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percioromanista
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venerdì 30 marzo 2007
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come sempre un eastwood cinico, ma poetico
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FLAGS OF OUR FATHERS
***1/2 2006
Flags of our fathers, Islanda/USA
Regia Clint Eastwood
Cast Ryan Philippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Jamie Bell
Sceneggiatura William Broyles, Paul Haggis
Fotografia Tom Stern
Musica Clint Eatswood
Produzione Steven Spielberg, CLint Eastwood
Verso la fine della 2° guerra mondiale ad Iwo Jima ci fu la più sanguinosa battaglia degli americani: ben ventiseimila morti, su un totale di centomila marines che combattevano contro ventimila giapponesi (di essi se ne salvarono solo mille).
La storia presentata da Clint Eastwood verte su un fatto molto importante.
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FLAGS OF OUR FATHERS
***1/2 2006
Flags of our fathers, Islanda/USA
Regia Clint Eastwood
Cast Ryan Philippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Jamie Bell
Sceneggiatura William Broyles, Paul Haggis
Fotografia Tom Stern
Musica Clint Eatswood
Produzione Steven Spielberg, CLint Eastwood
Verso la fine della 2° guerra mondiale ad Iwo Jima ci fu la più sanguinosa battaglia degli americani: ben ventiseimila morti, su un totale di centomila marines che combattevano contro ventimila giapponesi (di essi se ne salvarono solo mille).
La storia presentata da Clint Eastwood verte su un fatto molto importante.
Quella foto-simbolo della bandiera innalzata dagli americani nel 23 Febbraio del 1945, ovviamente su Iwo Jima.
Quella foto scattata da Joe Rosenthal(1912-2006) è rimasta si un ricordo indelebile delle storia degli americani ma il regista americano si pone una domanda: essa può diventare in qualche modo la rovina dei soldati che hanno piantato quella bandiera?
Ebbene si.
Il film presenta tre spazi temporali: la guerra, il dopo-guerra dei marines che nel frattempo sono diventati delle specie di vip, e il ricordo.
La parte in cui Clint si sofferma di più è la seconda.
Vuole farci capire che quella foto ha in qualche modo distrutto la vita di quei tre marines
Così i“maiores” americani usano quei soldati come burattini per guadagnarci dei soldi.
Li fanno girare tutta l’America, e tutta l’America li paga per vederli.
Solo l’indiano Ira Hayes(l’ottimo Adam Beach) capisce che vanno incontro alla rovina continuando così.
Ma gli altri no, non lo comprendono.
E così, finita la “tournè” per l’America, i tre marines son costretti alla fame, disoccupati e senza un soldo.
La terza parte, il ricordo, è la più noiosa, troppo documentaristica (ma, d’altra parte, non si poteva fare altrimenti).
Regia superba e, nel complesso, un film tecnicamente impeccabile.
La sceneggiatura del premio oscar Haggis è molto semplice, così come lo era stato in
“Million dollar baby”
E questo è un altro punto di forza del film, perchè è inutile insistere troppo sulla fraseologia dei soldati, se no si rischia di finire troppo sul patetco (vedi “Salvate il soldato Ryan”).
Eatwood non cade nella spettacolarizzazione offertagli su un piatto da argento dal digitale (tranne nelle scene in cui la flotta sbarca su Iwo Jima), come invece aveva fatto Spielberg in Ryan.
Flaschback essenziali
La pellicola ha scatenato le reazioni dei puristi americani, come era gia successo con “Million Dollar Baby”.
E allora un consiglio per Clint: vieni a fare film in Europa(peraltro anche Allen ha detto di trovarsi meglio in Inghilterra che a Hollywood)!
Il finale è di una poeticità che solo Kusturica in “Underground” e Welles in “Citizen Kane” son riusciti a fare.
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piernelweb
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giovedì 29 marzo 2007
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le bandiere della coscienza
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"Qualsiasi somaro crede di sapere cos'è la guerra, specie quelli che non l'hanno mai fatta. Le cose ci piacciono semplici e lineari: buoni e cattivi, eroi e canaglie... ma gli eroi non esistono, sono una cosa che creiamo noi, di cui abbiamo bisogno." Queste parole sono l'essenza di Flags of our fathers, il primo dei due film di Clint Eastwood sulla battaglia di Iwo Jima, fondamentale passaggio della seconda guerra mondiale. Eastwood in questo lavoro guarda gli avvenimenti con occhi americani sottolineando l'estrema importanza politica di un fatto marginale alla tragedia stessa: la foto di un gruppo di marines che issa la bandiera americana su di una vetta dell'isola giapponese. Il valore simbolico di questo gesto, grazie ad una accurata e capillare propaganda militare, è in grado di ridestare una nazione profondamente provata dalla guerra, economicamente e moralmente in ginocchio.
