donni romani
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domenica 25 novembre 2012
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vivere e morire a south central
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Uno spaccato crudo e spietato della vita di due agenti di pattuglia a South Central, quartiere a dir poco problematico di Los Angeles. Raccontata così la trama del nuovo film di David Ayer sembrerebbe l'ennesimo poliziesco, ma a fare la differenza è la scelta registica di incollare la telecamera a mano ai due protagonisti, di riprenderli in azione con l'affanno che loro stessi provano, con inquadrature sporche e visioni parziali che ci fanno percepire la tensione di un quotidiano fatto di irruzioni pericolose, scoperte disturbanti ed azioni al limite del lecito.
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Uno spaccato crudo e spietato della vita di due agenti di pattuglia a South Central, quartiere a dir poco problematico di Los Angeles. Raccontata così la trama del nuovo film di David Ayer sembrerebbe l'ennesimo poliziesco, ma a fare la differenza è la scelta registica di incollare la telecamera a mano ai due protagonisti, di riprenderli in azione con l'affanno che loro stessi provano, con inquadrature sporche e visioni parziali che ci fanno percepire la tensione di un quotidiano fatto di irruzioni pericolose, scoperte disturbanti ed azioni al limite del lecito. Brian Taylor e Mike Zavala sono colleghi e partners di pattuglia ma sono anche amici, si confidano le difficoltà della vita sentimentale -Taylor single all'inizio del film poi felicemente fidanzato e sposato, Zavala legatissimo alla moglie conosciuta sui banchi di scuola e alla loro numerosissima famiglia messicana - giocano fra loro e fanno scherzi ai colleghi per sdrammatizzare una vita sempre in bilico fra rischi, emozioni difficili da lasciare la sera nell'armadietto del distretto e realtà che non si possono ignorare, come la rivalità fra le band di neri e quelle di messicani che si dividono il territorio fra armi e droga. Taylor sta seguendo anche un corso di cinema e con la sua telecamera a mano riprende le azioni in cui sono coinvolti, regalando a noi le soggettive e i primi piani che caratterizzano la loro giornata. I frammenti di storie che man mano scivolano sullo schermo sono schegge impazzite di una società malata, di cui non sapremo mai la fine, quasi che il caos e il degrado siano intercambiabili, che un orrore prosegua nel successivo, anche se i protagonisti sono diversi. Seguiamo i due agenti fra le fiamme di un incendio da cui riescono salvare tre bambini, negli abissi di uno scantinato dove esseri umani vengono venduti come merce scaduta o nella scoperta macabra di cadaveri smembrati e intuiamo che il costante ricorso alla battuta o allo sberleffo è una antidoto all'orrore quotidiano cui devono assistere, spesso impotenti. La tragedia è sempre in agguato, i volti sfigurati di due colleghi testimoniano la pericolosità di un lavoro tanto ripetitivo quanto sempre in bilico sull'abisso e la scena finale, temporalmente precedente all'epilogo, è un pugno nello stomaco, diretto e feroce quanto le realtà cui Taylor e Zavale hanno assistito fino ad allora. Si può rimanere perplessi all'inizio del film dalla sequela di crimini registrata in tempo reale dalla frenetica telecamera di Taylor, ma quando la pellicola finisce si capisce che questo è uno di quei film che restano dentro, con la sua coraggiosa forza vitale che sopravvive all'orrore perennemente in agguato. Perfettamente affiatati ed in parte i due protagonisti, esaltati, inquieti, eroici e rissosi, inchiodati allo stesso destino dei criminali cui danno la caccia, un destino fatto di violenza e di paura, di vita e di morte.
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gabriele.vertullo
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domenica 25 novembre 2012
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intrigante mockumentary sulla polizia
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Cosa accade se un agente della polizia impugna una videocamera e si improvvisa regista? Il risultato è End of Watch, perché questo non è un film sulla polizia, ma un film della polizia. Una realtà e un realismo che vengono sbattuti in faccia allo spettatore, senza filtri o retoriche, immagini schiette e fotografate, che in alcuni punti sembrano acquistare il taglio documentaristico (o perlomeno le forme del genere).
