fsromait
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venerdì 7 gennaio 2011
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il tramonto degli uomini nell'alba del progresso
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La superba e storica conclusione di Sergio Leone dell'epopea western, rivisitazione e corollario/appendice alla precedente trilogia del dollaro, vista con occhi commossi al suo tramonto e che cede il passo alla modernità, della tecnologia e degli affaristi. Sostanzialmente, fin dall'inizio del film, nei suoi tempi magnificamente dilatati, si ha come il sentore che tutto sia già avvenuto: nello spazio della vendetta e del riscatto umano e sociale, cinque tipologie umane (l'affarista corrotto, il pistolero senza scrupoli che ne prende il posto, il bandito redento, il vendicatore senza nome e la bella) si disputano la scena in una sontuosa serie di sequenze che omaggiano il western del passato e che assurge ad archetipo della perenne vicenda umana.
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La superba e storica conclusione di Sergio Leone dell'epopea western, rivisitazione e corollario/appendice alla precedente trilogia del dollaro, vista con occhi commossi al suo tramonto e che cede il passo alla modernità, della tecnologia e degli affaristi. Sostanzialmente, fin dall'inizio del film, nei suoi tempi magnificamente dilatati, si ha come il sentore che tutto sia già avvenuto: nello spazio della vendetta e del riscatto umano e sociale, cinque tipologie umane (l'affarista corrotto, il pistolero senza scrupoli che ne prende il posto, il bandito redento, il vendicatore senza nome e la bella) si disputano la scena in una sontuosa serie di sequenze che omaggiano il western del passato e che assurge ad archetipo della perenne vicenda umana. La chiave del film é, ovviamente, nelle sequenze finali "parallele" in cui i temi, da una parte dell'amicizia e stima virile, dall'altra del potenziale triangolo amoroso, riemergono con equilibrio sapiente quando il "tradizionale duello esterno", tra Armonica e Frank, viene cantato con splendido contrappunto "all'interno", nel dialogo e nei silenzi, densi di sottintesi, tra Jill e Cheyenne, riecheggiando nostalgicamente motti e modi di un'umanità "casalinga". Tutti questi quattro personaggi sono consapevoli di essere in bilico tra passato e futuro. Analogamente a quanto avviene in "Excalibur" (1981) di John Boorman, in cui Merlino dice, ad un Artù ormai re adulto e confuso, che l'età degli dei e dei maghi é terminata (perché quella ora é l'età degli uomini, con le loro responsabilità); così, al tramonto dell'epopea western, anche loro (gli uomini come Armonica e Cheyenne e perfino Frank) devono adesso cedere il passo al progresso (la ferrovia) e agli affaristi (Morton) che, seppure muoiono, saranno sostituiti. E l'epilogo consegna alla leggenda le figure di quegli uomini, che si allontanano per morire o con una vaga quanto improbabile promessa di passaggio, "un giorno o l'altro" a SweetWater. Resta Lei, la bella Jill, che con armoniosi quanto carezzevoli e pur energici movimenti, porta l'acqua agli operai della ferrovia, indicando come costruire e dove far sorgere la nuova città. Come se gli autori, nel lontano 1968, avessero voluto fare un auspicio: che piuttosto che degli affaristi, il futuro potesse essere al femminile! Il futuro avrebbe, purtroppo, disilluso le attese ma é senz'altro anche per questo motivo che la carica simbolica di "C'era una volta il West" risulta ancora attuale.
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tomdoniphon
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martedì 22 luglio 2014
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musica ed immagine
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Un avido magnate delle ferrovie (Ferzetti) vuole mettere le mani sul terreno di proprietà dell'ex prostituta Jill (Claudia Cardinale) e pertanto assolda un killer (Fonda). In difesa della donna intervengono il bandito Cheyenne (Robards) e il misterioso Armonica, al quale Frank ha ucciso il fratello. Armonica uccide Frank in duello e riparte. Dopo la "trilogia del dollaro", che aveva sovvertito i codici e i canoni del western, Leone recupera la classicità con un film nostalgico che (fin dal titolo) aspira ad essere l'opera definitiva e conclusiva del genere. Per questo il regista rende omaggio ai grandi autori del western, girando in parte il film nella Monument Valley immortalata da Ford.
