in effetti trascorsi molti anni da quelle e nel frattempo le loro idee sono diventate politicamente corrette. Notevole la trasformazione fisica dei due protagonisti principali nel corso della storia, il più bravo è Scicchitano. Sarebbe stato un po' più interessante valorizzare i personaggi di Francesco Scianna e Carolina Crescentini. Da vedere con fazzoletti a portata di mano.
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gianmaria1966
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giovedì 15 maggio 2014
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imbarazzante
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Film inconsistente quest'ultimo di Ozpetek.
La trama è abbastanza scontata e decisamente banale.
Cerca di colpire dritto nel cuore con situazioni di grande coinvolgimento emotivo (la malattia, l'amore che supera ogni barriera) ma lo fa in modo stucchevole e puerile.
I personaggi "sopra le righe" che caratterizzano il suo cinema qui sono poco credibili (la compagna di stanza in ospedale).
Ottimo per chi ama le fiction televisive ed i romanzi di Moccia.
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