Soul Survivors - Altre vite

Le amiche Cassie e Annabel lasciano le loro famiglie per andare lontano, al college. Le accompagnano il fidanzato e l'ex fidanzato di Cassie, ora partner di Annabel - rispettivamente Sean e Matt, che dovrebbero poi tornare a casa, ma non prima d'essere trascinati in un selvaggio rave party, nel corso del quale lo sballo è assicurato. Lì, Sean giura a Cassie amore per la vita. Matt, un po' turbato per aver sentito i loro dialoghi, prende da parte da Cassie e ottiene da lei che saranno amici per la vita. Ma lo fa esigendo un bacio d'addio che purtroppo viene visto da Sean, geloso all'istante. Il clima in auto per il ritorno dal rave pertanto non è dei migliori. Cassie si distrae al volante e fa un frontale contro un'auto che sta compiendo un'inversione proibita: lei, pur ferita, si salva, ma Sean muore. Dopo un'operazione alla testa, Cassie torna al college, ma si riempie di medicinali per l'emicrania e fatica a tornare alla normalità, nonostante gli sforzi di Matt e Annabel. Quest'ultima le fa conoscere la sua amica Raven, tenebrosa e interessata all'occulto. Raven sembra sapere molto: le dice che Sean è lì e che lei è in pericolo. In effetti, poco dopo Cassie crede di vedere Sean e anche un minaccioso tizio che l'ha importunata al rave. Ma le cose sono ancora più complicate.
I racconti di fantasmi giocano spesso sul rimpianto per chi non c'è più e anche sulle cose che non si è fatto in tempo a dire o esprimere prima della separazione dalla vita alla morte. Questo film punta su questo e sul senso di colpa della protagonista che si sente responsabile d'aver fatto morire il suo fidanzato e d'averlo fatto dopo un litigio. Steve Carpenter, anche sceneggiatore del film, cerca di approfondire le psicologie dei personaggi per dare loro credibilità e arricchire di un adeguato pathos il dramma che vivono. Ci riesce solo in parte, anche perché alcuni degli interpreti non reggono in pieno le richieste espressive dei loro ruoli. In particolare, Melissa Sagemiller, pur volenterosa e non disprezzabile, è un po' troppo monocorde. L'atmosfera malinconica e il clima autunnale sono invece quelli giusti per accompagnare una discesa nell'incubo dell'incertezza, con continui enigmi e misteri disseminati nella vita della protagonista che cerca disperatamente di tornare alla normalità. Solo che, dopo un po', la moltiplicazione di cose inspiegabili si fa eccessiva e la storia si mette a girare a vuoto e a ripetersi in attesa del finale risolutore senza nel frattempo suscitare la tensione che sarebbe necessaria e lasciando nello spettatore soprattutto il desiderio di arrivare rapidamente alla soluzione dell'enigma.
Con queste aspettative, la svolta finale è destinata a deludere non solo perché non giunge inaspettata - usa un concetto se non risaputo certamente già più volte utilizzato - ma anche perché risolta in modo raffazzonato e disordinatamente concitato, in un coacervo di immagini affastellate, musica rock, spiritualità e fiacco melodramma. Carpenter aveva esordito alla regia nel 1982 con un piccolo horror non eccezionale (The Dorm That Ripped Blood): questo è il suo quarto horror come regista e denota qualche qualità nella creazione di un ambiente macabro e sinistro, ma poca fermezza e sapienza nella gestione del racconto. 