fabio 3121
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sabato 9 maggio 2020
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l'importanza e il valore di una fotografia
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il film basato sull’omonimo libro scritto da James Bradley racconta la battaglia, che si svolse durante la seconda guerra mondiale, tra statunitensi e giapponesi sull’isola di Iwo Jima in Giappone. Protagonista principale del film è il padre di James, il marinaio John Bradley: nella pellicola sentiremo gridare tante volte “infermiere.....infermiere” dai soldati feriti, e spesso il predetto “doc” non potrà far nulla per salvare i militari portandosi negli occhi l’orrore della guerra. La trama poi ruota tutto intorno alla famosa fotografia della bandiera a stelle e strisce statunitense issata sul monte Suribachi da 5 marines e dal detto marinaio il quinto giorno di una battaglia sanguinosa e cruenta durata ben 40 giorni.
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il film basato sull’omonimo libro scritto da James Bradley racconta la battaglia, che si svolse durante la seconda guerra mondiale, tra statunitensi e giapponesi sull’isola di Iwo Jima in Giappone. Protagonista principale del film è il padre di James, il marinaio John Bradley: nella pellicola sentiremo gridare tante volte “infermiere.....infermiere” dai soldati feriti, e spesso il predetto “doc” non potrà far nulla per salvare i militari portandosi negli occhi l’orrore della guerra. La trama poi ruota tutto intorno alla famosa fotografia della bandiera a stelle e strisce statunitense issata sul monte Suribachi da 5 marines e dal detto marinaio il quinto giorno di una battaglia sanguinosa e cruenta durata ben 40 giorni. La fotografia venne subito pubblicata su tutti i quotidiani americani e successivamente 3 dei 6 militari rimasti in vita fecero rientro negli USA – accolti come eroi – per fare da testimonial ad una campagna di raccolta fondi per rimpinguare le casse dello stato americano e continuare la guerra sui vari fronti. Ancora una volta il grande regista Clint Eastwood mette in scena una serie di eventi tragici, con un realismo incredibile, che danno corpo ad una storia che coinvolge ed emoziona dalla prima all’ultima scena. La ricostruzione della battaglia è stata realizzata ottimamente se si confrontano anche tutte le altre foto scattate sull’isola e che scorrono con i titoli di coda di un film di cui è consigliata la visione.
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greatsteven
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giovedì 22 giugno 2017
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affresco di ampio respiro sul bisogno degli eroi.
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FLAGS OF OUR FATHERS (USA, 2006) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da RYAN PHILIPPE, JESSE BRADFORD, ADAM BEACH, JOHN SLATTERY, BARRY PEPPER, JAMIE BELL, PAUL WALKER, ROBERT PATRICK, JUDITH IVEY, THOMAS MCCARTHY, BENJAMIN WALKER, HARVE PRESNELL, CHRIS BAUER, NEAL MCDONOUGH
Tema centrale della vicenda è una fotografia che viene scattata sul cocuzzolo della monte Suribachi, nel dicembre 1944, mentre la battaglia fra statunitensi e giapponesi è ancora in corso, e che ritrae cinque marines e un marinaio che inastano la bandiera americana. Tre di questi muoiono successivamente combattendo, mentre gli altri tre vengono riconosciuti con gran pompa magna come eroi nazionali e dunque, in tale veste, invitati a partecipare a congressi, riunioni ed eventi pubblici.
