I Don't Want to Sleep Alone

Un film di Tsai Ming-liang. Con Chen Shiang-Chyi, Lee Kang-Sheng, Atun Norman, Pearlly Chua Titolo originale Hei yanquan. Drammatico, durata 115 min. - Taiwan, Francia, Austria, Malesia, Cina 2006. - MYMOVIESLIVE! MYMONETRO I Don't Want to Sleep Alone * * * - - valutazione media: 3,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

Ci sono i film da Festival del cinema, come ci sono le canzoni da Festival di Sanremo: gli uni e le altre piacciono agli appassionati del ramo, ma innervosiscono i non specialisti. Nel caso del film di questa fiorente cine-categoria, se vengono dall'Asia sono ancora più venerati, se poi il loro regista è Tsai Ming-Liang, bisogna stare attenti a non fare brutte figure: si tratta certamente di capolavori e lo spettatore impreparato, pur colpito da una forma di paralisi, deve dimostrarsi entusiasta. Così è stato alla fine di Non voglio dormire solo, in concorso, quando gli esperti, in visibilio, si sono messi a inneggiare a un doveroso Leone d'oro.
Ora il ridente regista, di etnia, come dice lui, cinese, ma nato e cresciuto in Malesia, un Leone d'Oro l'ha già vinto qui nel 1994, sia pure ex aequo con un film macedone (si era in tempi artistici più esotici di oggi): il titolo era ingannevolmente fiction, Vive l'amour! , e non si contarono le poltrone sradicate e le fughe a perdi fiato, quando arrivò nei nostri cinema; non tanto per la storia, (agente immobiliare scopa venditore ambulante, spiato da venditore di loculi), ma per la lentezza delle immagini che senza allenamento poteva portare alla totale atonia. Dalla trama scritta di Non voglio dormire solo (il film è troppo chic per dare volgari spiegazioni), apprendiamo che la storia si svolge a Kuala Lampur, capitale della Malesia, tra immigrati clandestini che hanno perso il lavoro: nella stanza di una misera pensione un giovane in coma profondo viene insaponato da mani che possiamo ritenere femminili, mentre nel sordido antro accanto un giovane del Bangladesh si prende cura di un cinese homeless trovato moribondo per strada. Personaggi afasici, relitti umani, legami carnali espressi nei gesti soccorrevoli, reciproca desolata pietà, un lurido materasso trasportato attraverso la megalopoli, su cui si ameranno in tre. Festeggiatissimo alla conferenza stampa, il regista malese che a differenza dei suoi personaggi è un simpatico chiacchierone risponde agli entusiasti giornalisti cinesi venuti apposta da Shanghai e da Taipei: molto interesse soprattutto simbolico e filosofico per la masturbazione praticata dalla gentile badante al giovane in coma. «Sono stato il primo regista ad aver inserito la masturbazione in un film prodotto a Taiwan, nel 1992. Nei miei film la mano ha un ruolo importante, sia quando accarezza che quando asciuga le lacrime: non ho potuto essere più esplicito per non mettere in imbarazzo l'attore malese Norman Bin Atun che è di religione islamica».
da La Repubblica, 5 settembre 2006


di Natalia Aspesi, 5 settembre 2006

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