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Un avido magnate delle ferrovie (Ferzetti) vuole mettere le mani sul terreno di proprietà dell'ex prostituta Jill (Claudia Cardinale) e pertanto assolda un killer (Fonda). In difesa della donna intervengono il bandito Cheyenne (Robards) e il misterioso Armonica, al quale Frank ha ucciso il fratello. Armonica uccide Frank in duello e riparte. Dopo la "trilogia del dollaro", che aveva sovvertito i codici e i canoni del western, Leone recupera la classicità con un film nostalgico che (fin dal titolo) aspira ad essere l'opera definitiva e conclusiva del genere. Per questo il regista rende omaggio ai grandi autori del western, girando in parte il film nella Monument Valley immortalata da Ford. Ma non ha paura di adottare scelte in netta controtendenza con i principi non scritti hollywoodiani: così, anche se ricorre ad un cast di prim'ordine, utilizza genialmente l'attore più importante, Henry Fonda, icona "democratica" americana per eccellenza, nella parte dello spietato assassino; ma soprattutto dilata, come mai si era visto prima, i tempi del racconto con esaltanti inquadrature a tutto schermo. L'unico limite del film è costituito dal fatto che in alcuni momenti Leone, schiacciato dalle proprie smisurate ambizioni, sembra essere caduto nella insidiosa trappola del manierismo. In ogni caso, quasi tutte le sequenze del film sono straordinarie per la capacità di combinazione tra musica (ovviamente di Morricone) ed immagine. Del resto, come ha avuto modo di osservare Amelio, "qui c'è davvero una regia della musica, qui il senso di ogni inquadratura è comandato dal tempo dell'orchestra...La musica non scandisce solo il tempo del montaggio, ma segna ogni immagine al suo interno, nel gesto di un personaggio, anche di un battito di ciglia. Il grande talento di Ennio Morricone (che vive di vita propria, e in sintonia con i registi più diversi) trova con Leone un'intesa speciale.. Per quanto mi riguarda, confesso che i film di Leone li ho visti più di una volta per guardare la musica".
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ignazio1975
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giovedì 1 gennaio 2015
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inarrivabile
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Impossibile per chiunque eguagliare un capolavoro simile. Tarantino si ispira apertamente a Leone e in ogni film rende più di un omaggio al Maestro. Ma non riuscirà mai ad avvicinarsi al regista italiano. Il film è un capolavoro di regia, recitazione (Henry Fonda ha fatto la recitazione della sua vita), montaggio, fotografia (Delli Colli in stato di grazia) e scenografia (Carlo Simi fantastico). L'atmosfera del film, i colori, le musiche e le inquadrature sono a dir poco commoventi. Non capisco come la critica di 50 anni fa, fosse di così basso livello, al punto di non saper apprezzare un capolavoro così smisurato. Ho visto una quantità industriale di film in vita mia, ma questo capolavoro è irraggiungibile.
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fsromait
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venerdì 7 gennaio 2011
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il tramonto degli uomini nell'alba del progresso
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La superba e storica conclusione di Sergio Leone dell'epopea western, rivisitazione e corollario/appendice alla precedente trilogia del dollaro, vista con occhi commossi al suo tramonto e che cede il passo alla modernità, della tecnologia e degli affaristi. Sostanzialmente, fin dall'inizio del film, nei suoi tempi magnificamente dilatati, si ha come il sentore che tutto sia già avvenuto: nello spazio della vendetta e del riscatto umano e sociale, cinque tipologie umane (l'affarista corrotto, il pistolero senza scrupoli che ne prende il posto, il bandito redento, il vendicatore senza nome e la bella) si disputano la scena in una sontuosa serie di sequenze che omaggiano il western del passato e che assurge ad archetipo della perenne vicenda umana.