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FLAGS OF OUR FATHERS (USA, 2006) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da RYAN PHILIPPE, JESSE BRADFORD, ADAM BEACH, JOHN SLATTERY, BARRY PEPPER, JAMIE BELL, PAUL WALKER, ROBERT PATRICK, JUDITH IVEY, THOMAS MCCARTHY, BENJAMIN WALKER, HARVE PRESNELL, CHRIS BAUER, NEAL MCDONOUGH
Tema centrale della vicenda è una fotografia che viene scattata sul cocuzzolo della monte Suribachi, nel dicembre 1944, mentre la battaglia fra statunitensi e giapponesi è ancora in corso, e che ritrae cinque marines e un marinaio che inastano la bandiera americana. Tre di questi muoiono successivamente combattendo, mentre gli altri tre vengono riconosciuti con gran pompa magna come eroi nazionali e dunque, in tale veste, invitati a partecipare a congressi, riunioni ed eventi pubblici. Ma nessuno dei tre sopravvissuti si sente addosso doti di eroismo. Il medico infermiere John "Doc"Bradley, il nativo americano Ira Hayes e il soldato scelto Rene Gagnon sanno che la foto, opera del premio Pulitzer Joe Rosenthal, fu frutto solamente del quinto dei quaranta giorni di sanguinosa battaglia e, durante il massiccio tour negli States, rammentano al pubblico che li acclama che è necessario comprare i buoni per garantire un approvvigionamento di risorse al fine di concludere una guerra che, dal punto di vista economico, sta letteralmente divorando le finanze del Paese. James Bradley, scrittore e figlio di Doc, viene a sapere, intervistando gli altri reduci della battaglia di Iwo Jima, che molte cose apparentemente risapute sull’evento sono sbagliate e che dietro alla tanto sbandierata gloria militare (e militarista) si annidava una propaganda, di cui la foto costituì un potente mezzo di diffusione nazionalistica. Doc, Ira e Rene sono inoltre consapevoli che i soldati cui vengono attribuite le imprese tanto conclamate non corrispondono a quelli che effettivamente innalzarono la bandiera sul monte: i tre ricordano piangenti, soprattutto in occasione di un rendez-vous in cui ne incontrano le madri, gli uomini che più di tutti meritano una commemorazione accorata, ovvero il sergente Mike Strank e i marines Ralph "Iggy"Ignatowski e Henry "Hank"Hansen. Storia di un’amicizia virile sullo sfondo della più devastante guerra di tutti i tempi, ma anche un intenso manifesto che si mette perfino contro la raccolta di contributi popolari al fine di conseguire una facile vittoria contando su un infarcimento di giovani eroi, in quanto il suo antimilitarismo, oltre che chiaro, è anche determinato a destrutturare e demonizzare la macchina di propaganda americana che fagocita il terzetto protagonista. Facendone un simbolo dell’imminente vittoria sul nemico che, quasi fosse il film un western revisionista, non viene ferocemente attaccato (non in senso bellico, beninteso), ma giustificato dalla fretta dell’esercito invasore di porre fine ad una guerra che commise autentici salassi alle casse economiche dello Stato. Quel che conta di più, però, escluso il discorso di fondo a discredito del potere costituito e dei mass media spadroneggianti, è la morale: non si muore per diventare paladini nazionali fortemente enfatizzati, ma bensì per i propri amici. Doc, Rene e Ira sanno sacrificarsi per gli altri tre uccisi nel corso della battaglia, conoscono i propri limiti e soprattutto non dimenticheranno mai la loro prodezza sul campo. La preparazione, lo spirito di corpo, il senso del dovere e la prontezza di riflessi sono doti che non mancano al plotone dei marines che assedia il monte Suribachi, già filmato in un ottimo capolavoro del 1949 (Iwo Jima, deserto di fuoco), con protagonista John Wayne, di cui Flags of Our Fathers riprende quantomeno la convinzione che a fare la guerra non sono gli eroi, ma gli uomini comuni, che non la fanno volentieri e la conducono semmai per un sanguigno sentimento di amicizia e cameratismo nei confronti dei loro simili, con cui appunto si assomigliano in tutto: famiglia, aspirazioni, ambizioni, opinioni, idee, comportamenti. Eastwood, insieme a Lettere da Iwo Jima, nel 2006 elaborò un dittico di questa battaglia tanto faticosa quanto deludente e, studiando il punto di vista americano, è riuscito a costruire un’efficiente polemica che fonde l’antibellicismo al bisogno viscerale umano di avere intorno compagni con cui condividere un ideale. Che non sia quello del sacrificio per una nomea intangibile, ma il desiderio di sopravvivere alla guerra per proseguire un rapporto amichevole al di fuori della caserma o della linea di fuoco. Il montaggio di Joel Cox, estremamente anfetaminico, fornisce un quadro d’insieme delle scene violente rendendole iperrealistiche nel loro dispiegamento di cannoni che sparano, mitragliatrici che falciano, granate che esplodono e coltelli che affondano nelle giacche nemiche. Sognanti e dotate di una funzionale meraviglia le musiche, composte dallo stesso Eastwood, fra cui domina il pezzo che dà il titolo alla pellicola. La fotografia al centro della trama è un documento storico che funge da