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"Qualsiasi somaro crede di sapere cos'è la guerra, specie quelli che non l'hanno mai fatta. Le cose ci piacciono semplici e lineari: buoni e cattivi, eroi e canaglie... ma gli eroi non esistono, sono una cosa che creiamo noi, di cui abbiamo bisogno." Queste parole sono l'essenza di Flags of our fathers, il primo dei due film di Clint Eastwood sulla battaglia di Iwo Jima, fondamentale passaggio della seconda guerra mondiale. Eastwood in questo lavoro guarda gli avvenimenti con occhi americani sottolineando l'estrema importanza politica di un fatto marginale alla tragedia stessa: la foto di un gruppo di marines che issa la bandiera americana su di una vetta dell'isola giapponese. Il valore simbolico di questo gesto, grazie ad una accurata e capillare propaganda militare, è in grado di ridestare una nazione profondamente provata dalla guerra, economicamente e moralmente in ginocchio. Servono dei volti, delle facce per dare vita a quella foto, poca importanza ha che siano realmente i protagonisti di quello scatto, c'è bisogno di eroi a cui applaudire e in cui avere fiducia . Flags of our fathers è un film antimilitarista nel quale i ricordi della sanguinosa battaglia sono richiamati attraverso gli ossessivi ricordi dei protagonisti, con continui tragici flashback. L'inizio ricorda molto lo sbarco in Normandia di "Salvate il soldato Ryan" di Spielberg (qui in veste di produttore ed evidentemente di "consigliere"), i colori sono spenti, di un grigio cenere in tono con i cromatismi della roccia lavica dello scoglio di Iwo Jima. Il film è integro ma soffre di una certa ripetitività nella narrazione degli accadimenti propagandistici, e di un finale troppo apertamente dottrinale. Spielberg sarebbe stato messo in croce per molto meno. Voto: 7+
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roby
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venerdì 2 marzo 2007
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sugli eroi di eastwood.
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Eastwood tocca il tema della guerra, ponendo al centro del suo film non solo la crudeltà di una battaglia, ma un fatto puramente politico; la bandiera americana piantata da sei soldati, immortalata in una foto divenuta celebre. E' interessante vedere una faccia della battaglia di Iwo Jima che pochi conoscono; è quella che mostra il regista con la sua solita destrezza, quella battaglia politica che si accese attorno a quella fotografia che incarnava la vittoria americana. Una fotografia che doveva dare speranza al paese, in cui tutti dovevano credere affinchè fosse davvero vinta la guerra; ma anche una fotografia che doveva convincere i politici americani del fatto che bisognava spendere di più per la guerra, finanziarla ulteriormente per vincerla ad ogni costo; il film mostra appunto questa insistenza sulla foto, sui soldati che piantarono la bandiera, sul loro eroismo decantato dai media ma negato da loro stessi, che invece ribadiscono per tutto il film che gli eroi erano quelli morti nella battaglia, che quella bandiera era macchiata dal sangue di molti americani uccisi.
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Eastwood tocca il tema della guerra, ponendo al centro del suo film non solo la crudeltà di una battaglia, ma un fatto puramente politico; la bandiera americana piantata da sei soldati, immortalata in una foto divenuta celebre. E' interessante vedere una faccia della battaglia di Iwo Jima che pochi conoscono; è quella che mostra il regista con la sua solita destrezza, quella battaglia politica che si accese attorno a quella fotografia che incarnava la vittoria americana. Una fotografia che doveva dare speranza al paese, in cui tutti dovevano credere affinchè fosse davvero vinta la guerra; ma anche una fotografia che doveva convincere i politici americani del fatto che bisognava spendere di più per la guerra, finanziarla ulteriormente per vincerla ad ogni costo; il film mostra appunto questa insistenza sulla foto, sui soldati che piantarono la bandiera, sul loro eroismo decantato dai media ma negato da loro stessi, che invece ribadiscono per tutto il film che gli eroi erano quelli morti nella battaglia, che quella bandiera era macchiata dal sangue di molti americani uccisi. Tutto ciò viene svelato montando realistiche scene di guerra e flashback dei protagonisti, dando così un quadro completo da ogni punto di vista; è un film che lascia emergere il dolore dei soldati, il rimpianto dei loro compagni morti per quella bandiera e il cinismo dei politici che sfruttano il loro dolore per pura propaganda. Come al solito, Eastwood punta sia ad una buona sceneggiatura, sia sulla bravura dei suoi attori, che rendono la storia reale e toccante. Un film come pochi registi sanno fare.