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La superba e storica conclusione di Sergio Leone dell'epopea western, rivisitazione e corollario/appendice alla precedente trilogia del dollaro, vista con occhi commossi al suo tramonto e che cede il passo alla modernità, della tecnologia e degli affaristi. Sostanzialmente, fin dall'inizio del film, nei suoi tempi magnificamente dilatati, si ha come il sentore che tutto sia già avvenuto: nello spazio della vendetta e del riscatto umano e sociale, cinque tipologie umane (l'affarista corrotto, il pistolero senza scrupoli che ne prende il posto, il bandito redento, il vendicatore senza nome e la bella) si disputano la scena in una sontuosa serie di sequenze che omaggiano il western del passato e che assurge ad archetipo della perenne vicenda umana. La chiave del film é, ovviamente, nelle sequenze finali "parallele" in cui i temi, da una parte dell'amicizia e stima virile, dall'altra del potenziale triangolo amoroso, riemergono con equilibrio sapiente quando il "tradizionale duello esterno", tra Armonica e Frank, viene cantato con splendido contrappunto "all'interno", nel dialogo e nei silenzi, densi di sottintesi, tra Jill e Cheyenne, riecheggiando nostalgicamente motti e modi di un'umanità "casalinga". Tutti questi quattro personaggi sono consapevoli di essere in bilico tra passato e futuro. Analogamente a quanto avviene in "Excalibur" (1981) di John Boorman, in cui Merlino dice, ad un Artù ormai re adulto e confuso, che l'età degli dei e dei maghi é terminata (perché quella ora é l'età degli uomini, con le loro responsabilità); così, al tramonto dell'epopea western, anche loro (gli uomini come Armonica e Cheyenne e perfino Frank) devono adesso cedere il passo al progresso (la ferrovia) e agli affaristi (Morton) che, seppure muoiono, saranno sostituiti. E l'epilogo consegna alla leggenda le figure di quegli uomini, che si allontanano per morire o con una vaga quanto improbabile promessa di passaggio, "un giorno o l'altro" a SweetWater. Resta Lei, la bella Jill, che con armoniosi quanto carezzevoli e pur energici movimenti, porta l'acqua agli operai della ferrovia, indicando come costruire e dove far sorgere la nuova città. Come se gli autori, nel lontano 1968, avessero voluto fare un auspicio: che piuttosto che degli affaristi, il futuro potesse essere al femminile! Il futuro avrebbe, purtroppo, disilluso le attese ma é senz'altro anche per questo motivo che la carica simbolica di "C'era una volta il West" risulta ancora attuale.
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brando fioravanti
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venerdì 20 giugno 2014
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la morte del west
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Nel deserto del Mojave la prostituta Jill deve difendersi da Frank pericoloso killer e i suoi uomini. Jill è da poco vedova e non sa che la terra di cui è proprietaria seppure arida e poco fertile interessa a Morton potente industriale ferroviario che non esita a uccidere chi gli si oppone. Morton inizialmente assume Frank, ma il rapporto tra i due diventa conflittuale.In aiuto di Jill arriva un misterioso pistolero soprannominato armonica che ha un conto in sospeso con Frank. Armonica uccide Frank in un epico duello poi svanisce nel nulla mentre Morton viene ucciso da un altro bandito. Meno successo della trilogia del dollaro, ma considerato un capolavoro dalla critica. Per molti estimatori è il miglior spaghetti-western anche meglio del Il buono il brutto e il cattivo.
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Nel deserto del Mojave la prostituta Jill deve difendersi da Frank pericoloso killer e i suoi uomini. Jill è da poco vedova e non sa che la terra di cui è proprietaria seppure arida e poco fertile interessa a Morton potente industriale ferroviario che non esita a uccidere chi gli si oppone. Morton inizialmente assume Frank, ma il rapporto tra i due diventa conflittuale.In aiuto di Jill arriva un misterioso pistolero soprannominato armonica che ha un conto in sospeso con Frank. Armonica uccide Frank in un epico duello poi svanisce nel nulla mentre Morton viene ucciso da un altro bandito. Meno successo della trilogia del dollaro, ma considerato un capolavoro dalla critica. Per molti estimatori è il miglior spaghetti-western anche meglio del Il buono il brutto e il cattivo. Girato nei luoghi autentici si da molto spazio alle inquadrature associate perfettamente alle musiche. La lunga sequenza iniziale è composta soltanto da rumori, novità molto rivalutata dalle moderne critiche e dai futuri registi. La storia chiude definitavente il mito della frontiera dove potenti uomini d'affari prendono il sopravvento anche nelle terre più selvaggie. Una città nel deserto è il simbolo dell'inizio della civilizazzione.