leitmotiv, agganciandole una storicità completa e scoprendo la dimensione politica che consiste in un altro dei suoi numerosi punti di forza. Un’opera di ampio respiro, tratta dall’omonimo libro di James Bradley e Ron Powers, sceneggiato con abilità e savoir-faire da William Broyles e Paul Haggis. Grazie al soggetto dei primi e al copione dei secondi, i dialoghi sono un convincente insieme di pathos, ironia, umorismo caustico e tensione drammatica che si amalgama benissimo alla desolazione di fondo, la quale non dimentica però né nasconde un ottimismo finale che fa ben sperare per la generazione figlia di coloro che combatterono la Seconda Guerra Mondiale. Nella speranza che le bandiere vengano poste in luoghi estranei alla guerra, che ci si scordi degli eroi, personaggi inesistenti perché comodi all’immaginario collettivo, e che si pretenda dai giovani di farsi strada e rendersi meritevoli con un tipo tutto diverso di battaglie. Tipo la raccolta d’informazioni sulle brutalità passate che effettua James Bradley. Attori bravissimi, e vale la pena di tessere le lodi di R. Philippe, J. Bradford e A. Beach (nei titoli di coda vengono mostrati gli scatti che ritraggono i veri militari), trio protagonista con un gioco di squadra impeccabile, ma anche di P. Walker, J. Bell e B. Pepper, i commilitoni morti guerreggiando, e infine anche il Bud Gerber di J. Slattery, politico opportunista, arrogante e sfruttatore.
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pierfranciscopagagiattimi
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martedì 16 agosto 2016
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rimpiattandosi in talune e tal'altreparticolarità.
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Una delle tante storie strepitose, col sangue e col cuore pagando soprattutto per il
fratello, nell'immobilità di quel sentimento di battaglia che è qualcosa di più. Mitico.
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giuseppetoro
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sabato 19 marzo 2016
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toccante!
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Un film storico, una conquista fatto col cuore e col sangue..bello!!
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cincinnatimose
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domenica 31 gennaio 2016
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se sei stupido come me lasci fare snz cmprenderli.
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da vedere per diversi motivi, elencandoli, forse primo però
non di meno e altrettanto importante perchè
visibile come la monotona routine... del milite e come
sembri uno sberleffo e poi come in america e patria poi
cambi qualcosa per responsabilità loro..., ricordiamolo
per secondo... e utlimo, vedere gli infiniti limiti delle
loro azioni spiega anche il declinare recente delle loro miserabili
azioni, e che si palesano soltanto tramite il loro essere, ma come
forse si vede forse no al soldato impegnato in combattimento
non gli hanno ancora rovinato progetti, nessuno ufficiale alleato,
dandogli comunque quella possibilità, di essere migliore.
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da vedere per diversi motivi, elencandoli, forse primo però
non di meno e altrettanto importante perchè
visibile come la monotona routine... del milite e come
sembri uno sberleffo e poi come in america e patria poi
cambi qualcosa per responsabilità loro..., ricordiamolo
per secondo... e utlimo, vedere gli infiniti limiti delle
loro azioni spiega anche il declinare recente delle loro miserabili
azioni, e che si palesano soltanto tramite il loro essere, ma come
forse si vede forse no al soldato impegnato in combattimento
non gli hanno ancora rovinato progetti, nessuno ufficiale alleato,
dandogli comunque quella possibilità, di essere migliore...
frase incomprensibile forse? non in combattimento
e di questo tipo, e se muore pazienza..., non stravolgo niente rimetto le
budella di fianco a posto e continuo a vedere senza
problema se i giapponesi avanzano con meno spirito, ciò
sembra dire qualunque soldato non vi
sembra? le 5 stelline di un generale
contano? quanto la mira, di un soldato,
nonostante le brutalità compiute da ciascun soldato, o da qualcuno
cui gli fanno saltare le cervella... per il solo senso
di dovere e più importante... di non vedere proprio... il limite, a cui
dovevano attenersi, hanno un continuo? ovvio, la
versione dei giapponesi, impareranno? e chi, gli americani? oppure
giapponesi e nazi? e il codice enigma? in questo film
forse non è menzionato però anch'esso è importante
e servirà nondimeno e tantopiù all'america,
per infliggere con anche il D Day il micidiale colpo risolutivo alla
questione controversa e sanguinante della
seconda guerra mondiale, e perchè quando qualcuno fa
debiti non s'addebiti... alle persone sbagliate, et per aver
sottostimato, il soldato di tutte quelle nazioni, l'alleato, milite di
qualunque politica e professioni, e che hanno vinto... cmq.