Taylor (Jake Gyllenhaal) e Zavala (Michael Peña) sono due poliziotti di Los Angeles, che operano principalmente nella zona di Newton, quartiere caldo nella lotta alla droga e caduto in balia dei narcos messicani.
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Cosa accade se un agente della polizia impugna una videocamera e si improvvisa regista? Il risultato è End of Watch, perché questo non è un film sulla polizia, ma un film della polizia. Una realtà e un realismo che vengono sbattuti in faccia allo spettatore, senza filtri o retoriche, immagini schiette e fotografate, che in alcuni punti sembrano acquistare il taglio documentaristico (o perlomeno le forme del genere).
Taylor (Jake Gyllenhaal) e Zavala (Michael Peña) sono due poliziotti di Los Angeles, che operano principalmente nella zona di Newton, quartiere caldo nella lotta alla droga e caduto in balia dei narcos messicani. I due amici sono agenti modello nel corpo della polizia locale, vivono una vita soddisfacente e felice, negli affetti e nei lavori. Taylor, appassionato di cinematografia, registra ogni minuto della loro vita (professionale e privata) con la sua videocamera. La situazione si complica progressivamente nel momento in cui superano la “linea di sicurezza”, interessandosi ai movimenti e alle operazioni del principale gruppo dei narcos del luogo.
Peculiarità strutturale e di notevole efficacia è la molteplicità degli “occhi” con cui si gira e si guarda il film, i punti di vista sono molteplici e disparati, non abbiamo solo la prospettiva di Taylor agente operativo, ma anche il suo lato familiare e privato; il regista David Ayer affida le riprese anche al gruppo degli spietati trafficanti, così che si verifica una sostanziale scomposizione e agitazione registica, con conseguenze di considerevole impatto visivo ed emotivo: End of Watch è un film vertiginoso, asfissiante, crudo e feroce, che catapulta lo spettatore nelle dinamiche e nella vivacità dell’azione.
Lo scenario raffigurato nel film è caratterizzato da fazioni e tensioni, che non riguardano solo la polizia e i messicani, ma che coinvolgono anche i neri, impegnati nello scontro per l’egemonia del traffico della droga. In questa cornice bollente e imprevedibile l’unica certezza è attestata dalla storia di fratellanza e amicizia che caratterizza i due amici e che si pone come perno irremovibile di tutta la storia. End of Watch non è solo la sequenza di immagini toste e amare, ma anche la dimostrazione di una classe di poliziotti tutt’altro che stilizzati, profondamente umani e spinti da una orgogliosa vocazione che valica i confini della semplice professione.
Il regista David Ayer persegue una determinata progettualità nella realizzazione del film, l’unico ostacolo che sembra frapporsi è la categoria di Eroismo, che cerca di evitare ed esorcizzare sia esplicitamente sia indirettamente, ma che diventa chiave di lettura del racconto, con tutte le sue eccezioni e contraddizioni. Ayer consapevole di tutto ciò stempera e smorza il finale, regalandoci una scena conclusiva che centra in pieno l’anima della storia.
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ashtray_bliss
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lunedì 4 marzo 2013
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tolleranza zero per la criminalita' e la malavita.
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Un po' di scetticismo puo' prevalere prima di vedere il film in questione, End of Watch: forse la paura che sia il solito poliziesco, o che la storia non riesca a catturare ed appassionare gli spettatori, ma superati questi dubbi iniziali, quando ci si lascia alla visione completa del film, ci si rende conto che End Of Watch e' un film insolito e originale, sicuramente un prodotto memorabile non tanto per via dei contenuti, quanto per lo stile registico scelto: quello della telecamera a mano, lo stile candid camera, dove le (video)camere seguono continuamente i due protagonisti e ci rendono partecipi nonche' testimoni delle vicende quotidiane con le quali si devono affrontare i due poliziotti.