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david aaronson
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giovedì 2 luglio 2015
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c'era una volta la poesia
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"Tutto è bevuto tutto è mangiato" cosi scrive Paul Verlaine in Languore,e come dargli torto dopo aver assistito a capolavori di questo tipo.Sergio Leone Maestro assoluto a cui la critica intellettualoide,sterile ed inutile non ha saputo dar elogi e premi più che meritati ma sappiamo bene che un film come C'era una volta il West da fastidio politicamente parlando.Un Western come sempre atipico quello di Leone,pieno di epicità,silenzi, poesia e spunti socialisti;da notare la figura Femminile di rilievo interpretata da una stupenda Claudia Cardinale.La Scena iniziale,capace di catturati nei suoi silenzi,nei suoi sguardi e nei suoi solo spari meriterebbe già il costo del DVD.Leone decisamente più maturo nei toni riesci a reinventarsi un capolavoro nel genere che lo aveva portato nel' olimpo dei registi.
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"Tutto è bevuto tutto è mangiato" cosi scrive Paul Verlaine in Languore,e come dargli torto dopo aver assistito a capolavori di questo tipo.Sergio Leone Maestro assoluto a cui la critica intellettualoide,sterile ed inutile non ha saputo dar elogi e premi più che meritati ma sappiamo bene che un film come C'era una volta il West da fastidio politicamente parlando.Un Western come sempre atipico quello di Leone,pieno di epicità,silenzi, poesia e spunti socialisti;da notare la figura Femminile di rilievo interpretata da una stupenda Claudia Cardinale.La Scena iniziale,capace di catturati nei suoi silenzi,nei suoi sguardi e nei suoi solo spari meriterebbe già il costo del DVD.Leone decisamente più maturo nei toni riesci a reinventarsi un capolavoro nel genere che lo aveva portato nel' olimpo dei registi.Il Connubio Morricone-Leone riesce ad essere sempre in ascesa fin quando poi culminerà nella perfezione di C'Era una volta in America chiudendo quindi quello che aveva iniziato una trilogia del tempo dalla patina malinconica ed accesa.Fotografia lineare ed efficace cosi come il montaggio,ovviamente trattandosi di Leone conviene assaporare la director's cut. La tecnica magistrale con il quale il regista romano dipinge l affresco conclusivo merita un posto al Louvre accanto alla Gioconda di Leonardo. Cheyenne dialoga con Jill,Armonica torna con tutta la sua malinconia anche dopo aver vendicato il fratello, mentre fuori il rumore del ferro e dell acciaio tenta invano di oscurare la grande bellezza,il grande funerale che si sta compiendo la grande tragedia umana è arrivata alla fine.Il treno portatore di progresso e di alienazione marxista avanza senza freni,lì dove non avanzeranno più Armonica e Cheyenne,una volta caricato Cheyenne su un cavallo Armonica va via su una collinetta e guarda dall'alto un mondo che non è più il suo,il vecchio west non c'è più non c'è posto per tutti gli Armonica del mondo.
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greatsteven
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martedì 13 giugno 2017
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stupendo affresco crepuscolare su epoche trascorse
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C'ERA UNA VOLTA IL WEST (IT/USA, 1968) diretto da SERGIO LEONE. Interpretato da CHARLES BRONSON, HENRY FONDA, CLAUDIA CARDINALE, JASON ROBARDS JR., GABRIELE FERZETTI, PAOLO STOPPA, KEENAN WYNN, JACK ELAM, BENITO STEFANELLI, AL MULOCK, FABIO TESTI, WOODY STRODE, LIONEL STANDER, FRANK WOLFF
Nel 1908 una fonte d’acqua nel deserto degli Stati Uniti meridionali viene presa di mira da persone diverse, ognuno con scopi propri: il perfido capitalista ferroviario Morton, ammalato di tubercolosi ossea, intende costruire una ferrovia che colleghi l’Atlantico al Pacifico, ed è determinato ad ultimarla prima di morire, avvalendosi del sicario a pagamento Frank, che per conto del padrone stermina l’intera famiglia McBain, di origine irlandese; Jill, ex prostituta di un bordello di New Orleans, si sposò un mese prima con Brett McBain e, rimasta vedova, ne eredita la proprietà con tutti i beni mobili e immobili, ma è costretta a venderla ad un’asta per la minaccia della sua definitiva estinzione per l’avanzamento del binario ferroviario (il terreno è stato denominato da McBain stesso Sweet Water, e dista alcune leghe da Flagstone); il bandito Cheyenne, in manette di cui poi si libera, accusato ingiustamente della strage dei McBain, e in realtà intenzionato ad aiutare Jill nella difesa del terreno con la cospicua promessa di denaro sonante in arrivo; l’innominato dall’armonica, strumento che porta sempre seco e che suona sempre quando le parole risultano inutili, deciso ad inseguire Frank, a non farlo ammazzare dai suoi stessi uomini ma solo per poterlo uccidere lui, avendo aperto un conto in sospeso per la morte di suo fratello, opera del malvagio Frank.
