| Anno | 1998 |
| Genere | Thriller, |
| Produzione | Giappone |
| Durata | 87 minuti |
| Regia di | Shin'ya Tsukamoto |
| Attori | Shin'ya Tsukamoto, Kirina Mano, Tatsuya Nakamura, Takahiro Murase, Kyoka Suzuki Hisashi Igawa, Katijah Badami, Gabriela Bravo, Rachele Fanedman, Eshragh Farshao, Tomisaburô Horikoshi, Teruhisa Irie, Chu Ishikawa, Kazuyuki Izutsu, Shin-Ichi Kawahara, Mekdachi Khalil, Sujin Kim, Yôko Kubota, Hisakatsu Kuroki, Hiromi Kuronuma, Yutaka Mishima, Arminda Ramos, Tomoro Taguchi, Ken'ichi Takitô, Yukinobu Toda, Mika Tsuda, Masato Tsujioka, Kôji Tsukamoto, Chiko Ueda, Max Von Schuler, Kanta Wickramasinghe, Keisuke Yoshida. |
| Uscita | lunedì 14 aprile 2025 |
| Tag | Da vedere 1998 |
| Distribuzione | Cat People |
| Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 |
| MYmonetro | 3,61 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 14 aprile 2025
Una danza di proiettili scatenata da un uomo in stato di shock per il suicidio della fidanzata. In Italia al Box Office Bullet Ballet ha incassato 6,5 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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La fidanzata di Goda si suicida con un colpo di pistola. Il trauma dell'evento conduce Goda verso un'ossessione per le armi da fuoco e quindi verso un limbo degradato di violenza. Trovandosi a contatto con una gang che in passato lo aveva rapinato, finisce per diventarne una delle figure centrali.
Ideale conclusione di una trilogia sulla crisi identitaria maschile, nata con Tetsuo e proseguita con Tokyo Fist, Bullet Ballet porta alle estreme conseguenze il rapporto tra trauma, alienazione e ossessione urbana.
Girato in un aspro bianco e nero, il film rinuncia a qualsiasi estetica rassicurante per gettare lo spettatore dentro una metropoli fredda, ruvida, che agisce come catalizzatore di dolore e rabbia. Tsukamoto apparentemente smorza i toni estremi e visivamente insostenibili dei film precedenti per abbracciare un'estetica noir in bianco e nero che sembra una trasfigurazione futurista del cinema di Melville e Dassin.
Protagonista è Goda, un uomo qualunque che, dopo il suicidio della fidanzata, sprofonda in un abisso emotivo e cerca conforto nell'azione. La sua reazione non è il pianto, ma la violenza: l'idea ossessiva di procurarsi una pistola diventa il suo unico orizzonte mentale. L'intento autodistruttivo - il suicidio come modo per raggiungere l'amata e comunicare con lei, vivere il suo trauma - diviene una contaminazione virale, in cui la rivoltella si impossessa della sua anima.
Tsukamoto costruisce un film che è allo stesso tempo un noir esistenziale e una riflessione sull'impotenza maschile, che completa il discorso impostato in maniera visivamente brutale nelle opere precedenti. Il desiderio di possedere un'arma non è solo una pulsione autodistruttiva: è un modo per tentare di riprendere il controllo, per tornare a essere "agente" in un mondo che ha reso l'individuo completamente passivo, oppresso dalla società. La pistola, che appare e scompare come un miraggio, diventa feticcio di potere e redenzione, ma anche simbolo di fallimento, di incompiutezza dell'essere umano e della mascolinità in particolare. Il montaggio frenetico e l'uso ossessivo del suono amplificano la sensazione di smarrimento e di resa di fronte all'ineluttabile. Non c'è redenzione, ma solo il gesto, disperato, di chi cerca un senso nella frattura.
Nel suo linguaggio essenziale e rabbioso, Bullet Ballet è forse il film più cupo di Tsukamoto: meno apocalittico ma più dolorosamente vicino alla realtà. Il corpo non si trasforma più, non si ribella, non evolve: è fermo, pietrificato dalla sofferenza. Ed è proprio in questa immobilità che si annida l'orrore più profondo, il vuoto esistenziale senza ritorno. Il futurismo dei corpi diviene nichilismo dell'anima, mentre lo stile si fa più maturo e - apparentemente, ma consapevolmente - autoriale.