Flags of Our Fathers |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Ryan Phillippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Barry Pepper, John Benjamin Hickey.
continua»
Guerra,
durata 130 min.
- USA 2006.
uscita venerdì 10 novembre 2006.
MYMONETRO
Flags of Our Fathers
valutazione media:
3,42
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'antitesi di Salvate il Soldato Ryandi SparkyFeedback: |
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martedì 11 settembre 2007 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Devo confessare che mi ha stupito leggere il nome di Spielberg quale co-produttore. Ritengo, infatti, che il film di Eastwood si ponga quasi in contrapposizione alla pellicola con Tom Hanks e mi lascia stupefatto la constatazione che molti critici "noti" vedano ancora analogie tra i due films (che non siano quelle meramente storiche). Personalmente, pur avendo apprezzato Spielberg sia dal punto di vista della accuratezza ricostruttiva che formale (Salvate il Soldato Ryan è girato in modo eccezionale, soprattutto nei primi venti minuti), ritengo la pellicola sullo sbarco in Normandia pregna di una retorica ingiustificata e insopportabilmente qualunquista, che cozza terribilmente con l'asciutta elegia di Flags of our Fathers. Là si ha una fastidiosa elisione delle minoranze (è emblematica l'assenza assoluta di soldati di colore), enfasi bellica anacronistica (il soldato tedesco lasciato libero e poi ritrovato, alla fine della pellicola, quale avversario: ricorda banalmente i motti della prima Guerra mondiale su "l'unico soldato francese buono è il soldato morto"), un insostenibile sciovinismo nei confronti della popolazione civile francese (rea, secondo metafora, di "farsi solo gli affari propri", come indica il riferimento alla famiglia indigena noncurante del soldato americano caduto per salvare la figlia) e il riferimento agli "imboscati" - impersonificati dall'inerme e pacifico interprete - che, vigliacchi, nulla hanno fatto se non osservare gli eccidi senza intervenire. Eastwood nega e supera queste facili morali, "asciugando" la propria creazione di retorica ed enfasi ed annullando, nel contempo, proprio le tronfie idee affermate dalla pellicola di Spielberg: emblematica è proprio la conclusione dei due films, laddove una afferma la marzialità e il patriottismo (Spielberg, il cimitero, il reduce che chiede alla moglie se si è "meritato" il sacrificio degli altri) e l'altra l'amicizia e il cameratismo (Eastwood, un bagno spensierato di ragazzi/commilitoni, il reduce che racconta al figlio di ricordarsi di un buon amico scomparso). Personalmente ritengo siano valori non solo differenti, ma per alcuni aspetti contrapposti. Eastwood sempre più grande, sempre più amaro e asciutto: ecco rispuntare il vecchio cowboy disilluso de Gli Spietati, impersonato da un nativo americano abbandonato a se stesso. Un'ultima, piacevole sorpresa: il regista è autore anche della bella musica, tanto esile, struggente e - per certi aspetti - "americana" da apparire perfettamente in sintonia con le immagini e il pathos trasmesso dalla trama. Eccellente pellicola.
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