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C'ERA UNA VOLTA IL WEST (IT/USA, 1968) diretto da SERGIO LEONE. Interpretato da CHARLES BRONSON, HENRY FONDA, CLAUDIA CARDINALE, JASON ROBARDS JR., GABRIELE FERZETTI, PAOLO STOPPA, KEENAN WYNN, JACK ELAM, BENITO STEFANELLI, AL MULOCK, FABIO TESTI, WOODY STRODE, LIONEL STANDER, FRANK WOLFF
Nel 1908 una fonte d’acqua nel deserto degli Stati Uniti meridionali viene presa di mira da persone diverse, ognuno con scopi propri: il perfido capitalista ferroviario Morton, ammalato di tubercolosi ossea, intende costruire una ferrovia che colleghi l’Atlantico al Pacifico, ed è determinato ad ultimarla prima di morire, avvalendosi del sicario a pagamento Frank, che per conto del padrone stermina l’intera famiglia McBain, di origine irlandese; Jill, ex prostituta di un bordello di New Orleans, si sposò un mese prima con Brett McBain e, rimasta vedova, ne eredita la proprietà con tutti i beni mobili e immobili, ma è costretta a venderla ad un’asta per la minaccia della sua definitiva estinzione per l’avanzamento del binario ferroviario (il terreno è stato denominato da McBain stesso Sweet Water, e dista alcune leghe da Flagstone); il bandito Cheyenne, in manette di cui poi si libera, accusato ingiustamente della strage dei McBain, e in realtà intenzionato ad aiutare Jill nella difesa del terreno con la cospicua promessa di denaro sonante in arrivo; l’innominato dall’armonica, strumento che porta sempre seco e che suona sempre quando le parole risultano inutili, deciso ad inseguire Frank, a non farlo ammazzare dai suoi stessi uomini ma solo per poterlo uccidere lui, avendo aperto un conto in sospeso per la morte di suo fratello, opera del malvagio Frank. Alla fine, a spuntarla è il progresso: la ferrovia continua a crescere, gli uomini vi lavorano sotto il sole caldo e senza sosta, ma il duello tra Armonica e Frank si disputerà alla vecchia maniera, ossia pistola contro pistola, senza trucchi, come gli uomini del Far West di una volta. Jill, recuperata la dignità e ripreso possesso della sua esistenza e non più trattata come donna-oggetto, può approvvigionare d’acqua gli operai del binario, in quanto la falda freatica è rimasta sotto il suo possesso. Armonica, osservando la morte del paese in cui aveva sempre vissuto, si allontana a cavallo conducendosi appresso anche quello di Cheyenne, apparentemente illeso ma in realtà ferito a morte, ferito da Morton, cui lo stesso Cheyenne aveva dapprima sparato, che non è riuscito a raggiungere l’acqua ed è morto di sete, ma ha fatto in tempo a corrompere i pistoleri di Frank per poi vederseli massacrare dall’ormai defunto fuggiasco, la cui taglia (5.000 dollari) è stata pagata da Armonica per riscattare la proprietà e salvare Cheyenne dalla reclusione nel carcere di Yuma. Indimenticabile il prologo: tre bounty-killers (fra cui un giovanissimo Fabio Testi, accreditato solo nei titoli di coda) impongono il silenzio al casellante della stazione, attendono in un turbinio sibilante e silenzioso di pale ad eliche l’arrivo di non si sa bene chi, ingannando il tempo bevendo acqua che cade sul cappello o intrappolando una mosca nella canna della pistola, e vedendosi poi comparire, sceso da un treno, il protagonista (che riecheggia l’Uomo Senza Nome interpretato da Clint Eastwood nella precedente "trilogia del dollaro"), che domanda ai tre il perché dell’assenza di Frank e poi li uccide, ricevendo in contraccambio una pallottola nella spalla sinistra. Ma non finisce qui: il debutto di questa quintessenza del western americano girato rigorosamente all’italiana (il che è un’ulteriore prova dell’unicità artistica di Leone) prosegue col calvario della famiglia McBain, il cui padre (Wolff, ricordato sia per questo ruolo che per quello di Gaspare Pisciotta nel Salvatore Giuliano di Rosi) viene assassinato dalla cricca di Frank insieme ai tre figlioletti che preparano il festoso ricevimento per accogliere la di lui nuova sposa… e tutto si chiude col fischio della locomotiva che ottunde lo sparo di Frank, rivolto