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Un po' di scetticismo puo' prevalere prima di vedere il film in questione, End of Watch: forse la paura che sia il solito poliziesco, o che la storia non riesca a catturare ed appassionare gli spettatori, ma superati questi dubbi iniziali, quando ci si lascia alla visione completa del film, ci si rende conto che End Of Watch e' un film insolito e originale, sicuramente un prodotto memorabile non tanto per via dei contenuti, quanto per lo stile registico scelto: quello della telecamera a mano, lo stile candid camera, dove le (video)camere seguono continuamente i due protagonisti e ci rendono partecipi nonche' testimoni delle vicende quotidiane con le quali si devono affrontare i due poliziotti. Inoltre, grazie all'uso della tecnica documentaristica, sono assicurati i colpi di scena, il cambio veloce di scene/angolature e quindi il film non risulta mai monotono, lento o piatto riuscendo in pieno a tenere lo spettatore attento al susseguirsi di eventi proposti sullo schermo.
La trama segue esclusivamente i due poliziotti, Taylor (Gyllenhaal) e Zavada (Pena), partner sul lavoro ma anche grandi amici nella vita; i quali si occupano di risolvere piccoli o grandi crimini nel tormentoso quartiere di South Central, LA. Quartiere in balia della malavita, sia dei latinos che dei neri, dove gli uni odiano gli altri, dove le gangs si scontrano a suon di spari e traffico illegale di ogni tipo: droga, armi e persino traffico umano.
Arrivare alla fine del turno, per i due agenti di pattuglia in quella zona, non e' una cosa facile ma hanno imparato a difendersi e proteggersi l'uno l'altro.
Due agenti onesti che si muovono costantemente in un ambiente corrotto, degradato, un luogo dove tutti gli individui si muovono nell'ombra, lontano dalla legalita' e dalla forze dell'ordine che Taylor e Zavada cercano di far rispettare a tutti i costi.
E quello che emerge dalle sequenze amatoriali e documentaristiche delle telecamere dei poliziotti non e' altro che un frammento, che va oltre la verosimiglianza, di cio' che accade dietro le quinte della Citta' degli Angeli: Traffico di droga illimitato, gangs violente che tentano a tutti i costi di prevalere sugli altri del quartiere e sfidano spudoratamente la polizia; a questo punto memorabili le scene dei poliziotti dove uno viene ritrovato con un coltello conficcato nell'occhio e l'altra agente viene massacrata di botte.
Altrove ci sono donne e madri tossicodipendenti che vivono nel degrado, incendiano volontariamente la loro abitazione e si dimenticano di avere dei figli da proteggere e mettere in salvo (li interverranno coraggiosamente i due protagonisti).
In tutto questo contesto asfissiante di violenza perpetua, dove ogni giorno e' peggio del precedente, dove non c'e' la benche' minima speranza per umanita', fratellanza e pacifica convivenza, i due agenti si raccontano le proprie- felici- vicende sentimentali e famigliari, unico spiraglio di distacco da una realta' brutale e cruda.
Fino al momento in cui anche ai due agenti viene tesa una trappola, dai narcos latinos e in una sequenza notturna molto adrenalinica; assistiamo all'incredibile ferocia con la quale numerosi latinos, armati di mitra e fucili, si scagliano contro i due agenti, ovvero contro l'intero sistema di ordine e giustizia.
Entrambi sono feriti ma solo Zavada verra' ucciso. La sequenza finale ci propone gli ultimi momenti di spensieratezza, in auto, mentre entrambi si raccontano episodi imbarazanti e divertenti del loro passato. Scena che viene utilizzata che sollevare parzialmente lo spettatore da tutto quel vortice fatto di violenza e criminalita' alla quale avevamo assistito per tutta la durata del film.
Scelta registica azzeccata che riesce a far distinguere End Of Watch dal resto delle pellicole poliziesche, nonche' donargli verosimiglianza grazie alla tecnica documentaristica. Niente di nuovo sul piano della tematica affrontata, sempre attuale e angosciante, sulla criminalita' dilagante ed incontrollabile che regna nei barrio degradati delle grandi metropoli americane (e non solo).
Impeccabili gli attori, entrambi, che riescono a far emergere ottimamente il profilo di due agenti onesti e corretti (non corrotti) ma anche di persone normali alle prese con i problemi quotidiani e famigliari. Gyllenhaal e Pena fanno emergere dunque il profilo di agenti realistici e verosimili, eroi che vengono premiati per la loro solidarieta' ma anche persone umane, vulnerabili, che camminano costantemente sul filo del rasoio, in bilico tra la vita e la morte.
Prodotto molto valido e consigliato.
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[+] perchè racconti il film fino al finale?
