ultimoboyscout
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martedì 3 gennaio 2012
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(in)soddisfatti e rimborsati!
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Esordio alla regia di Luca Verdone, il minore dei fratelli, che per il battesimo si fa aiutare dal fratellone Carlo. Il risultato è controverso, nel senso che la struttura è semplicistica e barzellettara, ricchissima di gag già viste e battute già sentite. Però funziona: il maggiore dei Verdone forma una coppia eccellente insieme a Pozzetto, fanno ridere di gusto in uno dei film cultndel periodo. La storia è piuttosto sempliciotta e il finale non poteva che ribaltare il tutto, rappresentando l'esatto opposto del film, un fallimento apparente che decreta il successo dei due protagonisti. Infatti sulle ceneri della clinica dimagrante, un vero e proprio lager, i due scalcinati medici apriranno una trattoria dove si mangia a dismisura, chiamata "Ai due porconi"! La mimica facciale di Verdone è assolutamente la cosa meglio riuscita della pellicola, comico e con lo scopo evidente di intrattenere e divertire ma anche di fare una critica altrettanto chiara all'imperante moda delle diete, alla voglia di magrezza e al business del dimagrimento tanto in voga durante gli anni '80.
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Esordio alla regia di Luca Verdone, il minore dei fratelli, che per il battesimo si fa aiutare dal fratellone Carlo. Il risultato è controverso, nel senso che la struttura è semplicistica e barzellettara, ricchissima di gag già viste e battute già sentite. Però funziona: il maggiore dei Verdone forma una coppia eccellente insieme a Pozzetto, fanno ridere di gusto in uno dei film cultndel periodo. La storia è piuttosto sempliciotta e il finale non poteva che ribaltare il tutto, rappresentando l'esatto opposto del film, un fallimento apparente che decreta il successo dei due protagonisti. Infatti sulle ceneri della clinica dimagrante, un vero e proprio lager, i due scalcinati medici apriranno una trattoria dove si mangia a dismisura, chiamata "Ai due porconi"! La mimica facciale di Verdone è assolutamente la cosa meglio riuscita della pellicola, comico e con lo scopo evidente di intrattenere e divertire ma anche di fare una critica altrettanto chiara all'imperante moda delle diete, alla voglia di magrezza e al business del dimagrimento tanto in voga durante gli anni '80. Numerosi e indovinati i caratteristi a contorno dei protagonisti, a cominciare dalla tanto amata Sora Lella e a nobilitare il prodotto ci sono due sceneggiatori di successo come Piero DeBernardi e Leo Benvenuti. La pellicola risulta "gustosa" e non potrebbe essere altrimenti, fame e fama ataviche vanno a braccetto al motto "anche la psiche ingrassa!".
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great steven
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giovedì 18 dicembre 2014
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un debutto troppo frettoloso e in parte avvilente.
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SETTE CHILI IN SETTE GIORNI (IT, 1986) diretto da LUCA VERDONE. Interpretato da RENATO POZZETTO, CARLO VERDONE, TIZIANA PINI, SILVIA ANNICHIARICO, ELENA FABRIZI
Alfio Tamburini e Silvano Baracchi, due medici, usciti dall’università e promossi col minimo dei voti, sono ridotti a fare il primo il massaggiatore/callista e il secondo il venditore ambulante di articoli igienico-sanitari. Si ritrovano dopo tanti anni e decidono di aprire una lussuosa clinica dimagrante per pazienti di ambo i sessi, in cui il pagamento avviene al termine di una settimana durante la quale i ricoverati devono aver perduto almeno sette chilogrammi. Il progetto è però ostacolato dai parenti di Alfio, preoccupati per l’incompetenza dei due dottori, e dall’insistenza oppressiva di alcuni pazienti, specialmente un ragazzino dodicenne abilissimo nei furti a scopo di sopravvivenza.