all’ultimo giovanissimo superstite della dinastia. A proposito di dinastie, quella della tecnologia inarrestabile è il perno implicito e silente cui ruota intorno la trama di un western molto intenso e profondo, il quale, ricorrendo a dialoghi molto rarefatti e facendo dell’essenzialità una regola d’arte, tocca temi altamente significativi, che vengono veicolati dalle ottime interpretazioni dei sei attori principali e dei tanti altri comprimari, tutte pedine di un gioco più grande che tende a far tramontare un’intera epopea e fa sorgere, laddove sembrava che farsi giustizia da sé fosse l’unico sistema di vita, un volto nuovo mai visto prima. Il volto della modernità che cambia anche i regolamenti su cui gli esseri umani, non soltanto maschi (come testimonia l’eccellente prova recitativa di una C. Cardinale allo zenith del suo splendore fisico e artistico), fabbricano la propria esistenza. La falda acquifera immensa è indispensabile per permettere ai treni di viaggiare, e il carburante che consumano si riflette nella fatica che spendono gli operai a costruire, uno dopo l’altro, i binari, forse incuranti o forse consapevoli di cosa accade loro intorno. Da un lato, un’ex donna di facili costumi rimette in ordine il proprio bagagliaio personale, cercando ossessivamente oggetti appartenuti al marito e altri di cui disfarsi per dimenticare il triste passato, potendo contare sull’anomalo e insperato aiuto di due pistoleri, uno dal volto imperscrutabile e con un aerofono labiale pronto a far udire il proprio fischio in veste autentica di biglietto da visita, e l’altro con lunghi capelli e folta barba grigia che si mette a disposizione del gentil sesso per allontanare da sé l’incubo della detenzione e accaparrarsi una ricompensa sottoforma di pecunia; dall’altro, un finanziere spietato la cui pericolosità non è affatto diminuita dalla sua menomazione fisica, ma al contrario gli dà più determinazione nel tentativo esasperato di veder coronato il sogno di una vita, sogno che poi si realizzerà, ma quando lui non potrà vederlo, perché sopraffatto dalla predominanza del suo omicida di fiducia, ormai cresciuto psicologicamente e in grado di abbandonarlo perché ha compreso la sua fretta e sa che, al di fuori del suo treno, è come "una tartaruga senza guscio". Tre grandi star straniere ad impersonare altrettanti caratteri memorabili di uomini senza patria e senza tempo, e tre facce nostrane che danno corpo e voce a personaggi interessanti e più volte sfaccettati, fra cui spicca, malgrado l’esiguità delle scene, il carrettiere capelluto e dallo sguardo stanco di P. Stoppa, a nome Sam, propostosi di fare da mentore a Jill in un ambiente maschilmente dominato in cui lei, dapprincipio, pare non sapersi muovere. Un G. Ferzetti con enormi stampelle e collare sotto il mento che delinea un antagonista assolutamente rivoluzionario anche per il western all’italiana di allora, ma il Frank dell’occhiceruleo H. Fonda (l’unico ruolo di cattivo veramente degno di nota nella sua carriera) gli tiene testa saldamente. Non sono da meno Robards, con uno sguardo continuamente malizioso e una sfilza di scurrilità, abomini e battute sferzanti sulle labbra, e Bronson, il cui sorriso ha un che di inquietante, ma la sua velocità di mano con la pistola e le motivazioni che lo spingono a raggiungere uno scopo tanto a lungo sviscerato non lasciano dubbi sul lavorio di fondo dietro al personaggio, senza dubbio intenso e con un’ottima preparazione. Film sulla morte del West, ma anche sul crepuscolo di un’era storica, in cui non serve più l’autodifesa, perché tutto è programmato secondo i dettami di una società più che mai organizzata. Lo testimoniano le figure di contorno che ad essa si sono ormai asserviti, primo fra tutti lo sceriffo che è costretto a chiudere l’asta con un prezzo miserrimo per la proprietà di Sweet Water, salvo poi riscattarsi con un’offerta ragionevole, detta dallo stesso Armonica. Le musiche di Ennio Morricone fanno sognare, e il delirio onirico è figurativamente rappresentato nei paesaggi sterminati