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qisoneb
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domenica 31 gennaio 2016
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l'ho potuto vedere finalmente ora, fortuna?
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guardare il film vuol dire rendersi immediatamente
conto del buon costrutto pellicolare e siamo a 10 anni fa,
vedere questo film comunque da 5 stelline, proprio per il motivo che
abbiamo indicato rende più ricco lo spettatore di quel qualcosa
che in molte altre pellicole sembrava mancare, sollevando animi
forse contraddittroi tra loro, non però per l'arte e lo spettacolo;
caotico inizio tra le barbarie della guerra ovvio, e quel che
ci sembrava nuovo, di cambiamento non è che il
piccolo compito rispetto alle bandiere dei padri,
le frasi del film a volte sono di gran divertimento, specie
quando gli ufficiali in grado parlano ai loro soldati,
vediamo che è un film scorrevole comunque, il primo militare ufficiale in
vicinanza le coste giapponesi guarda le file dei soldati e dice,
abbiamo 25 giorni per prendere quei dossi, sono
di roccia puzzolente emanano speci di
fetori solforosi.
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guardare il film vuol dire rendersi immediatamente
conto del buon costrutto pellicolare e siamo a 10 anni fa,
vedere questo film comunque da 5 stelline, proprio per il motivo che
abbiamo indicato rende più ricco lo spettatore di quel qualcosa
che in molte altre pellicole sembrava mancare, sollevando animi
forse contraddittroi tra loro, non però per l'arte e lo spettacolo;
caotico inizio tra le barbarie della guerra ovvio, e quel che
ci sembrava nuovo, di cambiamento non è che il
piccolo compito rispetto alle bandiere dei padri,
le frasi del film a volte sono di gran divertimento, specie
quando gli ufficiali in grado parlano ai loro soldati,
vediamo che è un film scorrevole comunque, il primo militare ufficiale in
vicinanza le coste giapponesi guarda le file dei soldati e dice,
abbiamo 25 giorni per prendere quei dossi, sono
di roccia puzzolente emanano speci di
fetori solforosi...(incredibile) e ci si rende conto che i vertci militari
non credevano d'essere sulla luna..., ne si sono
fatti ingannare dal nemico compiendo il loro dovere
per difendere e portare in gloria l'america,
poi parla anche il secondo ufficiale in comando,
qualcuno magari che si è ripresentato per la
guerra del vietnam... insomma col responso
però come ben sappiamo molto e altrettanto differente,
e dice le sue prospettive di cui la storia conosce il risultato,
non si vede quell'azione solita dei film spettacolo di holliwood,
ma se i già più spettacolari film di genere sembrano a volte
deficitare di particolari d'interesse oltrechè di spettacolo
vedere questo film fa rilfettere sulle differenti
personalità distinguendo il sogno proprio e soprattutto
distingue per sempre cosa siano le proprietà, cosa è mio... tanto
per dire e cosa non lo è... con altrettanto e immediato responso
dacchè il soldato non percepisce un compenso economico diretto,
se non la miserabile paga... per un combattimento
e per delle guerre il cui compenso dovrebbe essere milioni...
e invece sono 'bruscolini'... non certo acrobazie mondiali in
ciclo... o un partito oltre il 20%... stimato almeno così, affinchè
non si confondano più miserabili
opportunisti inabili all'arte del sogno di opportunismo
con reale... e macabro esistere e partecipare credendo di essere
dei protagonisti del distinguo non del confronto, altresì della
aggregazione per interesse e incapacità, e che danno inizio orquando
le cose oltrepassano il loro limite e merto,
frase in voga forse e in uso di circostanza, al vento delle
carenze e alla fame oltre che alle
guerre sotto le bandiere dei padri dove ritrovano così
prova schiacciante, dell'essere e delle istruzioni più umili affinchè
cessino e non perpetrino la corruzione evidente che quasi
ciascuno di loro sappiamo bene è costretto a
vedere o s'è macchiato, per altre
persone così come un ufficiale vede col tributo del comando milite
e perchè e soprattutto la corruzione per il soldato non si
deve vedere, sennò non è più democrazia non è più bene mi pare ovvio.
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claudiofedele93
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domenica 16 agosto 2015
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la caduta degli eroi.
