Gli spietati |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Morgan Freeman, Gene Hackman, Richard Harris, Clint Eastwood, Frances Fisher.
continua»
Titolo originale Unforgiven.
Western,
durata 122 min.
- USA 1992.
MYMONETRO
Gli spietati
valutazione media:
3,09
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Ritorno di Clint al western. Con qualcosa in più.di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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martedì 30 settembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
GLI SPIETATI (USA, 1992) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da CLINT EASTWOOD – MORGAN FREEMAN – GENE HACKMAN – RICHARD HARRIS – JAIMZ WOOLVETT – SAUL RUBINEK – FRANCES FISHER – ANTHONY JAMES – ANNA THOMSON – DAVID MUCCI – ROB CAMPBELL – TARA DAWN FREDERICK § Un gruppo di prostitute promette mille dollari a chi troverà (o ucciderà) i due uomini che hanno aggredito una di loro, sfregiandola. Così si mettono in azione i pistoleri per guadagnarsi la somma. Parte all’insegnamento un ex bandito e assassino vedovo che ha rinnegato il passato e da dieci anni vive in una fattoria con i due figli piccoli, allevando maiali devastati da una malattia infettiva. Lo seguono un amico nero conosciuto ai tempi d’oro delle rapine e il giovane pistolero che ha fatto da intermediario, il quale però, pur essendo presuntuoso e scattante, non ci vede a più di cinquanta metri. Ma lo sceriffo del paese delle meretrici, autoritario e rigoroso, vuole fare a modo suo; egli ha inoltre una personalissima idea della giustizia, che lo porta a trattare bene i cattivi e male i cosiddetti buoni. Come fa per esempio con un ammazzasette britannico tutto fumo e niente arrosto che arriva nel West accompagnato dal biografo, che poi lo abbandona per affiancarsi allo sceriffo. I due cowboys sfregiatori vengono infine scovati e uccisi. Nel finale il protagonista fa strage di sceriffo e suoi vice, per vendicare l’amico di carnagione scura massacrato a botte e frustate. Sedicesimo film di C. Eastwood come regista e trentottesimo come attore protagonista, è un cupo western autunnale, al tempo stesso classico e moderno, sul tema della violenza che è alla radice della società americana. C. Eastwood, che è sempre stato considerato meglio come regista che come interprete, è come il vino buono: invecchiando migliora. Poteva essere l’ennesima raffigurazione di un West alla deriva e destinato al tramonto, ma lo straordinario attore/regista è riuscito, tramite un saggio impiego della regia e un utilizzo coerente della materia narrativa, a trarre dal lago dell’argilla a disposizione una costruzione che resiste alle tempeste pur essendo edificata sulla sabbia e non sulla roccia, ovvero, in termini più pratici, un’opera cinematografica che rinnova profondamente il genere introducendo elementi inediti che portano un’ondata di aria fresca a un cinema che negli ultimi trenta o quarant’anni è andato sempre decadendo e decrescendo: il tema della giustizia terrena, l’amore per la famiglia, la spavalderia dei giovani senza nerbo, l’amicizia che lega fra loro anche i criminali più incalliti e irriducibili, l’amministrazione della civiltà con metodi violenti e sconsiderati. Nulla da eccepire sul montaggio e sulla scenografia, i quali dirigono una dopo l’altra le sequenze donando loro la freschezza e la purezza di cui necessitava il genere western dopo la dipartita di coloro che lo resero indimenticabile, e mi riferisco a personaggi come John Wayne, Henry Fonda e Sergio Leone. Passiamo ad analizzare le interpretazioni, che pur non costituendo proprio il perno centrale del film, sono comunque decisive nel contribuire all’ottimo risultato di questo autentico capolavoro di nicchia che ha rivitalizzato un filone da tempo immobilizzato e ristagnante: Eastwood è un uomo che ha deciso di convertirsi alla vita pacifica dopo un passato di scorribande e criminalità, ma che è pronto a riabbracciare il fucile per contrastare i banditi di cui è in cerca e soprattutto per vendicare un amico impunemente e impudentemente ucciso, sconfiggendo il suo reale nemico, lo sceriffo Little Bill Haggett, un G. Hackman veramente straordinario che interpreta un uomo di legge intenzionato a far rispettare ciò per cui lavora con sistemi molto discutibili per esagerazioni di severità, rigore e tribolazioni, disinteressandosi di chi stia dalla parte del giusto ed elevandosi a paladino della verità che crede sempre di stringerla in pugno, comunque vadano le cose; M. Freeman, compagno inossidabile di Clint in molte avventure filmiche, è un fuciliere fedele e sanguigno, che sa sacrificarsi per gli amici e capisce l’importanza della prudenza e della cautela, tant’è vero che in una scena si rende conto della malattia del migliore amico e in un’altra non se la sente a sparare a uno dei due delinquenti che hanno linciato la prostituta bionda; R. Harris, in una parte non piccolissima ma forse troppo esigua per esprimere il suo innato talento recitativo e la sua verve tragicomica, è un avventuriero molto ambizioso e contastorie, che nasconde la propria inettitudine e impotenza combattiva dietro una maschera fatta di baldanza e spacconeria bonaria, finendo per essere picchiato da Hackman, rinchiuso nella cella del suo ufficio e rispedito a casa su un improvvisato carro trainato da cavalli. Ora che abbiamo parlato degli attori celebri, spendiamo qualche parola anche per gli interpreti non baciati dalla notorietà: J. Woolvett e S. Rubinek incarnano perfettamente i loro personaggi, rispettivamente il giovincello arrogante e vanaglorioso e il biografo pavido e indeciso, e costituiscono due macchiette che collaborano a rendere memorabile questo film, ma in tutti i film in generale i caratteristi secondari che si ergono a fautori del divertimento, come anche in questo caso, sono importanti per concorrere ad un esito positivo e lodabile. Brave anche le donne che fanno la parte delle furbe e scaltre prostitute, le quali non si limitano a fare da tappezzeria ma pretendono, a ragione e riuscendovi, un ruolo ritagliato ad hoc per esternare un apprezzabile e tenero talento recitativo. Il regista ha dedicato il film a Don Siegel e Sergio Leone, i due maestri che gli hanno passato l’amore per il cinema. Quattro Oscar: miglior film, regia, attore non protagonista (G. Hackman) e montaggio (J. Cox). L’avrebbe meritato anche la sceneggiatura di David Webb Peoples.
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