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SETTE CHILI IN SETTE GIORNI (IT, 1986) diretto da LUCA VERDONE. Interpretato da RENATO POZZETTO, CARLO VERDONE, TIZIANA PINI, SILVIA ANNICHIARICO, ELENA FABRIZI
Alfio Tamburini e Silvano Baracchi, due medici, usciti dall’università e promossi col minimo dei voti, sono ridotti a fare il primo il massaggiatore/callista e il secondo il venditore ambulante di articoli igienico-sanitari. Si ritrovano dopo tanti anni e decidono di aprire una lussuosa clinica dimagrante per pazienti di ambo i sessi, in cui il pagamento avviene al termine di una settimana durante la quale i ricoverati devono aver perduto almeno sette chilogrammi. Il progetto è però ostacolato dai parenti di Alfio, preoccupati per l’incompetenza dei due dottori, e dall’insistenza oppressiva di alcuni pazienti, specialmente un ragazzino dodicenne abilissimo nei furti a scopo di sopravvivenza. Quando poi Silvano trasgredisce le regole autoimposte fornendo da mangiare alla più attraente delle clienti, l’impresa fallisce definitivamente, con i pazienti che invadono le cucine e i due medici che finiscono in ospedale dopo un incidente stradale. Una volta dimessi, aprono la trattoria Ai due porconi, dove ci si abbuffa a non finire. Prolisso film comico di taglio barzellettistico. Per il suo esordio, L. Verdone si è fatto aiutare dal fratello Carlo che gli anche prestato due sceneggiatori esperti e rodati come Piero De Bernardi e Leonardo Benvenuti, ma l’utilità della collaborazione non si vede granché. Verdone e Pozzetto sono fra le poche note positive di una commedia diluita in una serie di situazioni farsesche con un debole filo conduttore e scarsi momenti di divertimento decisivo e brillante: il primo sfodera sempre la sua romanità prorompente e la sua carta “malincomica” che con gli anni, specialmente a partire dal film Io e mia sorella, affinerà abilmente fino a farne il suo inconfondibile marchio di fabbrica, mentre il secondo, col suo sguardo imbambolato e le argute trovate verbali un po’ surreali e funamboliche e naturalmente la sua corporatura massiccia, riesce a strappare meritevolmente risate grasse servendosi del suo consueto umorismo tipicamente lombardo e agreste. Tra gli attori di secondo piano, spiccano E. Fabrizi nella parte di una paziente anziana che vuole ad ogni costo dimagrire e S. Annichiarico nel ruolo della moglie corpulenta di Verdone, da lui ripudiata e quasi detestata. La regia segue abbastanza correttamente l’evolversi naturale della storia, scritta bene ma recitata peggio, senza tuttavia luccicare particolarmente per acume o genialità. Probabilmente il difetto maggiore e quasi imperdonabile di questo comico diluito e asimmetrico è la fretta: cucita velocemente la vicenda e girata con altrettanta, incomprensibile premura, il film appare fatto piuttosto alla carlona e non ragionato sufficientemente. Sia Pozzetto che i due fratelli Verdone hanno fatto di meglio.
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aristoteles
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martedì 17 novembre 2015
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villa samantha
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Verdone e Pozzetto dottori di una clinica per dimagrire.
Si sorride grazie alla comicità dei due e a personaggi grotteschi e pittoreschi.
Certamente si poteva fare di più,ma fa simpatia vedere tutti quei panzoni,compresa la mitica "sora Lella",alle prese con improbabilissime tecniche di dimagrimento.
Il peggiore è il bambino Paolone,veramente infame e con una discutibile maglietta di Topolino,ma anche il pugile fa la sua tamarra figura.
Il finale è inevitabile.
Un 6 pieno,oltre non si va.
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greatsteven
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giovedì 12 ottobre 2017
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"chi l'ha detto che la magrezza fa bellezza?".
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SETTE CHILI IN SETTE GIORNI (IT, 1986) diretto da LUCA VERDONE. Interpretato da CARLO VERDONE, RENATO POZZETTO, ELENA FABRIZI, SILVIA ANNICHIARICO, TIZIANA PINI
Alfio Tamburini è un medico laureatosi con 85/100, ridotto a fare il massaggiatore e il callista. Il suo ex compagno di corso Silvano Baracchi, uscito all’esame di laurea con un misero 66, si arrangia lavorando come venditore ambulante di articoli igienico-sanitari. Si rincontrano dieci anni dopo e decidono assieme di aprire una clinica dimagrante per obesi in cui si rimane per una settimana e in cui il pagamento è previsto soltanto a terapia compiuta.
