Flags of Our Fathers |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Ryan Phillippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Barry Pepper, John Benjamin Hickey.
continua»
Guerra,
durata 130 min.
- USA 2006.
uscita venerdì 10 novembre 2006.
MYMONETRO
Flags of Our Fathers
valutazione media:
3,41
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Come sempre un Eastwood cinico, ma poetico
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| venerdì 30 marzo 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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FLAGS OF OUR FATHERS ***1/2 2006 Flags of our fathers, Islanda/USA Regia Clint Eastwood Cast Ryan Philippe, Jesse Bradford, Adam Beach, Jamie Bell Sceneggiatura William Broyles, Paul Haggis Fotografia Tom Stern Musica Clint Eatswood Produzione Steven Spielberg, CLint Eastwood Verso la fine della 2° guerra mondiale ad Iwo Jima ci fu la più sanguinosa battaglia degli americani: ben ventiseimila morti, su un totale di centomila marines che combattevano contro ventimila giapponesi (di essi se ne salvarono solo mille). La storia presentata da Clint Eastwood verte su un fatto molto importante. Quella foto-simbolo della bandiera innalzata dagli americani nel 23 Febbraio del 1945, ovviamente su Iwo Jima. Quella foto scattata da Joe Rosenthal(1912-2006) è rimasta si un ricordo indelebile delle storia degli americani ma il regista americano si pone una domanda: essa può diventare in qualche modo la rovina dei soldati che hanno piantato quella bandiera? Ebbene si. Il film presenta tre spazi temporali: la guerra, il dopo-guerra dei marines che nel frattempo sono diventati delle specie di vip, e il ricordo. La parte in cui Clint si sofferma di più è la seconda. Vuole farci capire che quella foto ha in qualche modo distrutto la vita di quei tre marines Così i“maiores” americani usano quei soldati come burattini per guadagnarci dei soldi. Li fanno girare tutta l’America, e tutta l’America li paga per vederli. Solo l’indiano Ira Hayes(l’ottimo Adam Beach) capisce che vanno incontro alla rovina continuando così. Ma gli altri no, non lo comprendono. E così, finita la “tournè” per l’America, i tre marines son costretti alla fame, disoccupati e senza un soldo. La terza parte, il ricordo, è la più noiosa, troppo documentaristica (ma, d’altra parte, non si poteva fare altrimenti). Regia superba e, nel complesso, un film tecnicamente impeccabile. La sceneggiatura del premio oscar Haggis è molto semplice, così come lo era stato in “Million dollar baby” E questo è un altro punto di forza del film, perchè è inutile insistere troppo sulla fraseologia dei soldati, se no si rischia di finire troppo sul patetco (vedi “Salvate il soldato Ryan”). Eatwood non cade nella spettacolarizzazione offertagli su un piatto da argento dal digitale (tranne nelle scene in cui la flotta sbarca su Iwo Jima), come invece aveva fatto Spielberg in Ryan. Flaschback essenziali La pellicola ha scatenato le reazioni dei puristi americani, come era gia successo con “Million Dollar Baby”. E allora un consiglio per Clint: vieni a fare film in Europa(peraltro anche Allen ha detto di trovarsi meglio in Inghilterra che a Hollywood)! Il finale è di una poeticità che solo Kusturica in “Underground” e Welles in “Citizen Kane” son riusciti a fare.
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