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anti-americano attivo
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martedì 16 gennaio 2007
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iwo jima: gran culo per gli americani
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ankora nn lho visto xo penso sia un bel film anche se penso che gli americani abbiano avuto grande fortuna apparte il grande esercito di cui avevano a disposizione...IO ODIO L AMERICA E TUTTO IL POPOLO AMERICANO
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(di pep)
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wwwii
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sabato 6 gennaio 2007
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bellissimo
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PAUROSO IL FILM DELL' ANNO CONSIGLIATISSIMO +++++++
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francesco
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giovedì 4 gennaio 2007
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ahi farinotti...
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Se lei dice che sembra Salvate il soldato Ryan rimontato non capisce proprio niente e non merita di avere un dizionario di cinema con il suo nome sopra.
Francesco
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bobtheheat
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sabato 9 dicembre 2006
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ragazzi in guerra....burattini dei politici...
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A vedere il nuovo Clint, alla prima visione serale dello scorso venerdi, eravamo in 4 gatti in sala. Per certi versi meglio cosi', meglio SEMPRE evitare la confusione e "quei personagggi" che commentano il film ad ogni battuta. Forse in molti hanno pensato:ancora un film di guerra! Ma sulla seconda guerra mondiale cos'altro c'e' ancora da dire...A tutti coloro che, anche solo per un attimo, hanno pensato cio', posso dire che stanno commettendo un errore piuttosto grave. Perdersi "Flags of our fathers", che di "nuove cose" sulla Seconda Guerra Mondiale e non solo, ne dice parecchie, sarebbe infatti un grave peccato. Perche' si tratta di un film fortemente Fordiano, molto onesto e sincero, dolente e commovente, con immagini di guerra filmate (con una fotografia che vira quasi al bianco e nero) in maniera straordinaria.
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A vedere il nuovo Clint, alla prima visione serale dello scorso venerdi, eravamo in 4 gatti in sala. Per certi versi meglio cosi', meglio SEMPRE evitare la confusione e "quei personagggi" che commentano il film ad ogni battuta. Forse in molti hanno pensato:ancora un film di guerra! Ma sulla seconda guerra mondiale cos'altro c'e' ancora da dire...A tutti coloro che, anche solo per un attimo, hanno pensato cio', posso dire che stanno commettendo un errore piuttosto grave. Perdersi "Flags of our fathers", che di "nuove cose" sulla Seconda Guerra Mondiale e non solo, ne dice parecchie, sarebbe infatti un grave peccato. Perche' si tratta di un film fortemente Fordiano, molto onesto e sincero, dolente e commovente, con immagini di guerra filmate (con una fotografia che vira quasi al bianco e nero) in maniera straordinaria. Un film senza eroi, senza buoni e cattivi, che trae grande forza da un montaggio estremamente efficace del sempre bavissimo Joel Cox e dal commento musicale dello stesso Clint. Se non arriva al cuore come i suoi ultimi due ultimi capolavori, se non ne ha la stessa potenza, e' solo perche' il soggetto di Paul Haggis tende a volte a ripetersi. A spiegare un po' troppo, anche con la voce narrante, situazioni gia' ben (spesso amaramente) chiare. Nonostante questo, nelle sue immagini e nei volti dei suoi protagonisti, specie in quella dell'indiano Adam Beach/Ira (quello meglio descritto nonche' piu' amato dal regista, mentre gli altri sono un po' sottotono, anche a livello di recitazione ed espressivita') si respira un'aria di sofferenza, di pieta' e di tragicita' decisamente molto forte. Ed inusuale. "Flags of our fathers" e' un film che ci dice in modo esemplare che in guerra non si combatte per la patria, ma semplicemente per la propria pelle e per quella dei propri compagni. Come dimostra Barry Pepper/Mike( forse l'unico personaggio eroico di un film che di eroi proprio non ne vorrebbe) quando decide di andare in prima linea per combattere, come promesso solennemente, insieme al suo plotone. Ed e' anche un film che ci mostra amaramente e tristemente come la mediocre classe politica di una Nazione (qui gli Usa, ma anche gli altri son messi male...isn'it?) arrivi a sfruttare i sentimenti e i destini dei soldati sopravvissuti, rendendoli poco piu' che dei burattini. Ad infischiarsene (ieri come oggi) di raccontare la verita', capace di (s)vendere all'opinione pubblica qualsiasi tipo di menzogna e di spettacolarizzare in modo kitsch ogni evento pur di uscirne con la consueta immagine di superpotenza. Se nel sottofinale c'e' forse qualche retorica di troppo (il figlio sul letto di morte del padre) che qualcuno, ne sono certo, attribuira' "malignamente" al produttore Spielberg (ma la sua mano invece e' sicuramente evidente nella qualita' e nella ricchezza della produzione) e' vero pero' che poi il film torna a livelli altissimi con le immagini di chiusura. Le quali mostrano prima i nostri "antieroi" , solo dei semplici ragazzi, concedersi come meritato premio, subito dopo aver conquistato la vetta del monte Suribachi, un liberatorio tuffo nelle acque di una spiaggia poco lontana dal campo di battaglia. Immagini toccanti e di sincera poesia tra le migliori (e non e' poco) del cinema di Clint. E che fanno da preludio a quelle commoventi che scorrono lungo i titoli di coda, dove scorgiamo grazie a splendide fotografie d'epoca, i veri volti dei protagonisti.