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Fa tremare i polsi, letteralmente, il sol pensiero che un uomo come Clint Eastwood, arrivato ad una certa età, e con un bagaglio culturale di un certo livello, allegato ad un’esperienza in campo cinematografico invidiabile e senza pari, possa aver realizzato una pellicola come questa, Flags of Our Fathers, primo atto di quello che sarà poi il dittico che prende a cuore la conquista dell'isola di Iwo Jima, seguito dal capolavoro Lettere da Iwo Jima, incentrato solo sul punto di vista del popolo giapponese, mentre, per questa occasione, il tutto sia analizzato solo attraverso la prospettiva delle forze americane.
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Fa tremare i polsi, letteralmente, il sol pensiero che un uomo come Clint Eastwood, arrivato ad una certa età, e con un bagaglio culturale di un certo livello, allegato ad un’esperienza in campo cinematografico invidiabile e senza pari, possa aver realizzato una pellicola come questa, Flags of Our Fathers, primo atto di quello che sarà poi il dittico che prende a cuore la conquista dell'isola di Iwo Jima, seguito dal capolavoro Lettere da Iwo Jima, incentrato solo sul punto di vista del popolo giapponese, mentre, per questa occasione, il tutto sia analizzato solo attraverso la prospettiva delle forze americane.
I due lungometraggi, pur trattando della stessa materia, prendendo in analisi un preciso momento della Seconda Guerra Mondiale, ma da angolazioni totalmente diverse, sono un testamento sincero e estremamente realistico portato a compimento e sigillato dalla mano di un uomo che ha saputo fare del Cinema non solo un'arte a sua immagine, ma un riflesso delle proprie idee, passioni, debolezze, speranze e ambizioni.
Se, come potrebbe essere logico aspettarsi, ci si poteva immaginare un lavoro intriso di una retorica made in U.S.A. di fondo, con tanto di bandiere a stelle e strisce su asta innalzate al cielo, canti di gioia e gloria, applausi scroscianti, ovazioni e celebrazioni incessabili, si rimane fortemente delusi da Flags of Ours Fathers, che partendo dal raccontare lo sbarco su Iwo Jima, dal punto di vista di una manciata di giovani soldati, finisce per distruggere molti degli aspetti del mito americano bellico e serve allo spettatore una attenta riflessione che può ben mimetizzarsi ed applicarsi a molti dei conflitti avvenuti in passato, ai giorni nostri e che potranno (purtroppo) nascere in futuro. Gli "Eroi" che il popolo, con annessa stampa, media, esercito, politici ed il resto della società, porta alla luce, idealizzati e concretizzati dalla foto scattata durante l'innalzamento della bandiera americana sul monte dell'isola nipponica, sono puramente un simbolo, un qualcosa attraverso il quale "vincere" una guerra, una forte dimostrazione di quanto il potere quasi non appartenga, così come i paladini della patria, al campo di battaglia, ma ai propositi di chi a sparare non ci è mai andato, a mosse e contromosse mediatiche capaci di mobilitare l’opinione pubblica e popolare.
Così Eastwood, allontanandosi dai canoni di Spielberg, che qui troviamo in veste di produttore, non punta la sua lente sull'enfatizzazione e sull'orrore dello sbarco sul suolo nemico, né è alla ricerca di quella pietà o emotività eccessiva, sebbene riesca a condensare un finale toccante, delicato e potente, visivamente, ma scava affondo nella memoria dell'essere americano per mettere a nudo la propria coscienza, facendo parlare proprio quella dei tre protagonisti sopravvissuti allo sbarco e considerati eroi, quasi delle celebrità simili alle nostre rockstar, a cui è destinato un tour e tutta una serie di siparietti per far riemergere i terribili momenti trionfanti che hanno portato a quel "grande" momento di gloria che ha visto l'asta alzarsi sull'altura del monte.
Eppure, chi è sopravvissuto ed è tornato a casa non riesce a dimenticare il passato, vivere nella bugia e nella menzogna, né l'orrore di cui è stato testimone, ma del quale si fa presto a non menzionare e dimenticare, così come il senso di colpa, magari legato solo al fatto di aver fatto ritorno dai propri cari, al contrario dei compagni caduti in battaglia. Chiude, il tutto, un’aspra fotografia di una società che passati i “tempi bui” lascia alle spalle anche i propri idoli, ridotti, in tempi di pace, a fare i coltivatori, i fattorini o i disoccupati. Un momento in cui Eastwood sembra dire quanto la guerra sia nociva non solo sul momento, ma anche negli anni avvenire e ci faccia rendere finalmente conto del concetto di "perdita della propria esistenza" non solo sul campo dello scontro, ma anche nel paese da cui proveniamo, nel quale, coloro per cui hanno combattuto, non riescono nemmeno più a identificarsi o trovare uno spazio in esso.
