Parc

Film 2007 | Drammatico 149 min.

Regia di Arnaud des Pallières. Un film con Sergi López, Jean-Marc Barr, Nathalie Richard, Laurent Delbecque, Delphine Chuillot. Cast completo Titolo originale: Parc. Genere Drammatico - Francia, 2007, durata 149 minuti. - MYmonetro 2,75 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 21 giugno 2021

Georges e Paul sono due vicini le cui abitudini di vita appaiono molto diverse. Il tentativo di costruire un'amicizia sincera messo in atto da Georges sarà ostacolato dall'ostilità di Paul verso il suo ruolo di borghese.

Consigliato sì!
2,75/5
MYMOVIES 2,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Quando il confine tra normalità e malattia si confonde, anche il regista si disorienta.
Recensione di Rita Andreetti
venerdì 5 settembre 2008
Recensione di Rita Andreetti
venerdì 5 settembre 2008

La famiglia Chiodo (tremenda la traduzione italiana, ma lasciamo intuire il sottile significato che ne seguirà) abita una residenza signorile della Nizza benestante. Madre, padre, figlio: stanze ampie, campi da golf, verde curato, vicini socievoli di egual estrazione sociale. Un quadretto perfetto che ascolta alla tv a volume assordante le cronache degli scontri avvenuti nelle banlieu parigine, a rivendicare il diritto a una vita dignitosa. La famiglia Chiodo tuttavia è ben distante da tutto questo, nella sua perfetta routine. A un tratto, qualcosa arriva a destabilizzare anche questi cristalli perfettamente sfaccettati, poiché i soldi non rendono comunque immuni dal dolore. Prima il figlio Tony si ammala di una non ben precisata malattia psico-fisica (mononucleosi? Convince poco), che trascina i genitori nel dubbio e nella disperazione; poi, però, si trova un medico mezzo consigliere mezzo santone, che con la magica formula del "ripeti cento volte Amore" guarisce il figlio e lo rimette in piedi, deboluccio ma pieno di vita.
Appena sopravvissuti a questo scossone nel loro tran tran, un'altra figura malata e non ben inquadrabile si infiltra nella loro piattezza con la sua incredibile pazzia, minacciando direttamente (e nuovamente) la vita del figlio. Si tratta del signor Martello (ora ci sarà tutto più chiaro). Il teatro di questo sfogo malsano è ancora la residenza perfetta e borghese di Parc, tra un ricevimento in abito da sera e una partita a golf, tra immobilità fotografica e fluidi e spaziosi carrelli.
Il confine tra la realtà, la lucidità e la pazzia si fa sottile e inafferrabile: lo spettatore non distingue alcun buono (magari uno sfortunato, il figlio), e disegna cattivi repressi e schizofrenici in tutti gli abitanti borghesi di questa zona. Tutti sono capaci di beccarsi una dose di odio dedicata per la loro incapacità di ammettere la facciata corrosa dei loro comportamenti, che ha fatto marcire l'interno dei loro animi frustrati; tutti, tranne il figlio, poveretto, schiavo di un sistema che gli è imposto e incapace di ritagliarsi un segmento di vita che possa sentire davvero suo.
Parc estremizza la problematicità della classe sociale e degli abiti che si è costretti a indossare, rappresentando un teatrino fasullo sullo sfondo di una Parigi in lotta per la libertà.
Peccato che questa affascinante malattia, indistinguibile tra le pieghe morali dei vari personaggi, si perda un po' nella sperimentazione narrativa di cui Arnaud des Pallières ha voluto abusare, disorientando completamente lo spettatore tra le fila delle storie parallele che si intrecciano e si "strecciano" per poi ritornare al punto di partenza. Non c'è una grande possibilità di seguire un filo conduttore, se non questa irrequietezza mal celata, che a turno porta i partecipanti alle soglie della follia (i più fortunati ci arrivano del tutto: almeno loro li si potrà chiamare matti). Seguendo l'ombra dei suoi personaggi, il regista offre un primo tempo che carica di aspettative chi osserva; ma nella seconda parte, inciampa e si arrotola su se stesso.
Nell'era della sperimentazione, dove disorientare lo spettatore è la forma migliore per scatenare sensazioni, a volte con prospettive troppo alte ci si sbrodola. Si assapora l'irrequietezza di certa letteratura, ovviamente dello stesso John Cheever, da cui il film è tratto, ma anche Ballard e un po' di Palahniuk. Questa critica graffiante agli schemi ossidati di una generazione che si definisce benestante solo per merito del denaro, cozza contro: la lunghezza smisurata, i ritmi assopiti sotto il cinguettio degli uccellini e un finale che sfiora il grottesco e non si capisce bene a chi voglia dare ragione. L'opera di des Pallières risulta un prodotto imperfetto e saltuariamente insopportabile; si apprezza lo sforzo di confondere con tenacia chi guarda, ma c'è chi non si accontenta di perdersi nelle immagini e disperatamente si impegna a cercare un filo narrativo salutare. Che qui si fatica a trovare.

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RECENSIONI DELLA CRITICA
Jean-Luc Douin
Le Monde

Le "Parc" : paradis illusoire A elle seule, la sortie de ce film justifie l'existence de la critique de cinéma. Parc, oeuvre dérangeante et complexe, nimbée d'une rare beauté formelle, divise ceux qui l'ont vu. La satisfaction d'attirer l'attention sur ce film est d'autant plus intense que plane la conviction d'être en présence d'un grand cinéaste, quand bien même les festivals les plus prestigieux [...] Vai alla recensione »

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