(di asal66)
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mansueto
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sabato 24 novembre 2012
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due dispersi (disgustati), uno sconfitto ()
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Quanto Ayer si auto-traduca nuovamente nella sua ruvida condizione e storia di giovane quarantenne "morto" in gioventù per le strade anomiche di una Los Angeles "vista dal basso" è cosa nota nel suo ossessivo ricorso alla narrazione delle asperità più profonde dei ghetti estremi, dove le regole dei "brutti e cattivi" insanguinano il "paese costituito" e quel vuoto che scorre lungo i vasi delle strade di una metropoli-Stato color amaranto funereo.
Una strana ode all' "onor civile" ti rapisce e si magnifica nell'odio inoculato (e senza schiaffetto), nell'accanito desiderio al giusto, nella rubizza sete di vendeta che passa immobile nelle dita e negli animi frementi di chi al cinema si confonde personificandosi (e v.
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Quanto Ayer si auto-traduca nuovamente nella sua ruvida condizione e storia di giovane quarantenne "morto" in gioventù per le strade anomiche di una Los Angeles "vista dal basso" è cosa nota nel suo ossessivo ricorso alla narrazione delle asperità più profonde dei ghetti estremi, dove le regole dei "brutti e cattivi" insanguinano il "paese costituito" e quel vuoto che scorre lungo i vasi delle strade di una metropoli-Stato color amaranto funereo.
Una strana ode all' "onor civile" ti rapisce e si magnifica nell'odio inoculato (e senza schiaffetto), nell'accanito desiderio al giusto, nella rubizza sete di vendeta che passa immobile nelle dita e negli animi frementi di chi al cinema si confonde personificandosi (e v.v.) con quanto un'ora prima gli era accaduto, vistosi mortificato nell'onore o nel bene senza possibilità di reazione (escatologia fantasmatica della pellicola). "Io sto coi poliziotti".
Un'abreazione violenta che scarna di lessici e costrutti di comunicazione "cinematografica" da' all'ignoranza, alla semplicità e al silenzio del poliziotto o all'essenziale vocabolario di chi s'è fatto da solo (in tutti i sensi) per strada il plusvalore più importante della narrazione del film, troppo vero per esser considerato un falso.
Eliminabili alcune sequenze inutili e fin troppo soggettive (del nulla), migliorabile l'incendio di una casa che pareva il peggior test di un corso per principianti pompieri alle scuole dell'obbligo, meglio bilanciabile l'equilibrio hand held shot con immagini su cavalletto (per un film da 7mln di dollari!), il prodotto merita un 3 stelle e 3/4, per l'esaltazione riuscita dei giusti valori di ciò che è buono e giusto, ma non espresso nella consueta flaccida melassa tipicamente cinematografica.
Interessante è la colonna sonora (del giovane Dave Sardy).
E' un buon documentario su un film che sarebbe uscito male.
Ottimo Jake Gyllenhaal.
Sconsigliato agli imberbi dalle indole delicate (+14 anni che non danzino minuetti).
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tonysamperi
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mercoledì 26 dicembre 2012
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non un banale poliziesco
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SULLA SCENEGGIATURA:
Dopo il fantastico "X-men origins: Wolverine", David Ayer torna sul poliziesco. Essendo già stato alla regia di "S.W.A.T" e "Training Day" ha notevole esperienza sul genere e si vede.
Questa volta però l'idea è di interrompere la tradizione di un poliziesco classico, per creare una panoramica in prima persona dell'attività di una pattuglia di polizia. In particolare ha voluto denunciare le condizioni estreme del distretto South Central di Los Angeles, dove diverse organizzazioni criminali combattono per il controllo del territorio.
Girato interamente in Handycam "End of watch" offre allo spettatore due facce della stessa medaglia, quasi in stile documentaristico.
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SULLA SCENEGGIATURA:
Dopo il fantastico "X-men origins: Wolverine", David Ayer torna sul poliziesco. Essendo già stato alla regia di "S.W.A.T" e "Training Day" ha notevole esperienza sul genere e si vede.