Una pellicola importante, cruda, dura, cinica e profonda, meno sublime, le va riconosciuto, di Lettere da Iwo Jima, ma solo perché, in quel caso, siamo messi davanti ad un capolavoro esemplare; resta, questo, però un lungometraggio mai sopra le righe o ruffiano, portata avanti con lo stile del poeta, con la maestria e la grazia dell'uomo che ha saputo cogliere uno dei tanti drammi della guerra, senza perdersi in superficialità o espressioni barocche. Se, alle generazioni di oggi, manca la consapevolezza e la conoscenza di determinati eventi e delle conseguenze che questi, nelle quotidianità delle persone, hanno portato, Eastwood fa appello a quella semplicità chiamata “vita” e “ricordo” per dimostrare attraverso il Cinema cosa ha significato la guerra per determinate persone, convincendoci a non vedere tutto come una serie di fatti e date, ma ad assistere inermi e quasi scoraggiati ad uno dei momenti più bui della civiltà moderna. Un attimo di silenzio, prima che le luci nella sala si accendano, per assaporare i titoli di coda di un film di cui è giusto se ne parli negli anni avvenire. Grazie Clint.
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elgatoloco
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venerdì 1 maggio 2015
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grande sempre eastwood
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Sguardo "oggettivo"della cinepresa , in questo "Flags of your Fathers"di"uncle Clint"? No: anche se non risparmia(se indulgervi, peraltro)i particolari più terribili della guerra e dell'atroce massacro connesso ad ogni guerra, senza alcuna compiacenza"anti-japs"(poco dopo Eastwood ha diretto un film"reciproco", visto dall'angolo visuale giapponese, non certo per mero"politically correct"), il film è attento a paura, sofferenza, rifiuto di ogni mito eroico(anzi, in qualche modo Eastwood, che non è di per sé"antimilitarista", concorda con Brecht quando afferma: "Beato il popolo che non ha bisogno di eroi"), al rifiuto di ogni mercificazione dell'eroismo, per es.
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Sguardo "oggettivo"della cinepresa , in questo "Flags of your Fathers"di"uncle Clint"? No: anche se non risparmia(se indulgervi, peraltro)i particolari più terribili della guerra e dell'atroce massacro connesso ad ogni guerra, senza alcuna compiacenza"anti-japs"(poco dopo Eastwood ha diretto un film"reciproco", visto dall'angolo visuale giapponese, non certo per mero"politically correct"), il film è attento a paura, sofferenza, rifiuto di ogni mito eroico(anzi, in qualche modo Eastwood, che non è di per sé"antimilitarista", concorda con Brecht quando afferma: "Beato il popolo che non ha bisogno di eroi"), al rifiuto di ogni mercificazione dell'eroismo, per es. a proposito della vendita dei "buoni di guerra". Poi la storia del nativo americano e del razzismo perpetrato ai suoi danni, tanto per smentire una volta per tutte sciocchi miti che vorrebbero un Eastwood"di estrema destra", cosa che non è mai stato, né da sindaco, né da militante(ma in grande autonomia)del"Great Old Party", ossia del Partito Repubblicano. Poi un tema classico di Clint, che segna ormai non solo la storia del suo cinema, ma quella del cinema in toto: la convinzione che i politici siano comunque peggiori dei militari(attenzione: si parla degli States....).UN"i remember"intelligente, anti-retorico, formidabile. El Gato
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julianne
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giovedì 29 agosto 2013
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storia di tre eroi profondamente umani
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Clint Eastwood dirige con grande abilità una pellicola straordinaria. La storia è quella di tre soldati americani, Ira Hayes, Renè Gagnon e John DOC Bradley - narrata dal figlio di quest ultimo - che vengono catapultati, loro malgrado, in un turbinio di gloria e propaganda, poiché immortalati nell'atto di issare la bandiera americana su un monte a Iwo Jima. La foto è un falso, la bandiera era in realtà stata sostituita, tre dei sei soldati raffigurati sono caduti dopo pochi giorni e nessuno dei sopravvissuti riesce ad apprezzare la gloria o la fama, avendo conosciuto la miseria e la disumanità in guerra. Dialoghi toccanti, riflessioni profonde, scene intense che descrivono appieno la crudeltà della guerra e l'ipocrisia delle classi dirigenti.