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megliosenza
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venerdì 8 dicembre 2006
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questo è esatto
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Lizard scrive: "Qui, i soldati non assumono mai la veste di protagonisti, ma si trovano stritolati in un meccanismo(bellico, ma anche propagandistico) incontrollabile, in cui l'unico valore positivo è costituito dalla solidarietà reciproca."
sono perfettamente d'accordo.
A chi interessa trovare la dimensione umana nelle vicende immensamente più grandi che gli uomini attraversano, consiglio questo film.
Da non confondere con un film di denuncia o con un documentario, questo tratta la solitudine e la sensazione di schiacciamento del singolo contro le vicende della propria vita, volute o no e della forza, dell'immensa forza, che ognuno riesce a trovare per sopportale e... superarle! (eroi nietzschiani ?)
Importante il ruolo del narratore (figlio di uno dei protagonisti) che scopre la vicenda del padre per caso e svolge indagini per farsela raccontare dai compagni che l'avevano vissuta con lui: una vita svelata, ma non condivisa che non diventa (impossibile no?) patrimonio di quella del figlio.
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Lizard scrive: "Qui, i soldati non assumono mai la veste di protagonisti, ma si trovano stritolati in un meccanismo(bellico, ma anche propagandistico) incontrollabile, in cui l'unico valore positivo è costituito dalla solidarietà reciproca."
sono perfettamente d'accordo.
A chi interessa trovare la dimensione umana nelle vicende immensamente più grandi che gli uomini attraversano, consiglio questo film.
Da non confondere con un film di denuncia o con un documentario, questo tratta la solitudine e la sensazione di schiacciamento del singolo contro le vicende della propria vita, volute o no e della forza, dell'immensa forza, che ognuno riesce a trovare per sopportale e... superarle! (eroi nietzschiani ?)
Importante il ruolo del narratore (figlio di uno dei protagonisti) che scopre la vicenda del padre per caso e svolge indagini per farsela raccontare dai compagni che l'avevano vissuta con lui: una vita svelata, ma non condivisa che non diventa (impossibile no?) patrimonio di quella del figlio.
Siamo tutti protagonisti della nostra vita e solo spettatori di quella degli altri.
Siamo soli.
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ronks
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mercoledì 29 novembre 2006
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realta' sullo schermo
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LA RIELABORAZIONE DI UNA VERITA' STORICA DAL PUNTO DI VISTA UMANO, E NON MEDIATICO, DA' VITA AD UNA PROSPETTIVA TOTALMENTE "NUOVA"... Eastwood., TRAMITE IL LIBRO DA CUI SI E' ISPIRATO E CON L'AIUTO DI Spielberg, RIESCE A PORTARE SUL GRANDE SCHERMO IMMAGINI DI GRANDE SPESSORE, MA ANCHE UNA SERIE DI MESSAGGI CHE NON AVRANNO MAI IL SAPORE DELLA RETORICA, COME LA MALEDIZIONE DELLA GUERRA, SOPRATUTTO PER CHI LA VIVE DI PRIMA PERSONA, E IL "BISOGNO" DI EROI... ASSOLUTAMENTE TRA I MIGLIORI FILM DI CLINT EASTWOOD!!!
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federico
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domenica 26 novembre 2006
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ci siamo
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Un gran bel film. Forse qualche spiegazione di troppo sull'antieroismo e troppa insistenza sulle lacrimuccie...la scena dell'indiano che piange sul letto è veramente da rifare. A Clint piace rimarcare più volte il messaggio, come già in Million dollar baby. Se fosse rimasto più distaccato e lucido come ne gli Spietati, sarebbe stato meglio. A parte questo mi è piaciuto davvero, perchè ha unito il realismo del soldato Ryan allo smascheramento dei falsi valori patriottistici, in nome dei quali si perseguono sempre altri interessi. Che differenza tra le bandiere a stelle e strisce su Iwo Jima e quella di Spielberg del soldato Ryan!!!
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