Questa volta però l'idea è di interrompere la tradizione di un poliziesco classico, per creare una panoramica in prima persona dell'attività di una pattuglia di polizia. In particolare ha voluto denunciare le condizioni estreme del distretto South Central di Los Angeles, dove diverse organizzazioni criminali combattono per il controllo del territorio.
Girato interamente in Handycam "End of watch" offre allo spettatore due facce della stessa medaglia, quasi in stile documentaristico. Da un lato una criminalità cruda e macabra, in balia di una violenza gratuita; dall'altro la polizia in costante pericolo, in qualche caso vittima della violenza criminale, una polizia molto vicina alla realtà, che non sempre arriva in tempo.
Da brividi la conclusione, triste, ma d'altrocanto più vera e testimone di una realtà dove si vince e si perde.
La caratterizzazione di Taylor e Zavala è molto accurata, vengono delineati personaggi tutt'altro che perfetti. Questo grazie ai dialoghi studiati alla perfezione sia nelle parole che nella durata, che non tagliano mai di netto il ritmo del film. Dietro una partnership di lavoro è così possibile cogliere i rapporti sociali dei protagonisti: sia la loro vera e profonda amicizia, che la loro vita sentimentale e la conseguente amicizia tra le mogli.
Non ho apprezzato la scena della casa in fiamme, l'incendio visto dall'interno non mi è sembrato credibile, fumo e filtro fotografico rosso.
A parte questo abbiamo una pellicola realizzata sicuramente in grande stile, più film drammatico che d'azione.
SULLA FOTOGRAFIA:
Le riprese sono fatte soprattutto mediante l'uso di "action cameras" e handycam. In particolare la GoPro HD Hero2 come action camera, reflex Canon EOS 7D e videocamera Canon XA10 come handycams.
Una cosa interessante è stata l'idea di mettere una handycam in mano ai due protagonisti e nell'altro versante anche in mano al gruppo di criminali messicani. In questo modo si possono vivere contemporaneamente in prima persona due fronti opposti.
La scelta è molto buona, anche se personalmente avrei fatto almeno qualche stacco con delle panoramiche e avrei usato steadycam o flycam in alcune occasioni.
SUL CAST:
I due protagonisti (Jake Gyllenhall e Michael Peña) fanno veramente un ottimo lavoro, dimostrando di essere stati davvero affiatati sul set.
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filippo catani
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giovedì 6 marzo 2014
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due poliziotti a los angeles
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Una coppia di poliziotti di pattuglia nella città di Los Angeles divide il proprio tempo tra il servizio attivo e la propria vita privata. Quando i due entreranno nel mirino di una pericolosissima gang, le cose si complicheranno drammaticamente.
Con molta lucidità e con l'ausilio di una camera a mano, Ayer ci restituisce in pieno quella che è la vita di un tipico poliziotto di pattuglia in una giungla quale può essere una grande metropoli americana. Le chiamate ovviamente svariano da cose banali come possono essere dei normali schiamazzi fino ad arrivare a situazioni ben più complesse. Dietro la divisa ci sono due ragazzi come tanti altri con le loro passioni e le loro rispettive compagne che li aspettano al ritorno dal lavoro.
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Una coppia di poliziotti di pattuglia nella città di Los Angeles divide il proprio tempo tra il servizio attivo e la propria vita privata. Quando i due entreranno nel mirino di una pericolosissima gang, le cose si complicheranno drammaticamente.
Con molta lucidità e con l'ausilio di una camera a mano, Ayer ci restituisce in pieno quella che è la vita di un tipico poliziotto di pattuglia in una giungla quale può essere una grande metropoli americana. Le chiamate ovviamente svariano da cose banali come possono essere dei normali schiamazzi fino ad arrivare a situazioni ben più complesse. Dietro la divisa ci sono due ragazzi come tanti altri con le loro passioni e le loro rispettive compagne che li aspettano al ritorno dal lavoro. Poca retorica e molta azione on the road fanno di questo film una più che valida pellicola che a volte sembra quasi assumere i contorni del documentario. Ecco allora che altri ragazzi coetanei o più giovani dei poliziotti decidono invece di stare dall'altra parte della barricata non esitando a crivellare di colpi i membri di gang rivali e non solo. Funziona molto bene la coppia Horn-Gyllenhaal e buona la scelta delòla colonna sonora e ottimo montaggio.
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