che Leone ebbe, per la prima volta, occasione di filmare dal vero, in quanto questa pellicola vantò, come partenza, un budget nettamente superiore ai western precedenti del regista romano, e pertanto egli poté contare su un cast artistico e tecnico molto più ben nutrito e che, a conti fatti e senza possibilità di mancamenti, ha tratto risultati a dir poco magnifici. Un’opera che non invecchierà mai, che lascerà nei cuori di tutti i nostri compaesani l’orgoglio di appartenere all’Italia, che terrà alta la nomea del cinema nostrano su suolo estero e che inciderà come una pietra miliare il solco di un’identità ormai perduta che ritrova sé stessa in un’evoluzione che abbraccia ciò che è innovato lasciando al contempo dietro di sé una forte nostalgia. Opportuno e non alienabile è il progresso, ma rimembrare nel sogno è altrettanto meraviglioso.
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miki spin
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domenica 9 settembre 2007
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la crudele malinconia della fine
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un film essenzialmente triste, un film che parla della fine, la fine dell'West (e dello Western). E' (per me, e non se ne abbiano male i fan di questa comunque bella pellicola) inferiore alla trilogia del dollaro, soprattutto per l'ironia feroce e glaciale dei tre film precedenti. E' un film duro, come sempre caratterizzato da antieroi, ma questa volta mostrati non con il solito umorismo cinico, ma con una semplice crudeltà cieca. Un film lento pieno di volti e attese (e pianosequenze), fino all'ansiogeno flashback finale, che, all'contrario di quelli degli altri film di Leone, questa volta è chiarissimo, spiega tutto, spiega il freddo e paziente odio di Armonica, spiega il film e ci mostra lo scopo del protagonista, quello di mettere tra i denti di Frank, quella sua armonica, che (come il Pacifico per Morton) rappresenta l'orrore e l'obbiettivo della sua vita.
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un film essenzialmente triste, un film che parla della fine, la fine dell'West (e dello Western). E' (per me, e non se ne abbiano male i fan di questa comunque bella pellicola) inferiore alla trilogia del dollaro, soprattutto per l'ironia feroce e glaciale dei tre film precedenti. E' un film duro, come sempre caratterizzato da antieroi, ma questa volta mostrati non con il solito umorismo cinico, ma con una semplice crudeltà cieca. Un film lento pieno di volti e attese (e pianosequenze), fino all'ansiogeno flashback finale, che, all'contrario di quelli degli altri film di Leone, questa volta è chiarissimo, spiega tutto, spiega il freddo e paziente odio di Armonica, spiega il film e ci mostra lo scopo del protagonista, quello di mettere tra i denti di Frank, quella sua armonica, che (come il Pacifico per Morton) rappresenta l'orrore e l'obbiettivo della sua vita. E nel finale vedendo le rotaie di ferro che conquistano anche l'Ovest, capiamo perchè "c'era una volta" il west, perchè quelle rotaie di ferro stanno per sostituire un'altra cosa, sempre di ferro.
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mondolariano
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sabato 18 giugno 2011
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gli occhi di henry fonda
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E’ curioso notare come alcune “Bibbie” del genere western siano di matrice italiana. “C’era una volta il west” è infatti fratello minore de “Il buono, il brutto, il cattivo”, con la partecipazione dei grandi attori americani diretti da Sergio Leone. Le analogie sono evidenti nel carattere dei personaggi, ognuno dei quali funge da protagonista autonomo rivaleggiando con gli altri. Abbiamo così Armonica (Charles Bronson) che corrisponde al “buono” di Clint Eastwood; abbiamo il bandito Cheyenne (Jason Robards) che fa coppia col brutto di Eli Wallach; abbiamo il sicario Frank (Henry Fonda) che corrisponde al cattivo di Lee van Cleef.