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SETTE CHILI IN SETTE GIORNI (IT, 1986) diretto da LUCA VERDONE. Interpretato da CARLO VERDONE, RENATO POZZETTO, ELENA FABRIZI, SILVIA ANNICHIARICO, TIZIANA PINI
Alfio Tamburini è un medico laureatosi con 85/100, ridotto a fare il massaggiatore e il callista. Il suo ex compagno di corso Silvano Baracchi, uscito all’esame di laurea con un misero 66, si arrangia lavorando come venditore ambulante di articoli igienico-sanitari. Si rincontrano dieci anni dopo e decidono assieme di aprire una clinica dimagrante per obesi in cui si rimane per una settimana e in cui il pagamento è previsto soltanto a terapia compiuta. I clienti non tardano ad arrivare, e fra essi si annoverano un politico in periodo elettorale, una graziosa signora formosa ma tutt’altro che grassa, un ragazzaccio grassoccio e insolente e abilissimo nel rubare il cibo, un monsignore, un pugile che parla in modo incomprensibile, due coniugi di mezz’età, un’anziana signora romana e una cantante lirica in evidente sovrappeso. La terapia che i due dottori furbacchioni somministrano ai loro pazienti si basa su digiuni forzati e pasti immaginari, salvo una sorta di pappa verdognola di dubbio effetto. Il loro lavoro viene però ostacolato ben presto dalla moglie di Alfio e dai di lei fratelli, preoccupati per l’effettiva incompetenza dei due gestori. Tutto, comunque, sembra procedere abbastanza benché, finché una sera Silvano, trovandosi di fronte la graziosa signora che gli si concede carnalmente, le permette di mangiare, contravvenendo alle regole della clinica stessa. Alfio, appena lo sa tramite l’esame del peso, s’infuria come una belva e lo insegue in bicicletta mentre Silvano fugge in motorino, ma fanno entrambi un incidente. In ospedale, fallito ormai il progetto della struttura dimagrante, lo trasformano nella trattoria Ai due porconi, in cui vengono serviti pasti luculliani, e il successo che ne deriva è ben migliore. Se il film fosse stato diretto dal maggiore dei fratelli Verdone, ovvero Carlo, e non dall’esordiente Luca, sarebbe diventato una saporosa commedia, gradevole da vedersi, magari ugualmente prolissa (perché la prolissità è una pecca da imputare tanto a questa pellicola in sé per sé quanto, in parte, alla filmografia di C. Verdone), ma piena di momenti esilaranti che avrebbero rispettato appieno i tempi comici e non avrebbero stancato lo spettatore con una vicenda cucita in fretta e alla carlona, col desiderio deprecabile di accorciare i tempi di produzione e imbastire un comico di prima qualità che risulta invece dozzinale e sguaiato. Inutile che Carlo abbia poi garantito al fratello minore due sceneggiatori di elevatissima caratura come Piero De Bernardi e Leo Benvenuti, i quali offrono una prestazione ben inferiore ai loro standard abituali, ma riescono anche a far di peggio: rendono la lotta all’obesità un diritto da conquistare col sudore e la fatica, per poi rinnegare tutto e disdire il termine ultimo che probabilmente la trama si proponeva di raggiungere, ovvero quello di abbinare all’idea di bellezza quella della magrezza. Un concetto più applicabile oggi, col dilagare dell’anoressia e tutti i discorsi utili e meno utili sull’alimentazione, che nel 1986, in cui il tema non era ancora così scottante come lo è tuttora. Comunque, non mancano le gag azzeccate (l’adolescente impertinente e goloso; l’incontro di Alfio coi cognati molto più in gamba di lui, anche se in un mestiere diverso; la gastroscopia cui i due direttori sottopongono tutti i pazienti, esclusi il boxeur e la donna affascinante), i duetti Pozzetto-Verdone risollevano la storia dalle deficienze di sceneggiatura e recuperano punti dando, almeno in parte, l’acqua della vita al taglio barzelletistico di questo sketch maldestramente prolungato, e fra gli attori di secondo piano brillano un’efficace E. Fabrizi, romanissima come sempre, una pacata T. Pini e una brava S. Annichiarico. Ma la delusione peggiore è appunto il desiderio di aver voluto edificare un panegirico in chiave comica e aver fallito in modo miserevole per colpa della fretta, di calcoli sbagliati riguardo all’attinenza fra copione e battute, del divertimento che si percepisce solo a singhiozzo e dei contributi tecnici non abbastanza valorizzati né ben amalgamati fra loro. Sia Verdone che Pozzetto hanno fatto di meglio, il primo sia come attore che come regista, il secondo nella fattispecie come autore di sé stesso, del milanese bamboccione dallo sguardo imbambolato che vorrebbe porre rimedio a tante situazioni problematiche per poi combinare nient’altro che pasticci su pasticci. Quattro anni dopo, in coppia con Villaggio, si rifarà col primo capitolo della trilogia de Le comiche, non un capolavoro, ma degno di superare di numerose leghe Sette chili in sette giorni.
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