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Clint Eastwood dirige con grande abilità una pellicola straordinaria. La storia è quella di tre soldati americani, Ira Hayes, Renè Gagnon e John DOC Bradley - narrata dal figlio di quest ultimo - che vengono catapultati, loro malgrado, in un turbinio di gloria e propaganda, poiché immortalati nell'atto di issare la bandiera americana su un monte a Iwo Jima. La foto è un falso, la bandiera era in realtà stata sostituita, tre dei sei soldati raffigurati sono caduti dopo pochi giorni e nessuno dei sopravvissuti riesce ad apprezzare la gloria o la fama, avendo conosciuto la miseria e la disumanità in guerra. Dialoghi toccanti, riflessioni profonde, scene intense che descrivono appieno la crudeltà della guerra e l'ipocrisia delle classi dirigenti. I protagonisti non sono eroi, per loro stessa ammissione, ma semplici uomini che colgono il valore della vita, avendo sfiorato l'abisso della morte.
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shiningeyes
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venerdì 12 aprile 2013
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desacralizzazione di un'impresa
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La missione di Clint stavolta è quella di desacralizzare l'impresa che fece l'esercito americano nella battaglia di Iwo Jima, mostrandoci il vero volto dei marines impegnati in quel cruento scontro: non eroi pronti a morire per la patria, ma gente normale, non battagliera,pronta a morire per loro stessa e per i propri compagni; attuando così un'operazione di velato anti-patriottismo, condannando gli alti vertici USA, che usano il patriottismo per convincere la gente a comprare dei buoni guerra, per continuare la guerra, e poco importa se la più sincera delle verità viene coperta a favore di una storia falsa e sensazionalistica.
Il film, grazie ad una notevole sceneggiatura e fotografia, si lascia vedere ben volentieri, e ci mettiamo poco nel metterci nei panni dei presunti e scombussolati militari che hanno alzato quella bandiera, simbolo della “vittoria” e immortale icona dell'amor patrio americano.
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La missione di Clint stavolta è quella di desacralizzare l'impresa che fece l'esercito americano nella battaglia di Iwo Jima, mostrandoci il vero volto dei marines impegnati in quel cruento scontro: non eroi pronti a morire per la patria, ma gente normale, non battagliera,pronta a morire per loro stessa e per i propri compagni; attuando così un'operazione di velato anti-patriottismo, condannando gli alti vertici USA, che usano il patriottismo per convincere la gente a comprare dei buoni guerra, per continuare la guerra, e poco importa se la più sincera delle verità viene coperta a favore di una storia falsa e sensazionalistica.
Il film, grazie ad una notevole sceneggiatura e fotografia, si lascia vedere ben volentieri, e ci mettiamo poco nel metterci nei panni dei presunti e scombussolati militari che hanno alzato quella bandiera, simbolo della “vittoria” e immortale icona dell'amor patrio americano. Possiamo scegliere a chi dei tre possiamo rispecchiarci meglio, in una situazione del genere: il vanesio Gagnon che tenta di sfruttare la popolarità a suo favore; l'umile e buon Doc Bradley che fa buon viso a cattivo gioco; il sofferente e alcolizzato Ira Kane, l'elemento più iracondo per questa spiacevole azione di propaganda americana. Proprio l'attore che interpreta Ira (Adam Beach) è quello da notare per la sua bravura (discreti gli altri due protagonisti).
Il montaggio riesce a dividere bene le parti in cui i soldati sono impegnati nel fronte e nella campagna pubblicitaria, dove nel fronte si assiste al loro lato più intimistico e umano, mentre nel ritorno alla civiltà sembrano dei robottini senza spina dorsale sotto la balia della america menzognera.
Il lavoro di Clint è superbo, anche se l'aspetto politico prevale un po' troppo, levando un po' di ossigeno alla bella visione del film, ma rimane un grande lavoro, superato dal più crudo e drammatico successivo“Lettere da Iwo Jima”.
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