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E’ curioso notare come alcune “Bibbie” del genere western siano di matrice italiana. “C’era una volta il west” è infatti fratello minore de “Il buono, il brutto, il cattivo”, con la partecipazione dei grandi attori americani diretti da Sergio Leone. Le analogie sono evidenti nel carattere dei personaggi, ognuno dei quali funge da protagonista autonomo rivaleggiando con gli altri. Abbiamo così Armonica (Charles Bronson) che corrisponde al “buono” di Clint Eastwood; abbiamo il bandito Cheyenne (Jason Robards) che fa coppia col brutto di Eli Wallach; abbiamo il sicario Frank (Henry Fonda) che corrisponde al cattivo di Lee van Cleef. L’estrema dilatazione temporale tipica di Sergio Leone raggiunge il culmine in questo film, specie nel primo tempo, con lunghissime inquadrature che sprigionano una suspense irresistibile, anche se occorre armarsi di una pazienza calibro 10.000.
“C’era una volta il west” si colloca nella cosiddetta trilogia del tempo accanto a “C’era una volta in America”, la cui violenza congenita getta una luce cupa sulla storia della società americana. Pensare infatti che la ferrovia transcontinentale sia stata costruita da affaristi senza scrupoli appoggiati da commercianti truffaldini e spietati serial killer non è certo edificante. Proprio gli occhi d’acciaio di Henry Fonda (in un ruolo negativo inedito per lui) costituiscono forse il particolare più memorabile del film, di concerto alla bellissima Claudia Cardinale e alle musiche di Ennio Morricone, qui impegnato in una della sue prove più riuscite (il brano dell’armonica è da inserire nel panorama della musica immortale, specie con l’inquadratura dei sicari che si avvicinano al bambino avvolti nei loro spolverini). Il film è inoltre privo del sapore cavalleresco che caratterizza molti western made in USA e a poco serve la metafora dei pistoleri che soccombono all’arrivo dei moderni imprenditori. Nessuna scena giocosa, nessun amore, nessun sentimento: duro come i deserti dello Utah e dell’Arizona (i luoghi delle riprese), addolcito soltanto dalle straordinarie musiche di Morricone.
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(di jacop)
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giovedì 30 marzo 2017
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un western "anomalo"
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Una pellicola come questa o entusiasma o non piace per nulla. Io per carattere ed educazione diffido delle critiche tutte osannanti o tutte denigratorie, so che se un'opera sucita sentimenti contrastanti significa che ha colpito punti sensibili negli spettatori e già solo per questo va presa in considerazione seriamente. La fotografia e la regia sono tecnicamente perfette, il ritmo lento permette di godere ogni inquadratura, volutamente contro la concitazione di alcune pellicole di genere. I personaggi, seppure mai svelati fino in fondo, sono assolutamente plausibili e umani. Che dire della colonna sonora? Sentimentale, emotiva? Beh, può darsi, ma sarei felice di sentirla al mio funerale,.
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Una pellicola come questa o entusiasma o non piace per nulla. Io per carattere ed educazione diffido delle critiche tutte osannanti o tutte denigratorie, so che se un'opera sucita sentimenti contrastanti significa che ha colpito punti sensibili negli spettatori e già solo per questo va presa in considerazione seriamente. La fotografia e la regia sono tecnicamente perfette, il ritmo lento permette di godere ogni inquadratura, volutamente contro la concitazione di alcune pellicole di genere. I personaggi, seppure mai svelati fino in fondo, sono assolutamente plausibili e umani. Che dire della colonna sonora? Sentimentale, emotiva? Beh, può darsi, ma sarei felice di sentirla al mio funerale,. (Se potessi sentirla..) Mia madre me lo raccontò splendidamente quand'ero bambina (troppo piccola per il cinema) e non mi ha mai deluso quando lo vidi. Storia magnifica. Indimenticabile.
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